Recensione Exit Through the Gift Shop (2010)

Exit through the Gift Shop non è un film su Banksy, quanto un film di Banksy, in cui l'artista si prefigge lo scopo di promuovere l'idea di street art, sostenendo che tutti possono occuparsene, anche se, conclude a fine film con il suo innegabile sarcasmo, non tutti dovrebbero.

Nascita di un artista... di strada

Per chi non lo conoscesse, Banksy, che si è presentato anche al pubblico del Festival di Berlino tramite videomessaggio con volto oscurato e voce camuffata, proiettato prima di Exit Through the Gift Shop, è uno dei più noti writer in circolazione, definito da molti un terrorista della street art, capace di esporre le sue opere in luoghi di importanza simbolica e di mettere in piedi una mostra frequentata anche da celebrità della società americana. Ma Exit through the Gift Shop non è un film su Banksy, quanto un film di Banksy, in cui l'artista si prefigge lo scopo di promuovere l'idea di street art, sostenendo che tutti possono occuparsene, anche se, conclude a fine film con il suo innegabile sarcasmo, non tutti dovrebbero.

Exit Through the Gift Shop racconta invece del francese Thierry Guetta Un uomo che ha una unica ed incredibile caratteristica, ovvero quella di filmare tutto e tutti, di girare sempre armato della sua videocamera e di riprendere praticamente ogni sua attività e spostamento. Una passione che nel corso del tempo l'ha portato ad incrociare il movimento underground dei writer, spingendolo a volerne sapere sempre di più sull'argomento e, poco a poco, a sviluppare l'idea di realizzare un documentario sul fenomeno.
Nottate in giro con gli artisti di strada l'hanno infine portato ad incrociare anche il nome di Banksy ed inevitabilmente di voler sapere di più su di lui. Un'ossessione che alla fine li ha fatti incontrare e diventare amici.
Thierry si trova così ad essere l'unico in grado di documentare le imprese di Banksy ed interessarsi sempre più al fenomeno, fino ad accogliere gli incoraggiamenti dell'amico e diventare writer a sua volta. Il francese però si fa prendere la mano e s'impegna a realizzare una delle più grandi mostre d'arte per esibire le sue opere con l'intenzione di imitare e superare il suo maestro.
Ma nonostante il risultato finale sia positivo, dopo diversi imprevisti e con l'aiuto dello staff di Banksy, il messaggio appare chiaro: i risultati vanno ottenuti poco a poco, lavorando sodo per ottenerli, anche in un campo come quello della street art, senza voler bruciare le tappe, per acquisire la giusta consapevolezza dei propri mezzi e del proprio stile.
Il documentario di Banksy, costruito usando immagini catturate per strada e girate in gran parte direttamente da Thierry per il suo documentario non realizzato, racconta bene la storia del francese, con ritmo ed ironia, riuscendo ad essere profondo nonostante il tono leggero, facendo luce su un fenomeno che tutti conosciamo solo superficialmente, senza apprezzare la dedizione e le capacità di artisti che vengono spesso considerati solo per l'aspetto illegale della loro attività.
Seppur nell'anonimato del volto oscurato e della voce contraffatta, Banksy se ne fa portavoce, donando al fenomeno la ribalta di uno dei principali festival cinematografici al mondo. E non è poco.

Movieplayer.it

4.0/5