Il marketing cinematografico. Croce e delizia di ogni major o casa di distribuzione alle prese col piazzamento di un film. Come far sì che una data pellicola possa arrivare a incuriosire il maggior numero di persone? Come si vende ai quattro, differentissimi angoli del globo un blockbuster "made in America" da 200 milioni di dollari di budget?
Spesso e volentieri, e non ce ne vogliano gli addetti ai lavori, ci sono dei marchi che tendono a vendersi da soli a prescindere dalla pubblicità che viene fatta. Prendiamo il nuovo cartoon di Super Mario. Prendiamo l'ultima produzione Marvel Studios arrivata nelle sale, Deadpool & Wolverine. Non che Universal e Disney non abbiano speso tonnellate di dollari per pubblicizzarli, sia chiaro, ma se hai fra le mani un buon lungometraggio pop come quelli citati che hanno "solo" a che fare con la più nota icona videoludica di sempre e due personaggi della Casa delle Idee interpretati da due delle star più adorate (e intelligentemente attive sui social) di sempre ci vorrebbe davvero una "scienza del non saper fare le cose" per non incassare miliardi di dollari.
Tuttavia specie chi, magari, è più a contatto con questo mondo, non può non notare che, in ogni dove, fra influencer marketing a caso e discutibili attivazioni promozionali, talvolta pare che quelli che devono "vendere" un film non siano perfettamente a conoscenza del fatto che un qualsiasi lungometraggio è qualcosa di differente dalla commercializzazione delle patatine fritte al gusto lime e paprika. Tanto, a prescindere da come si spendono i soldi del marketing, poi rientreranno quasi sicuramente dalle casse del cinema, quindi è comunque una win win situation. Poi però ci sono i film che non rientrano nella categoria delle produzioni fantamilionarie delle major, pellicole drammatiche, comiche o horror che devono farsi strada col sudore, con i pugni e con sagacia in un mercato theatrical dove, a trovare spazio, sono ormai quasi esclusivamente solo i grandi tentpole. Emblematico in tal senso il recentissimo caso di Longlegs.
Come ti vendo un mostro
Che poi non è che anche le grandi major non sappiano usare il pensiero laterale, ci mancherebbe. Da quando, agli albori di internet, The Blair Witch project - Il mistero della strega di Blair ha cambiato per sempre le carte in tavola del "come si vende un film", ci sono stati svariati casi di viral o guerrilla marketing degni di nota. In più di un'occasione erano operazioni collegate a un qualche progetto prodotto da J.J. Abrams, e basterebbe citare Cloverfield. Oppure la memorabile campagna di Alternate Reality Game "Why so serious" orchestrata dall'agenzia di Burbank 42 Entertainment per il lancio del Il cavaliere oscuro (che oltre a pubblicizzare il cinecomic ha anche aiutato lo stesso Christopher Nolan a diventare un brand a sé).
In tempi più recenti, la Paramount ha spinto Smile e relativo seguito facendo comparire delle persone inquietanti e sorridenti mescolate al pubblico di trasmissioni televisive o in mezzo agli spettatori degli stadi americani. Poi quest'anno c'è stato il caso di Longlegs, il thriller horror di Oz Perkins con Nicolas Cage e Maika Monroe. Dieci milioni circa di budget e 110 d'incasso globale. Distribuito negli Stati Uniti da NEON è riuscito a stabilire un primato, precedentemente in mano ai 53 milioni di dollari di Parasite, diventando la pellicola dal box-office più ricco mai portata nelle sale dalla compagnia. Come è stato possibile? Con un mix d'inventiva e investimenti mirati. E tenendo il più possibile nascosto il look del killer satanico interpretato dall'iconico Nicolas Cage.
La lezione di Steven Spielberg
Il primo spezzone di Longlegs che Oz Perkins ha mostrato a NEON era quello con il reveal del personaggio di Nicolas Cage. Tom Quinn, il boss di Neon, ha subito capito di avere una bomba pronta a esplodere al botteghino proprio perché la follia (anche estetica) di un personaggio come quello di Dale Kobble AKA Longlegs poteva essere maneggiata adeguatamente solo da un "pazzo" come Nicolas Kim Coppola in arte Cage.
Se avete visto il film sapete bene di cosa stiamo parlando. Il volto di una delle star più riconoscibili del globo è trasformato e quasi deformato dal trucco, dalle protesi, dalla parrucca. Un look da star del rock in là con gli anni e con qualche bagordo di troppo alle spalle. Poi c'è la voce in falsetto, che borbotta frasi e invocazioni a Satana. Seguite magari da un grido. Roba che scotta anche per un attore che, dai blockbuster ai film più trash, non si è mai tirato indietro di fronte a nulla. Una performance che, nei materiali promozionali, è stata quasi interamente ignorata. Tenuta nascosta il più possibile. Come Lo squalo nel film di Steven Spielberg, uno dei protagonisti più elusivi della storia del cinema pop.
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Inquietanti trailer e billboard economici
Per intercettare il pubblico, Tom Quinn e la sua NEON hanno attuato una strategia di marketing che ha disseminato indizi, alcuni dei quali molto inquietanti e criptici, nei mesi che hanno preceduto l'uscita di Longlegs. Una campagna che ha sostanzialmente bypassato i media più tradizionali come la televisione concentrandosi, proprio come The Blair Witch Procect cinque lustri fa, su tutte le diramazioni del web e qualche acquisto mirato su Hulu e Amazon. Lo scopo era alimentare lo sviluppo di teorie sui social, da Reddit a TikTok.
Diffondendo online video promozionali come questo:
o questo:
Molto saggio, da parte di Neon, l'aver scelto di acquistare a LA dei billboard su La Brea nei paraggi dell'Olympic più che sulla più glamour Sunset Boulevard. Il perché è facilmente intuibile. Un billboard su Sunset Boulevard può arrivare a costare anche 250.000 dollari. Su La Brea 7000. Questi cartelloni non indicavano il titolo del film. Veniva riportata una data di uscita che accompagnava dei dettagli parziali del volto del personaggio di Cage, sempre seguendo il mantra de Lo squalo.
C'era però un numero di telefono. Chiamandolo, si veniva accolti da un messaggio dello stesso Longlegs. Che diceva "Eccola lì, la quasi festeggiata. Come ti chiami? Piccolo angelo". La frase che Longlegs dice alla commessa della ferramenta durante il reveal del suo volto. Christian Parkes, il capo del marketing NEON, raconta con soddisfazione che "Le persone hanno iniziato a fare scherzi ai genitori, mandando messaggi come: 'Ehi mamma, ho appena cambiato numero. Puoi chiamare e controllare se funziona?'". NEON ha ricevuto più di 1,5 milioni di chiamate da oltre 60 paesi. Da un solo cartellone, costato qualche migliaio di dollari.
L'approvazione di Nicolas Cage
Naturalmente per far sì che si potesse davvero inaugurare una campagna promozionale di questo genere, era fondamentale che l'interprete di punta del lungometraggio, Nicolas Cage, fosse d'accordo. Pur prescindendo da considerazioni di carattere monetario, non sempre una star è disposta a mettersi da parte nella promozione di un suo lavoro, a maggior ragione se si tratta del nome di punta. Ma nulla è mai ovvio e scontato con Nicolas Cage. Tom Quinn e Christian Parkes si sono rivolti al diretto interessato. Durante un meeting gli hanno descritto il concept alla base dell'attività promozionale.
Come sono andate le cose lo spiega Parkes all'Hollywood Reporter a cui svela che "Nick ha iniziato dicendoci: 'Ho capito bene? Volete nascondere la mia magnifica e grottesca figura fino alle fasi più avanzate della campagna?'". Chi ama alla follia l'attore può benissimo immaginare mentre esterna una frase del genere. Parkes prosegue aggiungendo che "Io ho risposto: 'In realtà Nick non vogliamo mostrarti affatto'. Si è appoggiato indietro sulla sedia e ha sorriso. In quel momento abbiamo capito che avevamo il suo consenso".
Una nuova icona del cinema horror stava per nascere. Certo, quello che NEON ha orchestrato per Longlegs è troppo "su misura" per rappresentare uno standard applicabile altrove. Ma è la dimostrazione che per pubblicizzare un film, anche oggi dove le informazioni e le immagini corrono esponenzialmente più veloci di un tempo, sì può essere più creativi e d'impatto rispetto ai soliti e banali spot e trailer o rispetto al coinvolgimento d'influencer che ieri sono stati pagati per parlare di biscotti, oggi di un film e domani di chissà che altro.