Il mondo è solo un vecchio ricordo, una fotografia bruciacchiata dai toni rossastri. Dopo essere collassata su se stessa, la Terra piange sangue e ingoia sabbia, devastata in ogni suo angolo e abitata da sparuti gruppi di esseri disumani. Qui la gloria si misura in tacche di benzina, unità di misura glorificata da predoni spietati, affamati di taniche e nuovi veicoli buoni per saccheggiare, uccidere, violentare ancora. Questa è l'idea di inferno secondo George Miller, uno scenario nichilista che è quasi difficile chiamare post-apocalittico, perché preda di una catastrofe perennemente in atto, che si rinnova a furia di omicidi e abomini, che si nutre di cacciatori e di vittime.
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Una visione d'insieme profondamente critica e drammatica, nata nella mente di Miller nel 1979, avviata con Interceptor, il capostipite di una saga che ha conosciuto accelerate e lunghi stop, per poi tornare come un uragano imprevisto lo scorso anno, grazie all'anarchico Mad Max: Fury Road, il grande trionfatore dell'ultima notte degli Oscar con sei statuette nel bagagliaio. Se un regista torna su un progetto simile dopo 30 anni, non lo fa certo per cavalcare onde ormai placate, ma semplicemente perché ha ancora voglia di raccontare, bisogno di espandere una cosmogonia partorita alla fine degli anni Settanta e da allora arricchita e stravolta di film in film. Tra queste nuove appendici, assieme al vincente Fury Road, c'è anche un fumetto omonimo, un albo di oltre 140 pagine dedicato al passato di Nux, Immortan Joe, Furiosa e Max.
Pubblicato in Italia da RW Lion (e dalla DC Comics in America), il volume è stato supervisionato dallo stesso Miller, raccogliendo eventi fondamentali per il vissuto dei suoi protagonisti. Ve lo diciamo subito: non siamo davanti ad un volume che vuole sfruttare la visibilità di un blockbuster rivoluzionario, ma ad un fumetto coerente con l'universo narrativo immaginato da Miller e del tutto complementare alla pellicola, di cui analizza, scompone e viviseziona con maniacale meticolosità svariati elementi (psicologici e scenografici). Potrebbe risultare davvero difficile immaginare quel turbine di immagini che è Fury Road fisso su carta, quasi immobilizzato dalla gabbia, ma questa volta Miller non vuole andare di corsa, ma tirare il freno a mano; vuole farci accomodare nel suo teatro tribale e parlarci di quella società futura che è tornata indietro. E rimettere al centro dell'azione quella cosa preziosa che il film aveva sapientemente tralasciato: la parola.
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Della carta facemmo cenere
È il lontano 1999 quando il disegnatore Mark Sexton viene chiamato da Miller per lavorare al prossimo Happy Feet, ma prima di dare vita a pinguini ballerini tra ghiacci e canzoncine, in quello studio australiano inizia a sollevarsi un inesorabile polverone di detriti. Ben 16 anni prima dell'uscita di Fury Road, Miller e Sexton visualizzano un'altra apocalisse aggiornata con nuove follie: personaggi estremi, veicoli deliranti, ambientazioni fatiscenti. Ed è proprio in questo periodo che i due gettano le basi per il fumetto, un mezzo a cui riservare sottotrame secondarie ma importanti, vignette che avrebbero ospitato le origini di un intero mondo distrutto e dei suoi abitanti. Un aneddoto utile a capire quanto Mad Max: Fury Road sia parte integrante dell'immaginario poi riversato nei film, una storia cartacea talmente importante da essere stata condivisa con gli stessi attori durante la lavorazione della pellicola. E infatti, sfogliando le prime pagine dell'albo, è facile capire come al centro di tutto ci sia proprio il desiderio di tramandare miti, leggende, assieme all'esigenza di fare dell'oralità un prezioso alleato per la libertà umana. Ogni episodio del fumetto, ambientato anni dopo la fine della dittatura di Immortan Joe, si apre con uno dei Custodi, saggi completamente tatuati con nomi di persone e vicende antiche, che educano gruppi di giovani attraverso racconti dei tempi che furono, dedicati agli eroi passati e mai dimenticati.
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Se a Nux bastano poche pagine per essere ricordato come un testardo sopravvissuto, Immortan Joe è l'individuo perfetto per comprendere la fine del vecchio mondo e l'inizio del nuovo. Così, la sua lenta e faticosa salita verso il potere assoluto ci parla di un Colonello sempre mascherato in grado di riorganizzare una realtà secondo una sua spietata logica. In questo senso Mad Max Fury Road si presenta come un interessante spaccato sociologico, dove vengono spiegate le ragioni dietro comportamenti irrazionali, le radici del fanatismo, il riassetto illogico ma funzionale su cui è stato fondato il nuovo mondo. Chi è il Mangiatore di Uomini? A cosa serve Gastown? Tutte domande che trovano risposta, perché per Miller anche il più piccolo e insignificante degli oggetti ha una storia tutta sua. Sì, anche il mitico volante utilizzato come feticcio sacro, così come ogni singolo, strambo ornamento di ognuno dei veicoli apparsi nel film. Ecco come mai appare tutto così arrugginito: ogni cosa ha un passato, un vissuto evidente, un segno del tempo da esibire a tutti costi.
Cultura Furiosa
Non solo fuoco e sangue, dunque. Soprattutto parole, il che non rende Max e Furiosa due personaggi più loquaci del solito. Non a caso ci sono più battute in trenta tavole del graphic novel rispetto a tutti i roboanti 120 minuti del film; un dato confermato anche da un fatto curioso: qui leggiamo di assedi, di duelli, scontri e fughe, ma c'è un solo inseguimento tra autovetture. L'attenzione è posta sulle memorie di un narratore onnisciente, testimonianze di un passato pieno di errori da evitare in futuro. Il racconto è dunque un monito per le generazioni che verranno, nei cui occhi non si sono ancora spente le gesta mitiche di Furiosa e Max, eroi diversi e ammirabili. I due capitoli dedicati a Max non solo fanno luce su alcune sequenze poco chiare del film (non vi diciamo altro), ma trovano anche il modo di citare i momenti fondamentali della trilogia originale, oltre a mostrarci cosa sia successo a Max nel tempo trascorso tra Mad Max oltre la sfera del tuono e Fury Road. Gli autori di questo fumetto dal tratto ruvido e molto ben dettagliato, ci mostrano un personaggio costretto alla triste ripetizione di un infame destino. Come condannato a vivere in una Thunderdome personale, Max vive la sua una pena ciclica, fatta di lutto e di dolore perenne.
Ed ancora una volta è Furiosa a rubargli la scena; l'eroina silenziosa che questa volta non corre per le strade come Max, ma controlla e gestisce l'harem del balordo Immortan Joe, proprio lì, nel suo nido oscuro dove imprigiona le sue Madri destinate a preservarne la stirpe. Furiosa guarda, osserva, assorbe, mal digerisce quello che è costretta a vedere. E l'arma in più di queste donne-prigioniere, più efficaci di tenaglie e fucili a canne mozze, è ancora una volta la sete di sapere, perché è la fame di conoscenza a destare le coscienze, è la conoscenza che "trova il modo di accendere il dissenso". È forse questo il messaggio più bello di Mad Max Fury Road, un fumetto necessario per studiare la genesi di quella mitologia apocalittica immaginata da Miller. Da "ammirare" e ora anche da leggere. Perché, anche dopo la fine del mondo, non ci resta che partire dalle storie, dalla ricchezza della loro condivisione. Ovvero tutto quello che abbiamo per tornare ad essere umani.
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