I Byrde hanno venduto l'anima al diavolo. Ha iniziato Marty Byrde (Jason Bateman), coinvolto suo malgrado in una spirale di traffici e menzogne quando si è trovato a dover riciclare milioni di dollari per conto di un cartello messicano di narcotrafficanti. Ma stagione dopo stagione la "sacerdotessa nera" del crimine è diventata Wendy Byrde (Laura Linney), sua moglie, desiderosa di preservare a ogni costo potere e status symbol. Apriamo la recensione della prima parte di Ozark 4, su Netflix dal 21 gennaio, anticipando che, almeno per i primi sette dei quattordici episodi finali, il lieto fine sembra davvero un'utopia. Nel corso delle stagioni i toni di Ozark si sono fatti sempre più neri e cinici e questo crescendo si conferma nella prima metà della quarta e ultima stagione, che si apre e si chiude con due colpi di scena mozzafiato.
Il primo, in realtà è già noto al pubblico visto che si tratta il climax con cui si è conclusa la terza stagione. Marty e Wendy Byrde arrivano in Messico scortati dall'avvocatessa Helen Pierce (Janet McTeer) che viene freddata sotto i loro occhi poco prima che il capoclan Omar Navarro sancisca il legame con un abbraccio. Legame, quello tra i Byrde e il cartello Navarro, che si fa sempre più soffocante nei nuovi episodi anche perché entrambi aspirano a un unico fine: riconquistare la libertà. Per farlo necessitano, però, dell'aiuto reciproco: i Byrde lavorano per fare da tramite tra Navarro e l'FBI, creando attività perfettamente legali per lui, ma anche per se stessi. In più, Wendy è tornata finalmente a esercitare il suo mestiere, la curatrice di campagne elettorali, ma stavolta per perorare una causa di natura ben diversa: la conquista di potere e autorità per conto della sua famiglia.
La nuova Sin City è in Missouri
Sempre meno Breaking Bad e sempre più House of Cards, al di là delle apparenti somiglianze con altri show, Ozark si distingue per alcuni tratti distintivi molto specifici. In primis il mestiere di Marty Byrde - il promotore finanziario - permette di introdurre il grande pubblico a un universo fatto di attività di riciclaggio, iniezioni di liquidità, prestanome e conti offshore. Centrale è anche l'ambientazione, il Lago degli Ozarks, località turistica del Missouri che, non appena si svuota della massa di visitatori a fine estate, torna a essere popolata da disperati, ex detenuti, agricoltori che dettano legge e sceriffi corrotti. Una rete di piccola criminalità immersa in una natura lussureggiante, ma sempre più cupa - merito della cura formale dello show e della suggestiva fotografia bluastra di Ben Kutchins.
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Una trama in evoluzione favorisce lo sviluppo dei personaggi
Con l'avanzare della trama, nella quarta stagione si allarga la frattura tra i cittadini Byrde e i redneck del Missouri. Il punto d'incontro tra le due culture, quella più sofisticata della famiglia originaria di Chicago, e quella rude dei locali, era rappresentato da Ruth Langmore (una Julia Garner sempre più convincente) che si è conquistata un ruolo di primo piano a colpi di imprecazioni e dimostrando di avere coraggio da vendere. Dipendente e complice dei Byrde, la minuta Ruth si è dimessa dopo la morte di Ben Davis, il fratello di Wendy eliminato dal cartello con la complicità di lei. Rimasta sola, Ruth ha riallacciato i rapporti col cugino Wyatt e questa mossa ha creato due nuovi schieramenti in campo: da una parte i Byrde, i conquistatori estranei, e dall'altra i locali Ruth, Wyatt e l'imprevedibile Darlene (Lisa Emery).
A questo team si è aggiunto il figlio minore dei Byrde, Jonah (Skylar Gaertner), che non perdona alla madre la morte dello zio Ben. L'altra figlia, Charlotte (Sofia Hublitz), dopo un debole tentativo di emancipazione dalla sua famiglia criminale ha deciso di uniformarsi in tutto e per tutto al piglio materno, svolta narrativa mai spiegata che incrina in parte la coerenza narrativa e la cura dell'eccellente sceneggiatura. Se l'ombra di Ben continua a tormentare i Byrde anche post-mortem, allungandosi su tutta la prima parte della quarta stagione, segnaliamo la sempre maggiore centralità dell'agente dell'FBI Maya Miller (Jessica Frances Dukes) e della new entry Javi Elizonndro (Alfonso Herrera), nipote di Navarro e nuovo villain.
Dilemmi morali e violenza pulp
Puntata dopo puntata, la qualità di Ozark si conferma in crescita costante. Non dubitiamo che gli ultimi sette episodi ci riserveranno fuochi d'artificio, ma già la prima parte della nuova stagione si rivela ricca di colpi di scena, dialoghi solidi e interpretazioni sempre più convincenti. A spiccare sono soprattutto le figure femminili, decise e imprevedibili. Mentre si delinea lo scontro tra Wendy e Ruth, con Darlene solita scheggia impazzita, Jason Bateman si fa un po' da parte ritagliando per il suo Marty un ruolo da pacato mediatore e osservatore preoccupato dall'evolvere della situazione. Sempre più densa e complessa la psiche di Wendy, che vede Laura Linney incredibilmente a suo agio nel ruolo di novella Lady Macbeth, ma l'exploit più consistente è quello del personaggio di Ruth, vero valore aggiunto allo show grazie alla straordinaria interpretazione di Julia Garner.
A livello di violenza, Ozark non fa sconti. In linea col passato, lo show preme il pedale dell'acceleratore cogliendo di sorpresa lo spettatore con colpi di scena sanguinosi e scene pulp. Alcuni momenti risultano talmente eccessivi da rischiare di minare la base realistica della serie, ma a tenere insieme il tutto ci pensa quel mix di dramma e sarcasmo e caratterizza i toni unici dello show. E sulla dimensione umoristica, il personaggio di Jason Bateman continua ad avere qualcosa da dire. Ma dietro l'apparente disinvoltura con cui i personaggi delinquono, non dimentichiamo che Ozark è prima di tutto un dramma e le varie morti che si sono affastellate nelle precedenti stagioni cominciano a pesare sulla psiche dei personaggi. I dilemmi morali che la serie solleva impediscono ai Byrde di dormire sereni e li pongono di fronte a scelte che determineranno le loro sorti e quelle dello show. La fine si avvicina. Chi riuscirà a salvarsi e a salvare la propria coscienza prima che sia troppo tardi?
Conclusioni
Una serie in crescita costante, come anticipiamo nella recensione della prima parte di Ozark 4. Lo show con Jason Bateman e Laura linney subisce un'accelerazione a livello narrativo in vista del gran finale e ci regala continui colpi di scena, drammi, tradimenti, un pizzico di violenza pulp e naturalmente grandi interpretazioni. Nel ruolo di Ruth, Julia Garner è eccellente tanto da rubare la scena ai più esperti colleghi.
Perché ci piace
- La qualità della scrittura, sempre di altissimo livello.
- Le interpretazioni del cast, con Julia Garner che rischia di oscurare colleghi ben più esperti e la regina Laura Linney sempre impeccabile.
- il sarcasmo che caratterizza lo show insieme ai toni black.
- La compenetrazione tra storia e ambientazione.
Cosa non va
- Qualche forzatura nello script si nota riguardo all'inserimento dei personaggi minori e all'evoluzione dei figli dei Byrde.