Ozark 3, recensione: il crime drama di Netflix diverte, ma a volte inciampa

Recensione della terza stagione di Ozark, il crime drama di Netflix con protagonisti Jason Bateman e Laura Linney.

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Ozark: una scena del terzo episodio della terza stagione

Settimana che vai, contenuto Netflix che trovi: a pochi giorni di distanza da Freud, questa volta abbiamo a che fare con la recensione di Ozark 3, il crime drama che torna per la terza stagione, quasi due anni dopo la seconda. Si torna quindi nel Missouri, nella regione degli Ozarks, appunto, regione che, come suggerito dal titolo, fa effettivamente parte del cast della serie, a pari merito di attori del calibro di Laura Linney e Jason Bateman. Quest'ultimo, che torna anche in veste di regista (suoi i primi due dei dieci episodi di questo ciclo), ha sempre saputo valorizzare la componente geografica dello show, aggiungendo un'aura maestosa e tragica, tinta di blu, a una storia di per sé non particolarmente originale: quella di un uomo in apparenza normale che si ritrova a dover svolgere attività criminali per sopravvivere (i paragoni con Breaking Bad sono inevitabili, soprattutto tramite figure come i narcotrafficanti sudamericani o l'avvocato tutt'altro che onesto).

Una famiglia in difficoltà

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Ozark: una scena della terza stagione

Al terzo giro, Ozark non demorde nel mostrarci la situazione non proprio facile della famiglia Byrde, in particolare dei coniugi Martin (Jason Bateman) e Wendy (Laura Linney), ora costretti a vedersi regolarmente con Helen Pierce (Janet McTeer), l'avvocato che rappresenta il cartello messicano per il quale Martin deve riciclare denaro sporco nel Missouri. La coppia ritiene di avere praticamente tutto sotto controllo, gestendo gli affari con precisione e tenendo conto di possibili errori. Fino al momento in cui una forza imprevedibile si presenta a casa loro: Ben Davis (Tom Pelphrey, già alla corte di Netflix nella prima stagione di Iron Fist), fratello di Wendy, affetto da disturbi psichici che rischiano di mettere a repentaglio tutta l'operazione. I due coniugi saranno in grado di gestire un elemento problematico talmente personale? O dovrà occuparsene Helen, più pragmatica e spietata?

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Una serie in bilico

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Ozark: Julia Garner nella terza stagione

Proprio l'introduzione di Ben rappresenta il paradosso dello show, costantemente in bilico tra precisione e banalità: l'arco narrativo generale, per quanto non inaudito, è molto solido, sorretto da una scrittura più che discreta e ottimi interpreti, senza dimenticare la componente visiva che, nei momenti giusti, aggiunge una patina di prestigio un po' artificioso ma comunque efficace; d'altro canto, la presenza del fratello di Wendy dà, per la maggior parte della stagione, l'impressione del tipo di ostacolo narrativo introdotto dagli autori solo per avere un impedimento in più, senza che questo fosse una componente organica della serie dall'inizio (tornando al paragone con Breaking Bad, tutte le difficoltà incontrate da Walter White e Jesse Pinkman erano legate in modo coerente all'equilibrio drammatico iniziale). Un dettaglio che salta ancora più all'occhio ogni volta che il personaggio interagisce con Ruth, l'altra mina vagante dello show che però funziona nel contesto di un equilibrio di potere labile ma relativamente sotto controllo.

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Ozark: un'immagine della terza stagione

Paradossalmente, però, la presenza dell'intruso (in senso figurato più che letterale) innalza in parte il livello dello show per quanto riguarda l'evoluzione di determinati personaggi e le interpretazioni di parte del cast. In particolare, Laura Linney continua a brillare, raggiungendo nuove vette psicologiche ed emotive con una storyline che, per quanto frustrante, arriva ad un traguardo intrigante per il futuro della serie (al momento non è confermato un ritorno, ma non è stata nemmeno annunciata la cancellazione). Con lei ruba la scena anche Janet McTeer, giustamente promossa a membro del cast fisso in questa stagione, a dimostrazione di come le figure femminili siano le più affascinanti in un universo in apparenza dominato dagli uomini (Bateman, oltre che protagonista e regista, è anche produttore esecutivo, ma spesso e volentieri si ritaglia uno spazio minore rispetto al resto del cast). Questo vale anche per Julia Garner, già premiata con un Emmy per la seconda stagione e qui ancora più strepitosa del solito, mostrando come il lato più pulp dello show possa funzionare quando sfruttato nel modo giusto.

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Un inaspettato crescendo nel finale

Ozark: Jason Bateman nel ruolo di Marty Byrde
Ozark: Jason Bateman nel ruolo di Marty Byrde

Al netto del leggero squilibrio narrativo dettato dall'arrivo del nuovo personaggio, che comunque non influisce sulla componente puramente ludica dello show, la stagione si evolve in modo per lo più coerente, sfruttando le incongruenze per arrivare a due episodi finali che ritornano a livelli alti, chiudendo il tutto in bellezza e, soprattutto, ponendo le basi per un'eventuale quarta stagione che promette di andare in una direzione nuova, fresca e libera. E alla luce di quel finale gli inciampi negli episodi intermedi acquistano una nuova valenza: rimangono sì un escamotage un po' gratuito, ma allo scopo di portare lo show alla prossima fase. Una fase che, sulla carta, potrebbe essere la migliore di tutta la serie. La conferma, forse, nelle puntate a venire.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di Ozark (stagione 3) con un misto di frustrazione ottimismo, perché il traguardo eccelso non giustifica in toto qualche scivolone narrativo di non poco conto. Detto ciò, la serie crime di Netflix rimane un buon divertimento, e i personaggi principali restano accattivanti dall'inizio alla fine.

Movieplayer.it
3.5/5

Perché ci piace

  • Laura Linney è sempre più brava.
  • La presenza maggiore di Janet McTeer è preziosa.
  • Il finale è strepitoso.

Cosa non va

  • L'introduzione del personaggio di Ben dà alla stagione un andamento a tratti faticoso.