Arriviamo a scrivere questa recensione di Pachinko con la sensazione di aver visto una delle serie più belle dell'anno, senz'altro una di quelle con la portata e l'ambizione più elevate della stagione in corso. E non sorprende che arrivi su Apple TV+, la piattaforma streaming che sta dando segnali importanti in termini di coraggio, varietà e qualità, che sta dimostrando di voler crescere con costanza, ma senza avere l'ansia di doverlo fare a tutti i costi e bruciando le tappe. La nuova serie tv coreana è l'adattamento del successo letterario di Min Jin Lee e racconta una storia familiare che si dipana lungo le generazioni, tra successi e fallimenti, periodi di guerra e di pace, amori e dolori, con una ricerca e cura nella messa in scena al di sopra della media.
Una storia multigenerazionale
Pachinko è la storia di Sunja e, attraverso di lei, della sua famiglia lungo le generazioni. Nel corso della serie la seguiamo nella Corea di inizio ventesimo secolo, quando era una ragazzina e col volto di Yuh-jung Youn, la ritroviamo giovane adulta interpretata da Minha Kim e poi da anziana nonna con la prova dell'attrice Yuh-jung Youn. Diversi piani temporali che si alternano e spaziano con fluida disinvoltura da un decennio all'altro, per creare un vibrante spaccato di un mondo che cambia, dalla Corea sotto il dominio giapponese alla gioventù nel paese del Sol Levante, fino a conoscere e seguire le radici piantate dalla sua famiglia sia in Giappone che negli Stati Uniti, pur restando solidamente ancorata alle tradizioni d'origine. Un viaggio dalla portata grandiosa e a tratti epica, ma veicolato attraverso l'intimità di una famiglia, per raccontare temi universali partendo dal particolare del loro punto di vista.
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Piani temporali come pennellate di colori diversi
Sul piano narrativo, è molto interessante l'uso che Pachinko fa dell'alternanza dei piani temporali, molto diverso dallo schema dei flashback legato in modo rigoroso a logiche di sostegno o arricchimento di quanto viene raccontato in un diverso momento della storia. C'è molta libertà e fluidità nel modo in cui la serie Apple ci porta da una parte all'altra, e da un periodo storico all'altro, prendendosi il suo tempo per farci assaporare le sensazioni, le esigenze e i ritmi dell'epoca, senza urgenza di stupire lo spettatore, quanto di accompagnarlo nella comprensione di un momento in relazione o in funzione dell'altro. Solo apparentemente sballottati da un periodo all'altro, come le palline del pachinko del titolo, con la rassicurante sensazione di sicurezza che si troverà la via per arrivare alla fine del racconto in modo compiuto. Un'impostazione che sfugge a quella schematica, e alla lunga ripetitiva e prevedibile, di altre serie che hanno sfruttato questo espediente narrativo e porta a un'immagine di insieme ricca e coinvolgente.
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Tra tradizione e ambizione
Pachinko ha la portata del grande kolossal storico, ma non sbatte mai in faccia la sua ambizione e presunzione di grandioso affresco di più epoche e di una matrice culturale lontana dalla nostra. E riesce a farlo perché è la passione e il cuore a guidare il racconto che parte da Sunja per arricchirsi di sequenza in sequenza senza mai perdere l'attenzione di chi guarda, seguendo un filo in apparenza invisibile ma presente e solido. In questo magnifico viaggio lungo su per giù un secolo, è evidente la meticolosa cura con cui ogni epoca è rappresentata, con un dispiego di mezzi che rende Pachinko una serie dal livello produttivo elevatissimo: ogni momento della storia della famiglia di Sunja ha il suo aspetto distintivo, i suoi tempi, i suoi modi, pur nell'ottica di una coerenza formale mai lasciata da parte.
Tra amori e perdite, grandi successi e delusioni, guerra e pace, Pachinko - La moglie coreana è una storia epica col calore dell'intimità familiare, che ha conquistato noi e pensiamo possa conquistare anche lo spettatore, che si ritrova avvolto in un abbraccio rassicurante che riesce a non essere mai scontato e banale. Come è chiaro fin da subito, da quei titoli di testa così unici e travolgenti da sottolineare il piglio e la personalità messa in campo dal progetto di cui Soo Hugh è showrunner.
Conclusioni
Arriviamo alla fine della recensione di Pachinko sballottati come una pallina del popolare quanto rumoroso gioco giapponese, ma soddisfatti e convinti di aver visto una delle serie più ambiziose e riuscite dell'anno da poco iniziato. La produzione Apple è grandiosa a livello produttivo, ma intima e capace di accogliere e conquistare lo spettatore, conducendolo avanti e indietro tra i piani temporali, per seguire più generazioni della famiglia della protagonista Sunja e raccontare la loro storia nel contesto di una cultura lontana dalla nostra e affascinante.
Perché ci piace
- L'alternanza dei piani temporali e l'uso fatto per sottolineare i momenti, piuttosto che per sorprendere lo spettatore.
- Il lavoro di casting, perfetto per incarnare i membri della famiglia di Sunja in ogni epoca.
- L'incredibile lavoro di ricostruzione storica, che riesce a rendere ogni periodo e luogo.
- La cura visiva nella messa in scena, che valorizza ogni aspetto della serie.
Cosa non va
- Può scoraggiare chi non ama le grandi storie di ambientazione storica, ma anche in quel caso consigliamo di dare un'occhiata alla serie Apple.