Niccolò Ammaniti, da Io non ho paura ad Anna: viaggio nei suoi mondi cinematografici

La grande dote di Niccolò Ammaniti è la sua immaginazione sfrenata, e per questo è entrato ben presto in contatto con il mondo del cinema e della tv: dai primi insuccessi ai film con i grandi autori e alle serie tv di cui è autore e regista.

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Anna: Giulia Dragotto è la protagonista nella serie Sky Original

"Quello che differenzia gli esseri umani dagli animali è la capacità di immaginare e di raccontare le storie. Perché solo attraverso le storie niente muore mai davvero, ciò che è incredibile può accadere. Il caos del mondo può trovare un senso". A un certo punto di Anna, la serie Sky Original di Niccolò Ammaniti, on demand su Sky e in streaming su NOW, ascoltiamo queste parole. E sembra che Niccolò Ammaniti qui stia parlando proprio di se stesso. Non che ce ne fosse bisogno, ma Anna ci ha ricordato la grande dote di Niccolò Ammaniti. Prima ancora del suo accattivante stile di scrittura, è la sua immaginazione sfrenata, quella fantasia libera e liberatoria, quelle storie e quegli snodi narrativi che ti chiedi davvero come gli siano venuti in mente. Le prime volte che ci siamo avvicinati alla sua scrittura, con la raccolta di racconti Fango, ci è venuto in mente Quentin Tarantino. Era il momento in cui una certa scena di scrittori veniva definita "pulp", e la passione per momenti e immagini "forti" c'era in entrambi. Ma ad accomunarli, soprattutto, era una certa scioltezza nelle parole, nei dialoghi, quell'aspetto pop e quotidiano nel corredare le storie, i dettagli. I personaggi e le storie di Ammaniti sono sempre stati "larger than life", più grandi della vita. Per il loro fisico: le donne sono sempre formosissime, come in Branchie, i personaggi corpulenti sono enormi, come il Danilo di Come Dio comanda. E per le imprese che compiono, sempre sfide al limite. "Ciò che è incredibile può accadere", come sentiamo dire in Anna. Nel mondo di Niccolò Ammaniti, aggiungiamo noi. Per questa sua visionarietà, Ammaniti è entrato ben presto in contatto con il mondo del cinema. Ma, come accade spesso ai suoi personaggi, è stata una strada in salita. I primi film non sono stati certo un successo. Poi a lui si sono interessati grandi autori. E ora è lui ad essere uno dei grandi autori della serialità televisiva, dopo Il miracolo e Anna, entrambi in onda su Sky. E dopo che per l'ultima serie ha curato anche la regia di tutte le puntate.
Vediamo insieme il cammino di Niccolò Ammaniti dalle parole allo schermo.

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Anna: un'immagine della serie Sky Original

Li chiamavano i Cannibali

Il Miracolo: Niccolò Ammaniti in un'immagine dal set
Il Miracolo: Niccolò Ammaniti in un'immagine dal set

Prima di passare ai film tratti dai mondi di Niccolò Ammaniti, parliamo di quella corrente in cui è stato incluso lo scrittore romano. Complice l'antologia Gioventù cannibale, si è parlato di questo gruppo di scrittori con il nome di "Cannibali". C'era chi, complice anche il cinema, li chiamava invece "Pulp". Tra gli scrittori della scena c'erano Aldo Nove, Andrea G. Pinketts, Luisa Brancaccio. Ammaniti, però, ha dimostrato subito di non essere definibile, né di poter essere racchiuso in correnti e categorie. E di essere diventato poi un autore a tutto tondo, uno dei grandi scrittori italiani: il Premio Strega per il monumentale romanzo Come Dio comanda è qui a dimostrarlo. E la facilità per come si è dimostrato un perfetto showrunner per una serie televisiva è un ulteriore indizio.

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L'ultimo capodanno durato tre giorni

L Ultimo Capodanno Monica Bellucci
L'ultimo Capodanno: Monica Bellucci in una scena

Eppure era iniziata malissimo. A parte quel "Il momento è delicato" che era stato il commento accompagnato a un rifiuto di pubblicare un suo libro, Fango (poi diventato il titolo di una sua raccolta di racconti), da parte di un editore, il primo film ad essere tratto dalla sua storia è stato L'ultimo Capodanno, tratto dall'irresistibile racconto L'ultimo capodanno dell'umanità, tratto proprio da Fango, del 1996. La storia, grottesca e iperbolica, di alcuni gruppi di persone che festeggiano la vigilia di Capodanno nel comprensorio Le Isole, sulla Cassia, a Roma, diventa un film con la regia di Marco Risi e un gran cast: Monica Bellucci, Alessandro Haber, Claudio Santamaria, Marco Giallini, Ricky Memphis e Beppe Fiorello. Cast, storia, regista: gli ingredienti ci sono tutti. E il film è godibile, anche se rimane ancora troppo convenzionale, non ricrea appieno la follia del racconto. Ma in ogni caso è inspiegabile l'insuccesso del film: Marco Risi lo ritirò dalle sale dopo il primo weekend, dopo soli tre giorni, nel marzo del 1998, per la scarsa attenzione del pubblico, dovuta al lancio sbagliato del film, che ne avrebbe dato un'immagine apocalittica, cupa, a dispetto del suo carattere comico e irriverente. È probabile che il pubblico italiano, allora, non fosse pronto per il cinema di genere. Il film sarebbe ritornato, rimontato, un anno dopo. Ma per non restare nella storia.

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Anna: Clara Tramontano in una foto della serie Sky Original

Branchie passa inosservato

Branchie
Una scena di Branchie

Non è rimasto nella storia del cinema italiano nemmeno Branchie, il film tratto dal primo romanzo di Niccolò Ammaniti, uscito nel 1994 con il titolo branchie! e ripubblicato nel 1997 con delle modifiche dell'autore e con il titolo Branchie. È davvero una bella storia quella di Marco Donati, amante dei pesci e malato di tumore, che da Campo de' Fiori si trova catapultato in India, in avventure che hanno dell'incredibile, tra suonatori di Didgeridoo arancioni, chirurghi pazzi e donne bellissime dai seni enormi. È l'Ammaniti "larger than life" di cui vi stiamo parlando. Difficile da racchiudere in un film. E Branchie, il film del 1999 di Francesco Ranieri Martinotti, con l'allora rockstar Gianluca Grignani e l'affascinante Valentina Cervi, passa piuttosto inosservato.

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Io non ho paura: Ammaniti incontra Salvatores

Il piccolo Giuseppe Cristiano in una scena di Io non ho paura
Il piccolo Giuseppe Cristiano in una scena di Io non ho paura

Ma il rapporto tra Niccolò Ammaniti e le immagini è destinato a decollare. L'occasione è il romanzo Io non ho paura, forse quello che per la prima volta ci allontana dall'Ammaniti cannibale e grottesco e porta l'autore verso una scrittura più matura, riflessiva, nostalgica. Un grande autore, a tutti gli effetti. Io non ho paura, premio Viareggio nel 2001, anno della sua uscita, ha fatto incontrare la sensibilità di Ammaniti con quella di Gabriele Salvatores: la nostalgia, il mood generazionale della storia, il senso della crescita e dell'impresa, l'amicizia, sono stati il terreno comune che ha unito i due autori. In un assolato paesino del Sud, alla fine degli anni Settanta, Michele Amitrano, un bambino di nove anni, scorrazza in bici tra i campi con gli amici. Fino a che, sepolto in un buco, trova qualcuno, un bambino come lui. Salvatores prende il romanzo di formazione di Ammaniti e ne fa un grande film (due David di Donatello e fu anche scelto per rappresentare l'Italia agli Oscar). Dentro, come detto, c'è la nostalgia di un mondo che non c'è più, le nostre infanzie tra pantaloni corti, biciclette e Subbuteo, le estati interminabili, ma anche il fantasma dei sequestri di persona che in quegli anni tormentavano l'Italia. Nel cast ci sono Diego Abatantuono e Dino Abbrescia, e Ammaniti firma la sceneggiatura con Francesca Marciano. Ed entra finalmente a pieno titolo nel mondo del cinema.

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Anna: una scena suggestiva della serie Sky Original

Come Dio comanda: Salvatores... ma senza Abatantuono

Filippo Timi e Alvaro Caleca in un'immagine del film Come Dio comanda
Filippo Timi e Alvaro Caleca in un'immagine del film Come Dio comanda

E forse è stato proprio questo il problema di Come Dio comanda, il film successivo tratto da un libro di Ammaniti, forse il suo romanzo più bello e completo, uscito nel 2006 e insignito del Premio Strega nel 2007. Nel senso che la storia è arrivata al cinema, ancora con la regia di Gabriele Salvatores, forse perché la serialità italiana non era ancora decollata. E Come Dio comanda, opera monumentale, sarebbe stata la materia perfetta per una serie tv, e in un film ci stava stretta. Così Gabriele Salvatores, nel portare il romanzo sullo schermo, è costretto a scegliere, e a raccontare solo una delle storie. Siamo in un immaginario paesino del nostro nordest industrializzato. Rino Zena, violento e dalle simpatie neonaziste, ha un figlio tredicenne, Cristiano, con cui vive dopo che la moglie li ha lasciati. Hanno degli amici, il folle Quattro Formaggi e Danilo, che vuole riconciliarsi con l'ex moglie e sogna un furto al bancomat. Salvatores sceglie di mettere da parte Danilo, con buona pace di Diego Abatantuono che era già pronto a impersonarlo, e anche di eclissare tutta la storia dell'assistente sociale Beppe Trecca, che è impersonato da Fabio De Luigi ma resta un personaggio di contorno. Tutto è incentrato su Rino, interpretato da Filippo Timi, sul figlio Cristiano e sul folle Quattro formaggi, che ha il volto di Elio Germano. Il risultato è un buon film, in cui le atmosfere di Ammaniti sono evocate bene, ma non l'affresco corale di un mondo intero che era il libro originale. "Con Niccolò Ammaniti è come se stessimo giocando a ping-pong da un po' di tempo" dichiarò Salvatores. "Mentre ero in Australia per l'uscita di Io non ho paura ho letto Come Dio comanda e ho capito che lui era andato avanti: ora toccava a me giocare e trovare le immagini per questa nuova straordinaria storia. Un thriller che ti lascia senza fiato, che è anche una grande storia d'amore totale... tra un padre e un figlio". Nelle mani di Salvatores, Come Dio comanda diventa questo, un tema a lui caro. Ma è un peccato che si perdano le altre storie. Se Ammaniti dovesse proporre un'altra storia a Sky, Come Dio comanda sarebbe una serie magnifica.

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Io e te: Ammaniti incontra Bertolucci

Io e te: Tea Falco e Jacopo Olmo Antinori in una tenera immagine tratta dal film
Io e te: Tea Falco e Jacopo Olmo Antinori in una tenera immagine tratta dal film

E poi capita che una storia di Ammaniti venga scelta da un altro grande autore del nostro cinema, un Maestro. Qualcuno che, a livello generazionale, è molto lontano da Niccolò Ammaniti. È Bernardo Bertolucci, un nome che ha fatto la storia del cinema e che, più volte, in età avanzata, abbiamo visto girare con l'energia di un ventenne. Io e te, romanzo breve di Niccolò Ammaniti del 2010, il suo penultimo libro, l'ultimo prima di Anna, ha avuto l'onore di diventare, nel 2012, l'ultimo film di Bernardo Bertolucci. Che ha preso la storia di Lorenzo, adolescente che, per non deludere i genitori e dire loro che non andrà in settimana bianca con i coetanei, si chiude per sette giorni nella cantina del suo palazzo, dove, a sorpresa, viene raggiunto dalla sorellastra maggiore Olivia, che ha problemi di tossicodipendenza. Bertolucci prende la storia di Ammaniti e (con la sceneggiatura dello scrittore con Umberto Contarello, Francesca Marciano e lo stesso Bertolucci) ne rispetta l'anima e allo stesso tempo ne fa un film suo, uno dei suoi straordinari drammi in interni, uno dei suoi vibranti romanzi di formazione. E, sarà il suo amore per i giovani, sarà l'età o il carattere, ne cambia il finale lasciando un bagliore di speranza. Lorenzo e Olivia sono il giovane Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco, in una delle sue prime apparizioni, perfetta per la parte. Insieme a Io non ho paura, Io e te è il film più riuscito tra quelli tratti dai libri di Ammaniti.

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Anna: una foto di scena della serie Sky Original

Il miracolo: Ammaniti e la golden age delle serie tv

Il miracolo: un primo piano di Sergio Albelli
Il miracolo: un primo piano di Sergio Albelli

Ma poi è arrivata l'era, la golden age delle serie tv. Un mondo simile ma diverso da quello del cinema, dove il lavoro è molto più quello di una squadra, di un collettivo, più che quello di un singolo artista. E così è successo che Ammaniti, anche quando ha firmato la sceneggiatura, abbia in ogni caso ceduto la sua opera a un altro artista. Il Miracolo, la serie che ha firmato per Sky, lo ha visto invece molto più coinvolto. Il miracolo non è una serie tratta da un suo libro, ma un'opera originale. Ammaniti ha scritto la serie e ha anche diretto alcuni episodi, insieme a Francesco Munzi e Lucio Pellegrini. È una storia che vive di contrasti: una Madonna che piange sangue nel covo di un boss delle 'Ndrangheta. Nel cast ci sono Guido Caprino, che interpreta un premier ateo, ma è colpito dall'avvenimento, e Tommaso Ragno, prete che invece è in crisi di fede. Alba Rohrwacher è una biologa che prova a spiegare scientificamente l'accaduto. Il Miracolo è una serie unica, un vero evento.

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Anna: un mondo immaginifico e selvaggio

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Anna: Giulia Dragotto in una foto della serie Sky Original

Anna, inutile dirlo, è un altro evento. È una serie che segnerà i tempi che stiamo vivendo, perché racconta una pandemia in atto, un virus che colpisce gli adulti e risparmia solo i bambini. Impossibile non ricollegarlo all'oggi, alle angosce che stiamo vivendo in questi mesi. Ma Anna è molto altro, perché se questa è la premessa, quella che veniamo a conoscere dai flashback, il racconto è quello di un mondo immaginifico e selvaggio, un futuro dove non esistono adulti e i bambini vivono allo stato brado, tra giochi e istinto di sopravvivenza, tra le regole del mondo com'era, che non esistono più, e le nuove che in qualche modo si danno. In questo mondo Anna (una sorprendente Giulia Dragotto, esordiente, 14 anni) si occupa del fratellino e gira una Sicilia devastata in cerca di una speranza. Come ci ha raccontato in occasione della conferenza stampa di lancio di Anna, la serie per Ammaniti non è stata una semplice trasposizione dal suo libro, ma una sorta di Realtà Aumentata, l'occasione per approfondire alcuni personaggi intorno ad Anna, raccontare le loro storie dare loro un'anima. Il passaggio dal libro alla serie allora acquista un senso diverso, nuovo, rispetto ad altre trasposizioni. E la proverbiale immaginazione di Ammaniti funziona anche a livello visivo. Lo scrittore, e ormai anche regista a tutti gli effetti (stavolta ha diretto tutti e sei gli episodi) riesce a costruire un mondo inedito, abbagliante, brutale, dove la civiltà è devastata, e la natura riprende il sopravvento. Alcune trovate visive ci sembrano degne della fantasia di un Paolo Sorrentino. Ma l'Ammaniti regista è unico: è viscerale, è brutale, è lancinante. E riesce davvero a farci arrivare dentro le sue storie, e a lasciarci impresse immagini che difficilmente ci scorderemo.