Recensione La ragazza che giocava con il fuoco (2009)

Se in Uomini che odiano le donne il personaggio di Lisbeth e l'interpretazione di Noomi Rapace erano apparse come la ciliegina sulla torta, qui fanno da salvagente ad un film che non riesce davvero a decollare.

Millennium atto secondo

Era destinato ad un pubblico televisivo ma il successo di Uomini che odiano le donne e della trilogia letteraria nata dalla penna dello scrittore svedese Stieg Larsson ha fatto sì che anche questo secondo capitolo cinematografico della saga Millennium arrivasse sul grande schermo. E così a soli sei mesi dall'uscita del sopracitato thriller che ha incassato cifre astronomiche per una produzione indipendente come quella messa in atto dall'allora esordiente Yellow Bird, casa di produzione cine-televisiva ad oggi tra le più grandi di tutta la Scandinavia, arriva nelle sale italiane anche il secondo atto della trasposizione su pellicola dell'opera che ha permesso al giallo made-in-Europe di tornare prepotentemente alla ribalta e di rifiorire.

Tornano protagonisti di questa nuova avventura nei meandri dell'alta società svedese i due pionieri della verità Mikael e Lisbeth, 'scomodo' giornalista d'inchiesta nonchè direttore della nota rivista Millennium e la ragazza dal passato funesto che odia talmente tanto gli uomini che odiano le donne da proseguire senza sosta il suo cammino verso la vendetta suprema nei confronti della sottospecie più becera del genere maschile, colpevole di aver messo in atto contro di lei una vera e propria persecuzione sin dai tempi dell'infanzia. E' passato più di un anno dalla conclusione vittoriosa del caso giudiziario che lo aveva visto coinvolto sia sul piano professionale che personale, Mikael Blomqvist è pronto a scatenare di nuovo il putiferio con la pubblicazione di un dossier sul mercato della prostituzione proveniente dal'Est Europa che coinvolgerebbe poliziotti, giudici, politici e persino le alte sfere dei servizi segreti. A supportare il dossier della redazione di Millennium anche la tesi di due giovani laureandi che vengono ingaggiati dalla rivista come consulenti esterni, ma poco prima di andare in stampa il ritrovamento dei loro cadaveri e di un terzo corpo senza vita collegato al caso fa sospendere il tutto e fa scatenare una caccia all'uomo, o meglio una caccia alla donna che odia gli uomini più di ogni altra cosa. Si tratta di Lisbeth Salander, la giovane hacker dal passato burrascoso considerata come un elemento pericoloso, le cui impronte sono state rilevate sull'arma dei tre delitti. Ma Blomqvist, che la conosce bene e sa che Lisbeth diventa violenta solo quando ha paura, è convinto che qualcuno stia cercando di incastrarla e decide così di avviare un'indagine personale sui nomi coinvolti nello scandalo provando contemporaneamente ad arrivare a Lisbeth prima della polizia. Le ricerche di Mikael porteranno a galla la verità ma anche tutto quello che di marcio c'è nel passato della ragazza, dall'infanzia passata in un istituto psichiatrico al violento rapporto con il padre, elementi che hanno scatenato in lei un rancore e una voglia di vendetta che non avranno mai fine...

È lei, Noomi Rapace alias Lisbeth Salander, la vera protagonista di questo secondo episodio della saga giallo-investigativa che si concluderà in primavera con l'uscita della versione cinematografica del terzo romanzo, La regina dei castelli di carta. Tornano le atmosfere torbide e perverse viste in Uomini che odiano le donne ma la narrazione della storia in questo secondo atto perde enormemente di lucidità. Il cambio alla regia da Oplev a Daniel Alfredson coincide con un cambio di stile narrativo da parte dello scrittore che sceglie di abbandonare la fluidità dell'azione, di spezzettare il racconto in tante piccole parti, di aumentare il numero dei personaggi senza mai preoccuparsi di semplificare i meccanismi che li coinvolgono nello stesso complicato intrigo, tutto per dedicare maggiore attenzione a nuovi cattivi, più brutti e inumani che mai, a scartoffie, colpi di scena e digressioni temporali che fanno rimpiangere lo stile asciutto, realistico e coinvolgente del primo capitolo. E la differenza si nota, in maniera quasi imbarazzante, dal fatto che il film inizia con un intento e finisce andando a parare da tutt'altra parte, senza mai dare dimostrazione di poter avere una vita propria, indipendente da un 'prima' e da un 'dopo'. Dai ritmi serrati del predecessore, che amalgamava sapientemente le storie dei singoli personaggi con lo spionaggio e con l'intrigo familiare che si andava dipanando sullo sfondo, si passa qui ad una storia che parte da uno scandalo sessuale che minaccia di far crollare l'intero sistema svedese e poi finisce per afflosciarsi col passare dei minuti implodendo in un'ossessiva ricerca di risposte nel passato di Lisbeth, tralasciando man mano tutto l'interessante viscidume che fino a quel punto aveva tenuto banco nel racconto.
Se in Uomini che odiano le donne il personaggio di Lisbeth e l'interpretazione di Noomi Rapace erano apparse come la ciliegina sulla torta, qui fanno da salvagente ad un film che spesso annoia e non riesce mai a decollare. Il suo volto tirato, l'espressione sofferente di chi è ansioso di scatenare la sua brutalità insieme alle contraddizioni e deviazioni del suo personaggio ci regalano ne La ragazza che giocava con il fuoco, le uniche emozioni degne di nota. Neanche le atmosfere e le ambientazioni sembrano più le stesse di prima, i cattivi sono al limite del pittoresco e si avvicinano più agli antieroi degli slasher americani degli anni '70 (su tutti vogliamo citare Non aprite quella porta, poi capirete il motivo...) che ai personaggi di un giallo-noir poliziesco ambientato nel nord Europa. Un passo indietro che fa 'orrore', che spesso confonde, che ingarbuglia l'ingarbugliabile e alla fine regala poche emozioni, tre morti, due feriti gravi e un finale fantascientifico. Speriamo vivamente che il terzo ed ultimo capitolo possa risollevare gli animi del pubblico e chiudere in maniera dignitosa tutta l'operazione.

Movieplayer.it

3.0/5