Nato a Casal di Principe: Storie di resistenza

Presentato alla scorsa Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, arriva in sala il film di Bruno Oliviero che ripercorre i giorni del rapimento di Paolo Letizia, vittima di camorra negli anni '80. Un western che gioca sulla poeticità e la resistenza dell'umanità che in quelle terre si ostina a resistere.

"So sparare benissimo, è una cosa di famiglia" dirà, sguardo dritto in macchina, il giovane protagonista di questo film, Nato a Casal di Principe, nella scena d'apertura: un provino, uno dei tanti che sul finire degli anni '80 porteranno l'aspirante attore Amedeo Letizia nel cast de I ragazzi del muretto, la fiction Rai che per un breve periodo lo avrebbe reso famoso.
Prima però ci sarà il dolore e l'angoscia mai sopiti per il misterioso rapimento del fratello Paolo, scomparso nel nulla a Casal di Principe, e il desiderio famelico di scovare la verità e farsi giustizia da sé in una terra martoriata dal sopruso. Una storia vera che Amedeo ha affidato prima ad un libro scritto insieme alla giornalista di Repubblica Paola Zanuttini, ed ora ad un film di cui è produttore, diretto da Bruno Oliviero e scritto da Maurizio Braucci (già scenggiatore de L'intrusa proprio insieme a Oliviero) e Massimiliano Virgilio.

Nato a Casal di Principe: Donatella Finocchiaro e Alessio Lapice in una scena del film
Nato a Casal di Principe: Donatella Finocchiaro e Alessio Lapice in una scena del film

Nato a Casal di Principe racconta i giorni in cui Amedeo (Alessio Lapice) tornò da Roma alla sua città natale nel tentativo di arrivare laddove le ricerche dei carabinieri non erano riuscite ad approdare: armato di fucile e con la complicità del cugino Marco (Paolo Marco Caterino) setaccerà ogni angolo di quel fazzoletto di terra che va dalla campagna al mare, scomoderà personaggi loschi e smaschererà depistamenti e insabbiamenti che il film svelerà lentamente un pezzo dopo l'altro in poco più di un'ora e mezza.
È un film di riscatto, per certi versi epifanico, è l'atto finale di una ricerca durata ventotto anni: la verità sarebbe venuta a galla infatti solo lo scorso anno, con la condanna dei due killer responsabili dell'uccisione di Paolo, vittima di lupara bianca ad opera del clan dei Casalesi.

Leggi anche: Italia criminale: da Gomorra a Suburra, ritratto di un paese sull'orlo del baratro

Nato a Casal di Principe: Massimiliano Gallo e Donatella Finocchiaro in un'immagine promozionale del film
Nato a Casal di Principe: Massimiliano Gallo e Donatella Finocchiaro in un'immagine promozionale del film

Atmosfere da western

Nato a Casal di Principe: Alessio Lapice, Francesco Pellegrino e Paolo Marco Caterino in una scena del film
Nato a Casal di Principe: Alessio Lapice, Francesco Pellegrino e Paolo Marco Caterino in una scena del film

Nella babelica produzione cinematografica e televisiva di storie di camorra, il film di Oliviero entra in punta di piedi e si mette dal lato meno popolare del sottobosco criminale, quello delle vittime. Lo fa mutuando stili e linguaggi da diversi fronti: da un lato il western alla John Ford, dall'altro l'autorialità del racconto drammatico fatto di sottrazione ed essenzialità.
Nato a Casal di Principe non urla, né scade in scimmiottamenti che lo ridurrebbero a un folkloristico bozzetto della criminalità; Oliviero trova una sua cifra stilistica che privilegia il cinema del reale, la narrazione asciutta e l'aderenza ad un'umanità nascosta negli angoli più remoti di questa vicenda, che è storia di resistenza stoica, silenziosa e fiera.

Nato a Casal di Principe: Donatella Finocchiaro in una scena del film
Nato a Casal di Principe: Donatella Finocchiaro in una scena del film

Come il ritratto dei genitori di Paolo Letizia, portatori di una dignitas che Olviero scolpisce nel chiaroscuro dei volti di Massimiliano Gallo e Donatella Finocchiaro, rispettivamente nei ruoli del padre Arturo, imprenditore e onesto lavoratore, e della madre Ernestina, donna devota e caparbiamente religiosa. Interpretazioni che, insieme a quella composta e misurata del giovane Alessio Lapice, sono il risultato di un lungo periodo di prove, scandito dal contatto diretto con i veri protagonisti della vicenda, che il regista ha voluto coinvolgere in alcune scene.

Leggi anche: L'intrusa: tra camorra, paura e accoglienza

Resistenza civile

Nato a Casal di Principe: Massimiliano Gallo in una scena del film
Nato a Casal di Principe: Massimiliano Gallo in una scena del film

Intorno alla ricerca affannosa della verità si allunga l'ombra di una sospensione generale degli eventi: Amedeo si muove nell'incertezza di cercare un corpo o un luogo, ogni elemento è in bilico tra ciò che gli occhi vedono e la mente tace, l'azione è soffocata tra il deposito dell'azienda di famiglia, la campagna circostante, i casolari abbandonati e il vicino lago, gli affari e le esecuzioni della camorra spiati da dietro un cespuglio, una recinzione o un canneto, da uno sguardo che non oltrepassa mai la soglia di un confine immaginario che separa le vittime dai carnefici.

Nato a Casal di Principe: Alessio Lapice in una scena del film
Nato a Casal di Principe: Alessio Lapice in una scena del film

Ed è in questa terra di mezzo che si fa strada una vocazione alla resilienza che appartiene di diritto alla gente comune, alle migliaia di padri e madri, giovani e bambini con il sacrosanto diritto di pretendere e sognare una terra diversa. Oliviero ce lo racconta con dignitoso distacco, senza presunzione e concedendosi uno spazio forse solo nella digressione metacinematografica della scena finale. Prima però consegna alle parole di Amedeo il compito di tentare una definizione della camorra: "Lo senti questo silenzio? Le vedi quelle case? La gente che sta laggiù sa tutto, ma fa finta di non sapere perché se parla la uccidono. È questa la camorra".

Movieplayer.it

3.0/5