Morrison, Federico Zampaglione: "Questo film è come una canzone dei Tiromancino"

Morrison, il nuovo film di Federico Zampaglione parla di musica, raccontata da chi la vive da anni in prima persona, e di rapporti umani; Lorenzo Zurzolo può diventare una star.

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Morrison: un momento del film

"La musica ti può dare tanto, ma ti può anche togliere tutto". È una delle frasi chiave di Morrison, il nuovo film di Federico Zampaglione in uscita al cinema il 20 maggio, distribuito da Vision, e tratto dal libro scritto insieme a Giacomo Gensini nel 2017, Dove tutto è a metà. Morrison è un film che parla di musica, e di questi due aspetti, le discese ardite e le risalite, per dirla come Lucio Battisti. E di chi, per dirla come Zampaglione, grazie alla musica è in continuo movimento. Morrison è la storia di due destini che si uniscono: Lodo (Lorenzo Zurzolo) ha vent'anni e ha una band, i MOB, con cui si esibisce in un locale romano, il Morrison, in un suggestivo barcone sul Tevere. Un giorno Lodo incontra Libero Ferri (Giovanni Calcagno), rockstar one hit wonder, che ha fatto davvero successo solo una volta, con la canzone Di sale e di fuoco, e vive rinchiuso in una lussuosa villa piena di ricordi.

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Morrison: una scena

Federico Zampaglione, alla presentazione del film il 17 maggio, è molto carico, contento di tornare in sala e incontrare la stampa in presenza. Sembra rilassato, a suo agio, nel suo "chiodo" di pelle rossa, jeans neri e t-shirt di Mina. "Morrison è uno di quei progetti che è nato perché voleva nascere, come quelle canzoni che non scegli di scrivere ma ti arrivano" racconta. "Ero contento del libro. Durante le presentazioni con Giacomo Genzini tutti ci dicevano: dovete fare un film questi personaggi, viene voglia di vederli. Martha Capello e Ilaria Dello Iacono hanno comprato i diritti del libro e volevano fare questo film: con la mia manager mi hanno trasmesso il loro entusiasmo". Ma poi il film ha cominciato a muovere i primi passi in un momento molto difficile. "Abbiamo iniziato a girarlo il giorno prima che hanno chiuso tutto", racconta. "E lo abbiamo girato in un clima assurdo, un'atmosfera che avrebbe dovuto rovinare tutto il film. Invece si è creato un clima particolare: è come se fossi in guerra, con la tua truppa senti il rumore delle bombe, ma c'era una voglia di reagire".

Morrison, la recensione: Federico Zampaglione e il cinema, due destini che si uniscono

Federico Zampaglione: Lucio Dalla, Franco Califano e Pino Daniele i miei maestri

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Morrison: un'immagine del film

Il paragone tra un film nato da solo e una canzone che ti arriva quando vuole lei torna in mente più volte, vedendo il film, e torna anche nei discorsi di Federico Zampaglione. "Morrison fa riferimento a un immaginario che ho trattato molto spesso nelle canzoni, a certe storie d'amore" riflette. "Lo considero quasi più un'altra canzone dei Tiromancino che un'esperienza cinematografica come le altre". Morrison è un racconto del mondo della musica visto da dentro, da chi ne ha vissuto tutte le fasi e tutti gli aspetti, come il leader dei Tiromancino. "L'obiettivo principale del film è raccontare degli aspetti legati alle persone, gira intorno alla musica, i suoi colori, i suoi fumi, i suoi rischi e pericoli" racconta. "Io sono stato Lodo, dentro al furgone, col gruppetto di amici e le cannette, e con grandi aspettative, grandi sogni". "Andammo a Torino per un concerto, e non ci chiamavano sul palco. Ci chiamarono fuori e non c'era nessuno". Ma Federico, anche se non in maniera così evidente, conosce anche l'altro lato. "Ho avuto momenti di grande successo, e alcuni di buio" riflette. "Penso che ognuno di noi abbia avuto momenti sì e momenti no: se sei sotto i riflettori, il momento sì è più eclatante". "Ho vissuto certi momenti, attraverso questa band di matti, che arrivavano sul set e non si capiva più niente" racconta. "Nel delirio vedevo l'energia della giovane rockband: chi è più cazzaro, chi se la prende, chi fa le battute. Non li dovevo calmare perché se no mi andavo a perdere quella energia tipica delle band. E ho avuto anche io i miei maestri, Lucio Dalla, Franco Califano, Pino Daniele. E anche io mi sono trovato a fare i conti con una ragazza che mi gestisce un po' e di cui magari poi ti innamori, ma anche alcune cose della coppia adulta".

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Lorenzo Zurzolo: Federico Zampaglione mi ha regalato una chitarra

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Morrison: una scena

Il leader, in quella band di matti, è Lodo. Ed è interpretato da Lorenzo Zurzolo, che abbiamo apprezzato, in un ruolo più dark, nella serie Netflix Baby, e che già qualcuno etichetta come "nuovo Scamarcio". "Non c'entra niente, mi piace molto di più Zurzolo" risponde Zampaglione. "C'era bisogno di questo sguardo sospeso tra le nuove, dove passavano interferenze. Quando l'ho visto ho detto: ha la faccia giusta. Ma poi lui si chiedeva come fare, non sapeva cantare o suonare. Avevo una chitarra, e gli ho detto: te la regalo. basta che non la lasci in un armadio". La canzone dei Mob che sentiamo, Sotto, è sua. "A un certo punto l'idea più ovvia era far mettere la voce di un cantante e fargli fare il playback", svela Zampaglione, "ma è quanto di più falso si possa fare. Ha scritto un pezzo sulla scia della musica indie, in cui non servono voci stratosferiche, ma basta raccontarsi". "Per me è stata un'esperienza unica" racconta Zurzolo. "Suonavo il piano da bambino, ma quando mi ha regalato una chitarra, e a casa, da solo, in quarantena, da autodidatta ho iniziato a strimpellare qualche accordo. Una sera avevo bevuto una birra e ho scritto questa canzone. Mi sono appassionato alla chitarra e la strimpello ancora". Zampaglione ha portato Lorenzo in radio, gli ha fatto vedere dei video per capire come Lodo avrebbe dovuto muoversi.

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Morrison: una foto

Giovanni Calcagno: il mio Libero Ferri come Johnny Halliday

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Morrison: un'immagine

Così come a Giovanni Calcagno, che nel film è il suo mentore Libero Ferri, e in una scena gira un assolo di chitarra. Zampaglione (che l'assolo l'ha suonato lui) ha mandato dei video di Mark Knopfler, Eric Clapton (roba da niente, insomma) per fargli capire come muovere le mani. La canzone Di sale e di fuoco, invece l'ha cantata lo stesso Calcagno. "Il film parla del sapore bruciante del fallimento, del toccare il fondo" spiega. "Io, in un certo senso, ho iniziato toccando il fondo. Con la mia compagnia di teatro sperimentale andai a fare uno spettacolo in un palco di paese. Un amico di mio padre, mi disse: Calcagno, le posso dire qualcosa? Siete la vergogna del teatro mondiale! Questo significa partire da zero". Quanto alla musica, anche Calcagno ha iniziato a suonare, e a studiare il pianoforte quattro mesi fa. "Credo che la colpa sia di Federico", confessa. Quanto al suo personaggio, Libero Ferri, sono stati fatti tanti paragoni: Ligabue, Vasco Rossi, Biagio Antonacci. Ma più per lo stile della musica che per la storia di successi e insuccessi. "Sono paragoni interessanti" risponde Calcagno. "Ma, nonostante Libero venga dipinto come uno che ha vinto tanti dischi d'oro, è solo una la botta che si è sparato, una sola canzone. Non mi sono ispirato a nessuno in particolare: ci sono stracci di fallimento di decadimento che mi interessavano in certe figure. Franco Califano è un personaggio gigantesco in questo senso, e anche Johnny Halliday, a cui ho cercato di ispirarmi a livello fisico".

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Carlotta Antonelli: la mia Giulia, un personaggio incoerente

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Morrison: una foto del film

Accanto a questi uomini ci sono le donne. Che li amano, li supportano, e li sopportano. A volte li lasciano per troppo amore, altre per amore per se stesse. Giglia Marra è Luna, la compagna di Libero Ferri. "È il personaggio più dolce" commenta. "È molto innamorata di Libero, e cerca di farlo uscire dal suo guscio. È molto materna, è pronta ad aiutare gli altri, e con Lodo instaura un bellissimo rapporto". L'altro lato della medaglia è Giulia, interpretata da Carlotta Antonelli, la coinquilina di Lodo, che inizia una storia con lui. "Giulia è molto particolare" riflette l'attrice nota per Suburra e Bangla, che, tra cinema e tv, non sta sbagliando una mossa. "È molto bello vedere personaggi che non devono avere per forza un ruolo positivo, o storie con un lieto fine. Questa ragazza che vuole fare l'attrice ha un sano egoismo che le permette di smuovere le cose intorno a lei. E mi piace che, fino alla fine, resti un personaggio incoerente".

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Morrison: una sequenza

Federico Zampaglione: il fonico mezzo sordo esiste davvero

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Morrison: una sequenza del film

È la prima volta che Federico Zampaglione, al cinema, esce dal "genere". I suoi film (Nero bifamiliare, Shadow - L'ombra, Tulpa - Perdizioni mortali) erano state una commedia nera e poi due horror. Morrison si muove tra dramma e commedia, è un film vario come la vita. "È stato un po' diverso" ci conferma. "Nell'horror e thriller stabilisci un'atmosfera di partenza e l'unica cosa che ti interessa è che lo spettatore sia a disagio, con dei picchi, dei momenti di suspense. In un film come questo devi andare a 360 gradi: ci sono momenti in cui si ride, come all''interno del club Morrison. Il proprietario è la summa di tanti proprietari che ho conosciuto, che ti fanno suonare ma devi portare gente. Il fonico mezzo sordo che rovinava il concerto, ti staccava gli strumenti al improvviso, esiste davvero. Passare da questi momenti da ridere a momenti che magari ti anno riflettere, ti mettono di fonte alla durezza della vita è più difficile".

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Federico Zampaglione: il successo è effimero

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Morrison: una scena del film

Carlotta Antonelli parlava di lieto fine. Anche su questo, Federico Zampaglione ha qualcosa da dire, e non banale. "Una cosa che non mi piace quando guardi i film sulla musica è che il premio sia il successo" ragione il regista. "Io ho cominciato perché mi piaceva suonare la chitarra. Il successo è effimero e non lo puoi prevedere. Il fil finisce senza che nessuno abbia il successo, ma rutti sono consapevoli che non devono rinunciare alla loro passione". "Saper suonare uno strumento è qualcosa che appartiene a te" continua. "Il successo no: è una cosa che è nell'aria, a volta cade su di te, a volte altrove".