Quando qualcuno è un genio assoluto in ciò che fa, sembra che raggiunga risultati eccezionali senza sforzo. È la bellezza e il fascino dei grandi, quelli che, non soltanto grazie a tanto studio ed esercizio, ma a delle qualità che sembrano provenire da un luogo misterioso, quasi divino, riescono a brillare con un'intensità a cui altri non arriveranno mai. Nel campo della recitazione ci sono tanti interpreti eccellenti, ma pochi sono come Meryl Streep. Le basta un lampo nello sguardo, un impercettibile movimento delle labbra, per comunicare un'intera vita.
Non solo: è uno di quei rari "animali da set" in grado di affrontare qualsiasi genere senza essere mai meno che strepitosa. Dramma, musical, commedia, film in costume, biopic: ha fatto di tutto. Una grandezza riconosciuta anche dai suoi colleghi: in quasi 50 anni di carriera Meryl Streep è stata nominata all'Oscar 21 volte, vincendo tre statuette, per Kramer contro Kramer (nel 1980), La scelta di Sophie (1983) e The Iron Lady (2011).
Ma, come chi è veramente eccezionale, almeno apparentemente, è rimasta umile: quando le viene ricordato il numero delle sue candidature all'Oscar, Meryl Streep risponde: "Sono l'interprete più nominata, ma sono anche quella che ha perso di più". Non c'è da stupirsi quindi che al Festival di Cannes 2024, dove ha ricevuto la Palma d'Oro alla carriera, consegnata da un'emozionantissima Juliette Binoche (di cui l'attrice americana ha elogiato l'interpretazione in Il gusto delle cose, nelle sale italiane dal 9 maggio), si sia presentata alla masterclass in suo onore vestita "in modo austero", come l'ha definito lei stessa, perché ancora in hangover per i festeggiamenti della sera prima. Ripercorriamo quindi la filmografia di Meryl Streep che, attraverso il corso delle sue interpretazioni, non ha soltanto raccontato se stessa, ma anche la storia e l'evoluzione degli ultimi 50 anni di Hollywood. Come ha detto la collega francese a Cannes: "Grazie a te, Meryl, abbiamo cambiato il modo di vedere le donne al cinema".
Meryl Streep è anche una cantante
Se guardando Mamma Mia! avete pensato: "però, come canta bene Meryl Streep", non è soltanto perché, mediamente, gli interpreti anglosassoni studiano arte a 360 gradi. Nella giovinezza del premio Oscar ci sono infatti studi di canto, come ha ricordato nella masterclass di Cannes: "Ho studiato canto lirico, sono un soprano di coloratura. Poi al liceo ho cominciato a fare la cheerleader e a fumare. E me la sono rovinata. Ma comunque l'opera non fa per me: sono più rock'n'roll! Ma amo la musica e penso che il canto sia in comunicazione diretta con il cuore. Quando studiavo recitazione l'insegnante migliore che avevo era quella di canto. Ci ha fatto capire che cantare è in linea diretta con le emozioni, il cervello non è coinvolto. È solo melodia e sentimento. All'inizio del corso ci ha detto che, alla fine delle lezioni, tutti avremmo dovuto cantare una canzone importante per noi davanti agli altri e farli piangere. Io ho cantato Lonely at the Top di Randy Newman. Era una cosa ironica, perché all'epoca ero al verde!"
Meryl Streep è la regina degli accenti
Con il doppiaggio questo suo talento si perde, ma Meryl Streep è la regina degli accenti. Ha una grande abilità nel ripeterli. L'attrice spiega così questa predisposizione per gli accenti diversi: "Se avessi interpretato donne con l'accento del New Jersey per tutta la vita oggi non sarei qui. Davvero. Cambiare accento è un modo per espandere il proprio bagaglio di strumenti. Ognuno lo fa in modo diverso. Ho degli amici che sono attori fantastici ma hanno assolutamente bisogno di un dialect coach. Io l'ho fatto una volta, per un film australiano, ma l'ho trovato difficile. Lavorano così: sul set si siedono con delle cuffie e stanno lì a fare no con la testa tutto il tempo. Mentre recitavo sentivo la disapprovazione e mi chiedevo quale parola avessi sbagliato. È terribile, ti distrae. Per me è più facile lavorarci da sola. In passato, quando avevamo il telefono fisso a casa, se chiamava qualcuno da un call center con un accentro straniero, i miei figli dall'altra stanza mi dicevano: mamma, l'operatore viene dall'India? Perché gli stai rispondendo con un accento indiano! Per me è molto facile prendere l'accento degli altri. Ti permette di poter interpretare donne sempre diverse. Mi interessa molto interpretare donne che in apparenza sono completamente differenti da me, perché invece, nel profondo, sono come me. Ci somigliamo tutti molto di più di quanto non si pensi".
Il cacciatore di Michael Cimino: il film che ha cambiato la vita di Meryl Streep
Dopo gli studi di canto e tanto teatro, Meryl Streep è finalmente riuscita a farsi notare dal pubblico grazie a Il cacciatore di Michael Cimino. Uscita nel 1978, è come se la pellicola avesse acceso una luce sull'attrice, che ricorda così quell'esperienza: "Il mio ruolo è legato alla parte familiare del racconto. Il personaggio è una ragazza di una città di provincia e io stessa lo sono. Vengo dal New Jersey e dove sono nata diversi ragazzi sono andati in Vietnam e mai più tornati. Ha avuto un forte impatto sulle vite di tante persone. Quindi conoscevo le conseguenze sul quotidiano. Non avevo invece molto da dire sull'esperienza diretta del Vietnam. Michael Cimino mi disse di non sapere cosa avrebbe potuto dire questa ragazza, quindi mi ha chiesto di aiutarlo".
Lavorare con Steven Spielberg
Streep ha lavorato con Steven Spielberg due volte. La prima per A.I. - Intelligenza artificiale (2001), in cui doppia la Fata Turchina e la seconda in The Post (2017), in cui interpreta Katharine Graham, proprietaria del Washington Post. L'attrice ha solo parole di ammirazione per il regista: "È un genio. Ha una visione completamente chiara del film nel suo complesso. Ci sono registi più concentrati sull'interazione dei personaggi, mentre Spielberg segue il movimento dell'opera nella sua interezza. C'è chi aggiunge la colonna sonora e dà ritmo al girato dopo, al montaggio. Invece Steven ha già la canzone nella sua testa".
La mia Africa: lo shampoo di Robert Redford
A metà anni '80 Streep era sul set di La mia Africa di Sydney Pollack, uscito in sala nel 1985, con l'indimenticabile colonna sonora di John Barry, premiata con l'Oscar (una di sette statuette, comprese quelle per miglior film e regia). Ispirato all'omonimo romanzo autobiografico di Karen Blixen, tra le scene rimaste nell'immaginario collettivo c'è sicuramente quella dello shampoo nel fiume che il personaggio di Robert Redford fa alla protagonista. L'attrice ricorda che sul set erano stati avvertiti di stare attenti agli ippopotami, gli animali che, statisticamente, uccidono più esseri umani nel continente africano.
Quindi, al momento di girare la scena dello shampoo, Streep era preoccupata. Lo era anche Redford, che durante i primi ciak le toccava la testa in modo troppo delicato. È intervenuto allora il parrucchiere di fiducia del premio Oscar, che ha mostrato a Redford come fare. L'attore si è così impegnato che, come ha raccontato Streep: "Al quinto ciak mi ero innamorata di lui! In un certo senso quella è una scena di sesso. È un momento molto intimo. Sullo schermo vediamo così tante persone che fanno sesso ma non hanno quel tocco pieno d'amore. È stato fantastico. Alla fine mi ero anche dimenticata degli ippopotami!".
Meryl Streep e i ruoli femminili al cinema
Quando a essere intervistata è una donna, in qualsiasi campo, la domanda su come ci si senta a eccellere in un settore da donna è praticamente invitale. Streep non è soltanto un genio nel suo campo, ma anche un essere umano molto intelligente e ha spiegato come la differenza tra personaggi maschili e femminili non sia tanto intrinseca in loro, ma sia negli occhi di chi guarda.
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"Oggi le più grandi star del mondo sono donne. Anche se credo che Tom Cruise sia sempre la numero uno. È molto diverso da quando ho cominciato io. Anni fa le produzioni erano molto più interessate ad avere grandi star maschili. I film sono proiezioni dei sogni delle persone e anche i produttori hanno dei sogni. Chi decide di dare l'ok per un film ha dei sogni. Vivono le loro fantasie. Prima che in quelle posizioni degli Studios ci fossero donne, era molto difficile per gli uomini identificarsi in una protagonista donna. Per le produttrici esecutive donne invece non è difficile identificarsi in un protagonista uomo, perché ci siamo abituate. Per gli uomini è difficilissimo vedere un film attraverso gli occhi di una donna. Non è sempre un fatto di soldi: non lo capiscono. Il primo film che ho fatto per cui gli uomini sono venuti a dirmi che avevano capito perfettamente cosa avessi provato è stato Il diavolo veste Prada. Mi hanno detto: so come ci si sente a essere la persona che prende decisioni che nessuno capisce. Per me è stato affascinante. Nessun uomo guarda Il cacciatore e si identifica nella ragazza. Anche io posso guardarlo e immedesimarmi di più in De Niro, Walken Savage. Perché ci siamo abituati: parliamo quella lingua. È difficile per gli uomini mettersi davvero nei nostri panni".