Oscar 2025: da Anora a The Brutalist, il cinema indipendente è vivo e lotta insieme a noi

I verdetti dell'Academy, a partire dal trionfo di Sean Baker, hanno ricompensato un cinema indipendente e autoriale, ma anche un modello produttivo che rivendica la necessaria visibilità nelle sale.

Sean Baker con i suoi quattro Oscar

"Stasera tutti noi siamo qui perché amiamo i film. Dove ci siamo innamorati dei film? Al cinema. In un momento in cui possiamo avvertire grandi divisioni nel mondo, questo è più importante che mai: è un'esperienza collettiva che semplicemente non si può avere a casa". Nel suo discorso di ringraziamento al momento di ricevere l'Oscar per la miglior regia, una delle quattro statuette che si è portato a casa ieri notte (un record: ne riparleremo più avanti), Sean Baker è tornato su un tema ricorrente di questa awards season: l'importanza di credere nei film e nella loro fruizione all'interno delle sale. È il leitmotiv che ha accompagnato il trionfo di Anora agli Oscar 2025: una premiazione in cui la commedia firmata dal cineasta cinquantaquattrenne, originario del New Jersey, ha fatto la parte del leone, conquistando cinque trofei.

La notte magica di Anora e The Brutalist

Sean Baker 97Th Academy Awards
Sean Baker con i suoi quattro premi Oscar per Anora

Che Anora si presentasse ai nastri di partenza come il favorito per questa 97esima edizione degli Academy Award non era un segreto; ma l'entusiasmo dimostrato dai giurati per la rocambolesca vicenda di Ani Mikheeva, stripper di Brooklyn impegnata a difendere un'effimera fantasia romantica, si è rivelato superiore alle aspettative. Su sei nomination, Anora si è aggiudicato infatti ben cinque premi Oscar: miglior film, miglior regia, miglior attrice per la venticinquenne losangelina Mikey Madison, miglior sceneggiatura originale e miglior montaggio. Quattro di questi premi sono andati proprio a Sean Baker, che eguaglia così il primato - quattro Oscar in una singola edizione - già stabilito da Walt Disney nel 1954 per quattro diversi titoli e da Bong Joon-ho nel 2020 per Parasite (per quanto, formalmente, il premio come miglior film internazionale non venga attribuito al regista).

Adrien Brody Oscar
Adrien Brody con il premio Oscar come miglior attore per The Brutalist

La valanga di consensi per Anora, come osservavamo pochi giorni fa, è assolutamente comprensibile, ma tutt'altro che scontata, come tutt'altro che scontato è stato il responso tributato all'altro grande protagonista della notte degli Oscar: The Brutalist, graffiante dramma sull'American Dream dalla prospettiva di un architetto ungherese sopravvissuto all'Olocausto ed emigrato negli Stati Uniti.

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Forte di dieci nomination, il film di Brady Corbet ha ottenuto tre premi Oscar: miglior attore per Adrien Brody, alla sua seconda statuetta ventidue anni dopo Il pianista, miglior colonna sonora per Daniel Blumberg e miglior fotografia per Lol Crawley. Il maggiore rivale di Anora, Conclave di Edward Berger, storia dalle sfumature thriller ambientata durante un'elezione papale, su otto nomination ha dovuto accontentarsi invece del trofeo per la sceneggiatura adattata di Peter Straughan.

Un'edizione da incorniciare per il cinema indie e l'Europa

A Real Pain
A Real Pain: un'immagine di Kieran Culkin

Se era comunque lecito ipotizzare un potenziale sorpasso da parte di Conclave, opera pregevolissima ma senz'altro più convenzionale nell'impostazione e nell'aderenza ai codici del genere, scorrendo l'elenco dei premi di ieri notte a colpire è un tratto comune a molti vincitori: si tratta di piccole o medie produzioni non afferenti all'alveo dei grandi studios hollywoodiani, ma nate in ambito indipendente - come appunto Anora, The Brutalist e A Real Pain di Jesse Eisenberg, commedia on the road ricompensata per l'attore non protagonista Kieran Culkin - o realizzate da autori europei quali Jacques Audiard (il musical Emilia Pérez, due Oscar per l'attrice non protagonista Zoe Saldaña e la canzone El Mal), Coralie Fargeat (l'horror The Substance, un Oscar per il trucco e una statuetta sfiorata per Demi Moore) e il lettone Gints Zilbalodis, artefice del film d'animazione Flow.

Flow
Flow: un'immagine del film

È indicativo che Flow, primo candidato nella storia della Lettonia, abbia sbaragliato la concorrenza di colossi come la DreamWorks de Il robot selvaggio e la Pixar di Inside Out 2, entrambi super-campioni d'incassi. Non che agli Oscar sia mancata la presenza di mega-produzioni capaci di catalizzare l'attenzione del grande pubblico: tra i principali film in lizza, la Universal schierava il musical Wicked (due premi per scenografia e costumi), la Warner Bros il kolossal di fantascienza Dune - Parte due (due Oscar per sonoro ed effetti speciali, in aggiunta alle sei statuette del suo predecessore) e la Searchlight Pictures, divisione della Walt Disney, il biopic musicale A Complete Unknown, classico "titolo da Oscar" che tuttavia ha visto sfumare le sue otto candidature, inclusa quella per l'amatissimo divo Timothée Chalamet nei panni di Bob Dylan.

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Dai Golden Globe agli Oscar, la 'riscossa' dei cineasti

Fernanda Torres
Io sono ancora qui: un primo piano di Fernanda Torres

Ma al di là dei giudizi di merito sui vari candidati (quest'anno tutti elogiati più o meno all'unanimità in quanto alla loro ricezione critica), quali sono le tendenze evidenziate dai premi di ieri notte? Intanto, ma non è una novità, un'apertura sempre più ampia verso cinematografie appartenenti a realtà culturali non anglofone: si vedano le vittorie di Flow e di No Other Land, documentario sull'occupazione della Cisgiordania e sulle privazioni di diritti per il popolo palestinese, nonché la presenza fra i candidati come miglior film di Emilia Pérez e Io sono ancora qui di Walter Salles, prima produzione brasiliana premiata come miglior film internazionale. E poi, la valorizzazione di autori coraggiosi e innovativi, quali Sean Baker e Brady Corbet, che lavorano al di fuori dell'ambito mainstream e che, l'hanno dimostrato in più occasioni, si stanno battendo per una causa comune.

Brady Corbet Golden Globe
Brady Corbet con il Golden Globe come miglior regista per The Brutalist

"Mi è stato detto che il film non avrebbe funzionato; che a nessuno interessava un film di tre ore e mezza su un designer di metà secolo e in 70 millimetri. Ma ha funzionato", dichiarava due mesi fa Brady Corbet alla cerimonia dei Golden Globe, ritirando i trofei per miglior film e miglior regia per The Brutalist; e ancora, "La decisione sul montaggio finale spetta al regista. È una dichiarazione un po' controversa: non dovrebbe esserlo. Non dovrebbe esserlo affatto". Se Corbet ha invitato in più occasioni a sostenere i cineasti, facendo notizia per aver dichiarato di non aver intascato un dollaro dai suoi progetti cinematografici, Sean Baker gli ha fatto eco dal palco degli Independent Spirit Award, in un lungo e appassionato discorso sulle difficoltà di fare cinema in maniera indipendente in un mercato 'strangolato' dalle nuove dinamiche distributive.

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La grande scommessa (vinta) di due inaspettati successi da Oscar

Mikey Madison Oscar
Mikey Madison con il premio Oscar come miglior attrice per Anora

"Il cinema indie sta faticando più adesso, proprio adesso, che mai (...). Personalmente non ho figli, ma so per certo che se li avessi avuti, non sarei stato capace di fare i film che ho fatto", ha aggiunto Baker, denunciando un sistema che limita la presenza delle pellicole nei cinema e, di conseguenza, riduce una vitale fonte di introiti per chi lavora nel circuito indipendente. Un circuito che, nonostante tutto, conserva un vitalismo prodigioso, e a darcene prova, prima ancora degli Oscar, è stato l'interesse degli spettatori: Anora è stato girato per le strade di New York con sei milioni di dollari, mentre The Brutalist, a dispetto delle sue ambizioni produttive, è costato meno di dieci milioni (una sorta di miracolo). Attualmente, entrambi i film hanno raccolto più di quaranta milioni al box-office, con The Brutalist che deve ancora uscire in diversi paesi del mondo.

Anora Still
Anora: un'immagine di Mark Eydelshteyn e Mikey Madison

Insomma, è emblematico che i due trionfatori degli Oscar 2025, pur senza essere dei blockbuster, siano indubbiamente dei successi: due film che, in virtù delle loro qualità artistiche, stanno raggiungendo una buona fetta di pubblico, e la stanno raggiungendo innanzitutto nelle sale, piuttosto che sulle piattaforme di streaming. E stringendo il premio per il miglior film dell'anno, Sean Baker ci ha tenuto a ricordarci proprio questo: "Distributori, per favore, concentratevi per prima cosa e soprattutto sull'uscita in sala dei vostri film. Genitori, introducete i vostri figli ai film nelle sale e formerete la prossima generazione di cinefili e cineasti. E per tutti noi, quando possiamo, guardiamo i film al cinema e manteniamo viva e in salute la grande tradizione dell'esperienza cinematografica". Rispetto alle sue parole, quella statuetta costituisce l'amen più potente e speranzoso possibile.