Recensione Sui tuoi passi (2009)

La tv italiana prova a uscire dal microcosmo soffocante delle sue storie di quotidiana sopravvivenza e si mette sulle tracce dei fermenti sociali che stanno mutando faccia all'Europa.

Padre coraggio nella terra dei sospetti

La tv italiana prova a uscire dal microcosmo soffocante delle sue storie di quotidiana sopravvivenza e si mette sulle tracce dei fermenti sociali che stanno mutando faccia all'Europa. Facciamo riferimento all'immigrazione e al conseguente difficile processo di integrazione, che se da noi appare ancora assai lontano dal potersi realizzare, altrove sembra avere negli anni raggiunto un certo equilibrio. Sui tuoi passi, tv movie co-prodotto da Rai Cinema e IterFilm, nasce da uno spunto di cronaca nera, con l'omicidio di un giovane in terra tedesca, per far scontrare i pregiudizi di un padre italiano alla ricerca della verità con una realtà sempre più sfaccettata di quello che si possa credere.

Massimo Ghini interpreta un "padre coraggio" che si reca a Berlino per condurre un'indagine personale sugli eventi che hanno portato all'uccisione del figlio. Dietro la sua morte, avvenuta nel quartiere turco della capitale tedesca, sembrano infatti celarsi un nugolo di misteri che conducono il protagonista nella difficile realtà della comunità turca, che sceglie di chiudersi a riccio, proteggendo in questo modo gli autori del delitto e le reali motivazioni dietro la tragedia. Gianfranco Albano dirige senza particolare verve una storia che vorrebbe far passare un messaggio di tolleranza, ma che non sa superare i limiti di una confezione televisiva che mantiene tutto nei binari del convenzionale.
Il film si sforza di sottolineare a più riprese la singolarità della location straniera, con una Berlino divisa tra il vecchio e il nuovo e i quartieri colonizzati dagli immigrati. Albano la scruta con sguardo turistico, così come fa con la comunità turca, vista con sospetto dal protagonista della vicenda. In questo tentativo di sovvertire i luoghi comuni è però naturale che, al termine del viaggio "terapeutico" del determinato papà, i pregiudizi razziali siano destinati a cozzare con la dignità e l'onore altrui che faranno rivalutare tante pessime convinzioni. Tutto procede secondo copione, nella ricerca affannosa della verità da parte del protagonista si risolve il suo senso di colpa e la condizione della paternità recupera tutto il suo valore. Ghini prova a dare una marcia in più al racconto, lavora su un dolore da superare inquinato dal razzismo e dai sospetti, ma a dominare è una monotonia di insieme che non rende mai avvincente un film incerto tra il poliziesco e il dramma.