Giovanile, cordiale, poliedrico, geniale. Naoki Urasawa non dimostra nemmeno 50 anni e invece ne ha 63, portati divinamente bene per essere un mangaka che - come sostiene anche lui - "è un lavoro molto duro, sfiancante, febbrile e martellante". Certo, il sensei non condivide le stesse deadline e i tempi paurosamente stringenti di un Eiichiro Oda o di uno Yoshihiro Togashi (tanto per citare due shonen-mangaka tra i più noti), eppure essere fumettista in Giappone è un impegno molto serio e gravoso. D'altronde il manga è parte integrante e radicale della cultura nipponica, i suoi autori grandi e riverti maestri.
E Urasawa, tra tutti, è forse il più importante e seminale della sua generazione, definito da molti l'erede spirituale e artistico di Osamu Tezuka, da altri - in modo esasperato - "il Miyazaki del fumetto" grazie al suo tratto unico e riconoscibile, alle sue tematiche feticcio, ai suoi personaggi, alle emozioni che sa veicolare attraverso questo meraviglioso medium. Incontrarlo nell'affollata ed energica cornice del Lucca Comics & Games 2023, per altro nel periodo d'uscita dell'adattamento anime del suo Pluto targato Netflix, è un vero onore e piacere, soprattutto per la possibilità di scavare a fondo nelle sue ispirazioni e modelli di riferimento artistici in senso generale, tra cinema, musica, letteratura e fumetto. Una chiacchierata che dà una panoramica esaustiva della persona, dell'autore e dell'immenso bagaglio culturale alle sue spalle.
Da allievo a maestro
Non è un caso che Naoki Urasawa venga spesso paragonato a Osamu Tezuka, in primis perché Pluto è di fatto un libero ri-adattamento in chiave mistery-thriller fantascientifica di una delle storie di Astro Boy scritte dal compianto mangaka. C'è però di più, perché è lo stesso autore a sottolineare l'importanza di Tezuka nella sua crescita artistica: "Ho iniziato a disegnare da quando avevo 5 anni", spiega Urasawa, "ma è dagli 8 anni che ho cominciato a sviluppare un mio stile personale. E devo dire che da allora non è mai cambiato, si è solo perfezionato. Quando a 13 anni ho poi letto La Fenice del senpai Tezuka è cambiato tutto: il mio approccio ai manga, alla loro realizzazione, alla mia prospettiva. Mi ha davvero influenzato molto, sicuramente più di chiunque altro". Avendo già re-interpretato Pluto, sorge spontaneo il pensiero che prima o poi possa dedicare nuovamente qualche attenzione a un'altra grande opera del passato, non per forza di Tezuka, ma Urasawa ha le idee chiare: "Non esiste, ne ho abbastanza. Già solo per il remake di Pluto sono stato malissimo. Ho avuto l'orticaria. Il timore reverenziale può arrivare a disintegrarti". Nonostante questo, l'autore si è comunque cimentato nella sfida, dimostrando di aver praticamente raggiunto il maestro: "La verità è che avevo letto la storia una sola volta, a 8 anni. Arrivato ai 40, quando mi è stato proposto il remake, non lo avevo ancora riletto ma avevo in testa dei ricordi tutti miei del racconto che alla fine ho scoperto non essere veri. Evidentemente avevo riassorbito quelle idee rendendole mie senza nemmeno saperlo". Pluto è uscito in Giappone tra il 2003 e il 2009, in un momento di cristallizzazione della carriera di Urasawa dopo il clamoroso successo di 20th Century Boys, che nel 2024 festeggerà il suo 25° anniversario.
È stato però Monster nel 1994 a segnare uno spartiacque fondamentale nelle opere del mangaka, in quanto primo effettivo lavoro di stampo mistery-thriller, che è oggi il genere preferito del senpai, che a tal proposito dice: "Sento di dover realizzare queste storie misteriose e affascinanti. Questo è il mio genere di riferimento e il solo di cui voglio occuparmi, ovviamente inserendo al suo interno tante altre ispirazioni". Nessun ritorno al genere sportivo come Yawara (dedicato al judo) o Happy! (invece al tennis)? Anche qui, Urasawa è decisamente cristallino: "No, soprattutto perché non penso di aver realizzato dei manga sportivi nel vero senso del termine. Erano dei pretesti narrativi per raccontare delle storie che desideravo narrare. Di sportivo c'era solo l'ambito, in realtà".
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Muse e quotidiano
Elemento cardinale dell'opera di Urasawa è la sua parziale imprevedibilità. Questo accade perché i fumetti del maestro evolvono in corso di lavorazione nonostante un programma ben congeniato: "Quando comincio a dedicarmi a un nuovo lavoro, prima di tutto penso subito a come finirà. Al primo capitolo tutto resta intatto ma con l'arrivo dei successivo il finale inizia già a cambiare, così come i personaggi. Ma anche lo scrittore lo fa. La vita è mutevole, alcuni eventi imprevedibili. Gli elementi costitutivi di una storia, sia al cinema che in un libro o in un fumetto, cambiano continuamente dall'inizio alla fine".
Una realizzazione decisamente tipica dello stile del senpai, dove molte cose inizialmente secondarie diventano via via prioritarie in itinere. Differente è invece la situazione dei protagonisti delle sue opere. In tal senso, il mangaka cita lo Shogi, il "gioco dei generali" tipico della cultura giapponese: "Per quanto le strategie delle pedine siano molteplici, queste possono spostarsi solo ed esclusivamente in determinati punti prestabiliti. Mi piace tantissimo accostare lo Shogi ai percorsi e ai destini dei miei personaggi. Questo dona loro una caratterizzazione psicologica persino più marcata, a mio avviso, perché pure se volessero muoversi in direzioni differenti ci sarebbe sempre qualcosa che gli impedirebbe di farlo. Ecco, voglio disegnare questo tipo di protagonisti, incastrati in questo meccanismo molto vero e umano". Altro fattore di riconoscibilità dei personaggi è poi la loro caratterizzazione, che a detta di Urasawa "trae spesso ispirazione del quotidiano, magari da una spesa veloce al supermercato, da un volto che rimane impresso in un momento in cui stavo cercando dei lineamenti specifici che non trovavo".
Anche la struttura delle tavole è identitaria, specie nella costruzione cinematografica delle stesse. Neanche a dirlo, la Settima Arte gioca un ruolo cardinale in termini di riferimenti e ispirazioni per Urasawa, e se in chiave letteraria "legge Stephen King da più di 20 anni senza mai annoiarsi" (ma anche un po' di Murakami), è proprio in chiave cinematografica che i suoi autori-baluardo sorprendono: "Sono davvero tantissimi, è difficile elencarli tutti. Se proprio devo citare quelli per me più importanti allora chiamo in causa Akira Kurosawa, Yasujiro Ozu, Peter Bogdanovich, Wim Wenders e i fratelli Coen". In comune con gli ultimi ha in particolare il gusto primario della commedia insediata in profondità sotto epiteli di genere differenti, nel caso specifico quello del mistery. Urasawa in effetti sostiene che proprio la commedia sia "il genere da lui preferito, quello che sente più vicino": "Questo perché la storia dell'uomo è in generale una commedia che ha sempre portato a risultati diversi. E a seconda di questi, la storia ha toccato punti divergenti. Fateci caso: persino nei momenti più tristi dei miei fumetti cerco sempre d'inserire un elemento di distensione. Credo che questo rende i personaggi e le storie più vere e reali".
Consigli per il futuro
Interessante anche il rapporto tra Urasawa e la musica. Pensiamo ad esempio ad Have You Ever Seen the Rain dei Creedence Clearwater Revival del 1971: un singolo che proprio grazie a 20th Century Boys a cavallo tra la fine degli anni '90 e i primi del 2000 ha spopolato tra le generazioni più giovani di lettori che nemmeno conoscevamo i Creedence. E così per tante altre canzoni. La musica è centrale, torna continuamente nelle opere del maestro e segna anche passaggi radicali. E la scelta delle musiche da "scrivere" e "tramandare" nei suoi fumetti è tanto precisa quanto "il suono perfetto che da adolescente cercava disperatamente di trovare quando componeva le sue canzoni e registrava con la chitarra". Anche questo un idillio lungo una vita testimoniato anche nel suo ultimo e attuale lavoro, Asadora, in fase di pubblicazione e giunto più o meno a metà percorso. Per quanto riguarda il futuro, invece, siamo ormai consapevoli che questo riserverà nuovamente preziose e folgoranti revisioni storiche a tema mistery-thriller, ma a quanto pare potrebbe persino provare ad ambientare un racconto in Europa, magari in Italia, in un città addirittura ispirata a Lucca: "È una città bellissima", dice Urasawa, "viene voglia di disegnarla. Se decidessi di creare una storia ambientata in Europa userei sicuramente elementi di Lucca, senza alcun dubbio. Intanto sto facendo un sacco di foto per documentarmi, non si sa mai".
E a proposito di futuro, dà infine un consiglio alle future generazioni di mangaka, comunque esteso ai più giovani, artisti, sognatori: "Non realizzate qualcosa solo per vendere, ma create qualcosa che prima di tutto piaccia a voi e agli altri. Penso sia un ottimo punto di partenza per le future generazioni, perché creando qualcosa di nuovo si guarda concretamente al futuro". Lo dice sinceramente, guardando al suo passato e ricordando in conclusione quanto da lui vissuto in prima persona: "Monster fu un lavoro che volevo realizzare a tutti i costi, una storia che consideravo nuova, originale e audace, che sentivo valesse la pena raccontare. Il mio editore non era d'accordo e mi disse che non avrebbe venduto e che se proprio volevo farlo mi avrebbe concesso un'uscita in 4 volumi. Arrivati al quarto numero, il successo fu impressionante, tanto che i volumi divennero poi 18 e il manga si trasformò in una vera e propria rivelazione. A prescindere dai consigli, dal mercato, dai numeri, da tutto: fate sempre ciò che più vi piace".