Vi ricordate quando Netflix era appena nata? Certo, in Italia è arrivata un po' dopo rispetto agli Stati Uniti, ma è stato comunque qualcosa di emozionante. A un costo mensile estremamente basso e modico (ora più che duplicato), ci siamo trovati di fronte a un qualcosa che funzionava come Megavideo solo che era in tutto e per tutto legale. Una caterva di film da vedere e serie TV da seguire in una nuova modalità, il binge watching, con cui avremmo cominciato a fare dimestichezza... e che avrebbe cominciato anche a guidare la struttura narrativa stessa delle produzioni seriali. Dieci anni dopo le cose sono cambiate.
Sia Netflix che i sui competitor hanno quasi del tutto smarrito quella spinta innovativa, sono diventati incredibilmente cari e, fra pubblicità e produzioni alquanto discutibili, sono pericolosamente entrate in zona Pomeriggio 5 (ovvero: tv molto generalista). Nel caso del colosso di Los Gatos, l'unica cosa a non essere mai cambiata è l'approccio della compagnia nei confronti della sala cinematografica. Che è all'insegna del disprezzo più totale, tranne quando fa comodo e per periodi di tempi rigorosamente limitati.
L'importanza dei contenuti
Ci siamo abituati al binge watching, dicevamo qua sopra, ma con l'era dello streaming inaugurato da Netflix si è imposto l'utilizzo di un termine per indicare tutto quello che confluisce sulle varie piattaforme. Contenuto.
Che ha rigor di logica ha semanticamente senso. Film, serie Tv, documentari, reality show sono tutte produzioni che possono essere "contenute" da un servizio streaming. Sempre a rigor di logica, si tratta di un'etichetta che potrebbe - e spesso fa - arrabbiare chi quelle cose le crea, dirige, produce, scrive e interpreta perché mette un'opera creativa sullo stesso piano di quello che normalmente troviamo dentro agli ovetti Kinder.
Netflix è indiscutibilmente l'azienda leader del settore, ma nonostante questo è anche quella più limitata perché, al netto degli accordi di licensing che può attivare per questa o quella produzione, ha come solo e unico business proprio lo streaming. Disney ha i parchi a tema, le navi da crociera e, chiaramente, il cinema. Apple in una qualsiasi mezza giornata fattura il PIL del Lussemburgo solo con la vendita degli AirPods. Amazon... beh, è Amazon.
Proprio l'esclusività del core business di Netflix ha fatto sì che la compagnia snobbasse qualsiasi cosa potesse sviare l'attenzione della gente dal fatto che i suoi contenuti potevano essere fruiti solo sulla piattaforma dalla N rossa. Cosa, questa, che può rappresentare un problema quando hai a che fare con la necessità di avere dalla tua chi quei "contenuti" chiamati film deve girarteli.
Cinema sì, ma col contagocce
Non è che i film targati Netlix non escano mai al cinema. A volte capita, anche perché se Ted Sarandos e Reed Hasting vogliono far sì che un qualche loro film abbia delle possibilità agli Oscar, in sala ci deve passare per forza, così come vogliono le regole dell'Academy. Solo che, per dirne un'altra, quando Netflix porta, per periodi di tempo generalmente circoscritti, i suoi film nei cinema non diffonde i dati d'incasso.
E possono venirsi a creare situazioni come quella in cui, qualche anno fa, si è ritrovato È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino in cui si poteva capire che il lungometraggio stava andando discretamente bene senza avere il metro preciso dell'ammontare di questo "bene". Bisogna anche dire che, regole per concorrere agli Oscar a parte, ci sono registi con all'attivo dei contratti con la compagnia che esigono nero su bianco il passaggio in sala.
Netflix normalmente accetta, ma consente, come dicevamo qua sopra, una permanenza in sala di massimo un paio di settimane. Perdendo, illogicamente, una preziosa fonte di revenue che, oltretutto, potrebbe anche fungere come spinta "pubblicitaria" per l'acquisizione di nuovi abbonati, come vi abbiamo spiegato, recentemente, a proposito di Prime Video e Uno Rosso.
Perché Uno Rosso non è un flop anche se, al debutto, ha incassato meno di Joker 2
Ma quando film o serie TV, ora che lo streaming è dominante, diventano appunto "contenuti" da tenere di sottofondo mentre facciamo il soffritto per il ragù, l'importante è vedere che un film da "cestone dei Dvd dell'autogrill" come Red Notice totalizzi 450 milioni di ore di visualizzazioni. Quello che si fa nel corso di quelle ore e quanta gente poi abbia materialmente finito di vederlo non conta.
Il caso Narnia: ci sarà un'uscita in IMAX, ma...
Sono passati ormai sette anni da quando, nel 2018, è giunta notizia che Netflix aveva chiuso un accordo multimilionario con la The C.S. Lewis Company per produrre nuovi film e serie TV basate sulle Cronache di Narnia. Per la prima volta i sette libri della saga erano in mano a una singola compagnia. I primi due film saranno diretti da Greta Gerwig che è reduce dal trionfale Barbie.
Il primo arriverà nel 2026 e sarà disponibile anche nelle sale IMAX di tutto il mondo. Per due settimane. Questo perché, come ha puntualizzato il co-CEO di Netflix Ted Sarandos, la compagnia non ha minimamente intenzione di cambiare la sua strategia ma circostanze particolari richiedono risposte particolari.
Durante una recente conferenza sugli utli quadrimestrali della multinazionale, parlando di Narnia Sarandos ha spiegato: "La nostra strategia principale è offrire ai nostri abbonati, film esclusivi in prima visione su Netflix. L'uscita di Narnia in Imax è una tattica di distribuzione. Rilasciamo regolarmente film nelle sale un paio di settimane prima per le qualificazioni ai vari premi, per soddisfare i requisiti dei festival e generare un po' di pubblicità. Nel caso di Narnia, è un evento speciale di due settimane. Penso che sia molto differente rispetto ad altre circostanze, perché dubito che qualcuno abbia uno schermo grande come uno schermo Imax a casa".
Insomma: anche se in quelle due settimane nelle sale IMAX il film dovesse dimostrare di avere le gambe lunghe, Netflix rinuncerebbe comunque a quella fetta di giro d'affari perché vada come vada lo streaming viene prima di tutto. Un "campo da gioco", quello dello streaming, con cui ormai tutti dobbiamo fare i conti. Vero è che nel momento in cui altre realtà come Apple o Prime Video offrono garanzie differenti ai registi di richiamo con cui lavorano in quanto a permanenza nelle sale di un dato film, resta da vedere quanto reggerà il "giochino" di Netflix. Che rischia di perdere qualsiasi appeal per i filmmaker e di diventare solo il posto dove trovare i nuovi "contenuti" con Lindsay Lohan.