Mini tour italiano per Armando Iannucci. Dopo il passaggio al Festival di Torino, il suo Morto Stalin, se ne fa un altro è già nelle sale italiane con una distribuzione mirata da parte di I Wonder che sta ottenendo i risultati sperati. Iannucci se la gode e festeggia il sold out dell'anteprima fiorentina della sua commedia politica in attesa di una release ben spinosa, quella in Russia, prevista il 25 gennaio. Tutto sommato il regista non sembra preoccupato e ammette: "In effetti qualche voce contro c'è stata, ma i russi che hanno già visto il film hanno riso molto e mi hanno fatto i complimenti. Abbiamo ricostruito la dacia di Stalin a Londra, ma vedendo il film credevano che avessimo girato in Russia".
Morto Stalin, se ne fa un altro ricostruisce le ultime ore di vita del dittatore russo e la lotta per la successione che esplode nel suo entourage dopo la sua scomparsa. Satira politica pungente e sofisticata, non per tutti i palati, ma il regista nega di aver avuto in mente un pubblico preciso mentre prepara il film. "La mia è una risposta alla storia, agli eventi accaduti. In Inghilterra so di avere un pubblico, ma quando preparo un progetto mi concentro sul tipo di storia che voglio raccontare".
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I fatti più strani sono quelli veri
Fonte di ispirazione per Morto Stalin, se ne fa un altro è la graphic novel francese La morte di Stalin, firmata da Fabien Nury e illustrata da Thierry Robin. "Dopo Veep stavo pensando a una storia su una figura autoritaria del presente. Avevo in mente Putin, Erdogan, i partiti nazionalisti inglesi, lo stesso Berlusconi, politici che cercano di cambiare le regole. Volevo creare un dittatore fictional, ma quando la produzione francese mi ha inviato la graphic novel ho pensato 'Perché raccontare una finzione quando la realtà è meglio?'. Questa lotta per la successione aveva un sapore universale così ho deciso di raccontarla".
Lo sfondo storico ha richiesto a Iannucci un lungo periodo di ricerche, che lo ha condotto anche in Russia in visita ai luoghi del potere e alla dacia di Stalin. Questo non gli ha impedito, però, di tradire la storia là dove necessario. "Ci siamo presi delle libertà temporali concentrando l'azione in poco tempo per non diluire il ritmo della narrazione. Nella realtà Lavrentij Berija è stato arrestato tre mesi dopo la morte di Stalin, non pochi giorni dopo. Abbiamo inventato i dialoghi. Quelli della graphic novel erano rarefatti, mentre noi dovevamo riempire 90 minuti di film. Ma quasi tutto quello che accade, come il pomodoro che Berija mette in tasca a Krusciov, la registrazione del concerto e la deportazione dei medici, sono accadute davvero. Gli eventi più strani che vedete nel film sono tutti veri".
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So che Berlusconi sta cercando di tornare. Non vuole andare via, se ci fosse un olocausto nucleare lui sarebbe l'unico a sopravvivere.
Da Eizenstejn a Chaplin passando per i Monty Python
Morto Stalin, se ne fa un altro compie un'opera di umanizzazione in chiave grottesca di Stalin e dei politici che lo circondano. Personaggi che vivono in simbiosi nelle case fatte costruire dal dittatore, uniti dalla paura. "Stalin li costringeva a estenuanti cene, alle due di notte gli imponeva la visione di film western, tornavano a casa all'alba ubriachi. Li teneva sotto controllo. Bastava poco per essere svegliati in piena notte e arrestati dalla polizia". Per raccontare l'entourage del dittatore, Armando Iannucci si è circondato di un cast di altissimo livello. "Li ho scelti uno alla volta per ottenere il giusto mix. Ho iniziato da Simon Russell Beale che volevo nel ruolo di Berija, poi ho pensato a qualcuno di completamente diverso per Krusciov, che sapesse essere divertente, ma anche inquietante. Krusciov è partito come una specie di clown e poi è diventato il nuovo leader. Ho proposto il ruolo a Steve Buscemi. All'inizio era dubbioso, ma quando ha visto i video in cui Krusciov gesticola come gli italiani si è convinto". E poi ci sono i figli di Stalin, Svetlana e Vassili, due figure tragiche: "Svetlana ha lasciato gli Stati Uniti ed è finita in America. Ho parlato a lungo con Andrea Riseborough, lei ha letto l'autobiografia di Svetlana, abbiamo deciso di mostrarne la fragilità. Quanto a Vassili, morì alcolizzato poco dopo il padre".
Nel cast spicca, inoltre, la presenza di uno dei punti di riferimento di Iannucci, Michael Palin, ex Monty Python. "Adoro tutto quello che ha fatto, Brazil è il mio film preferito. Ero così felice di poterlo dirigere". I Monty Python sono un punto di riferimento per la comicità di Iannucci insieme ai primissimi film di Woody Allen e a Buster Keaton. "Mi piacciono le commedie di impatto visivo. Sono un grande fan dello standup comedian Billy Connolly, ma amo anche il naturalismo di Robert Altman, la sua capacità di mettere insieme tre-quattro storie e lasciare che prendano la loro traiettoria". Nella composizione delle inquadrature si nota anche l'influsso del cinema russo. "Conosco bene il cinema di Eizenstejn, non volevo copiare, ma mi sono ispirato per le scene corali. Un'altra fonte di ispirazione è Il grande dittatore, ho cercato di creare un equilibrio tra slapstick e ieraticità".
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Dopo la dittatura, la fuga nello spazio
Tra risate e terrore sommesso ("Ho cercato di ricreare nel pubblico il senso di ansia che si respirava all'epoca lasciando la violenza quasi esclusivamente nel fuori campo"), Armando Iannucci non vuole lanciare proclami, ma il senso del suo film è molto preciso: "Non pensate che ciò che vedete è accaduto nel passato. La storia potrebbe ripetersi, la democrazia non è perfetta e non è eterna, va curata come un fiore. Credo che la Brexit e la vittoria di Trump siano dovute al fatto che le persone non votano più, non pensano che sia importante, hanno perso la fiducia".
Archiviata la Russia, Armando Iannucci tornerà al piccolo schermo con una serie fantascientifica ambientata nel futuro, "sarà una commedia ambientata tra 40-50 anni su una nave spaziale, tratterà del turismo nello spazio". Interrogato sulla possibilità di raccontare la situazione politica italiana in una sua prossima opera, Iannucci si schernisce: "Non so se ho le competenze, ma aspetto con ansia il film di Paolo Sorrentino su Berlusconi. So che a marzo ci saranno delle elezioni molto importanti, tutto potrebbe cambiare, e so che Berlusconi sta cercando di tornare. Non vuole andare via, se ci fosse un enorme olocausto nucleare lui sarebbe l'unico a sopravvivere".