Specifichiamolo fin da subito, questa recensione di L'immortale non contiene spoiler sul finale del film, né tantomeno su quella che sarà la quinta stagione di Gomorra - la serie. Una cosa però possiamo dirla: di certo questo film aumenterà la vostra attesa dei nuovi episodi: un'attesa, ahinoi, destinata però a durare ancora lungo, visto che bisognerà aspettare fino al 2021.
Non sarebbe stato forse più saggio, a questo punto, far uscire questo L'immortale direttamente nel 2020, più a ridosso del ritorno in TV della più importante serie italiana? Proprio questa lunga attesa è forse l'unica vera critica che ci sentiamo di muovere ad un'operazione commerciale coraggiosa e, se vogliamo, anche rivoluzionaria: non ci viene in mente nessuno show, nemmeno tra quelli d'oltreoceano e di enorme successo e richiamo internazionale, che abbia volutamente "costretto" il proprio pubblico a riversarsi in massa in sala pur di conoscere il prosieguo della serie. E, soprattutto, per capire quale sia stato davvero il destino di un personaggio dato ormai per morto da chiunque.
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Una trama tra presente e passato, che cambia il futuro della serie
In realtà la cosa si fa ben più complessa, se consideriamo che il personaggio di Ciro Di Marzio sarebbe morto già da un'intera stagione. E in Gomorra - La serie chi muore (e sono tantissimi), di norma resta morto. Ma Ciro il soprannome di Immortale se l'è guadagnato per una ragione, e infatti in un primissimo flashback scopriamo che, già da neonato, era sopravvissuto all'impossibile: un intero edificio gli è crollato addosso durante il terribile terremoto del 1980. Cosa volete quindi che possa mai essere un proiettile sparato da suo "fratello" Genny? Ciro è quindi vivo, davvero, e ovviamente questa rivelazione (già annunciata dai trailer) avrà un'importanza vitale per il futuro dello show.
Ma prima ancora di sapere cosa accadrà, dobbiamo scoprire cosa è stato di Ciro durante gli avvenimenti della quarta stagione. Ad inizio film, Ciro riemerge dalle acque del golfo, ferito ma miracolosamente sano e salvo; pronto a consolidare ancora una volta la sua fama. Ma a Napoli non può certo rimanere ormai, ed è così che, in assoluto segreto, vola verso Riga, Lettonia, per cominciare una nuova vita. Quello che Ciro non sa è che ad aspettarlo lì non ci sono solo nuove persone pronte a eseguire i suoi ordini, ma anche il suo passato. L'Immortale si troverà a ripensare a quel che è diventato, a quel che ha perduto e soprattutto a quella che è stata la sua unica vera compagna fin da bambino: la Morte. Non per lui, ma per coloro che gli sono stati vicino, fin da quando era piccolo. Immortale lo è sempre stato, così come un piccolo grande delinquente; una vittima del sistema, della povertà ma soprattutto dell'ambizione e di cattivi consigli. Un uomo sempre più solo, destinato a non trovare pace.
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Marco D'Amore e Ciro Di Marzio, un legame immortale
L'immortale è un film importante, non solo perché ha il coraggio di portare avanti e senza paura il discorso della serialità sul grande schermo, ma anche perché segna l'esordio alla regia di Marco D'Amore. Ovvero proprio quell'attore che, dal 2014, è riuscito ad entrare nel cuore e nelle grazie degli italiani con un personaggio, quello di Ciro Di Marzio, palesemente cattivo e spietato, che non si è fatto mai nessuna remora nell'uccidere chiunque si sia messo sul suo cammino.
Ma il fascino dell'Immortale risiede proprio nella capacità di D'Amore di riuscire a trovare l'umanità anche dove sembrerebbe non essercene alcuna, e questo esordio alla regia va esattamente nella stessa direzione, ne rappresenta anzi il naturale step successivo. D'Amore, la cui formazione teatrale è evidente in moltissimi aspetti, non solo dimostra di non essere stanco del suo personaggio, ma nemmeno spaventato dalla sempre maggiore e inevitabile identificazione e sovrapposizione da parte del grande pubblico.
Ciro è ormai definitivamente e totalmente parte di Marco, ed è chiaro che in questo modo il risultato finale non può che essere molto positivo. Anche dal punto di vista squisitamente registico, con uno stile e una messa in scena perfettamente coerenti con gli alti standard a cui siamo stati abituati dalla serie. I fan dello show potranno quindi uscire dalla sala soddisfatti. Anche se non possiamo che porci un'ultima domanda.
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Del fare di un film un vero e proprio evento
Si poteva fare di più? La domanda é legittima e la risposta è positiva. Perché se è vero che dal punto di vista produttivo e strategico l'esperimento è molto riuscito e apprezzabile, dal punto di vista filmico si poteva fare ancora di meglio. Non perché manchi la qualità, ma perché forse è mancato quel pizzico di coraggio in più proprio in fase di sceneggiatura. L'alternanza tra passato e presente funziona, ma di fatto non aggiunge poi tantissimo (se non molte, affascinanti sfumature) ad un personaggio che conoscevamo tutti già molto bene. Manca forse un po' di sostanza, mancano degli sviluppi narrativi davvero fondamentali (se non, ovviamente, la "resurrezione" però già ampiamente anticipata dai trailer). Mancano anche, volendo guardare il film con l'occhio di uno spettatore abituale, dei legami ancora più forti con la serie originale, quegli elementi che molti, in modo dispregiativo, definirebbero da "fanservice", ma che possono contribuire a far diventare un'opera di questo tipo ben più essenziale.
Il film ha anche un altro difetto, ossia la la scarsa originalità di quello che racconta. La storia ambientata nel presente non è nulla di troppo differente da quanto già visto in molte altre occasioni nella serie (tra cui anche nel famoso e bellissimo episodio in Bulgaria tutto dedicato a Ciro); mentre quella in flashback sugli anni '80, novità assoluta per uno show che non si è mai guardato indietro, paga lo scotto di arrivare dopo l'ottimo La paranza dei bambini (sempre tratto da un libro di Roberto Saviano) che però gli è di gran lunga superiore sotto ogni aspetto. Non sono difetti gravi, non sono aspetti che fermeranno i fan della serie che, giustamente, si riverseranno in sala per vedere il ritorno del loro beniamino. Ma sono "peccati" che fanno la differenza tra un ottimo progetto e prodotto commerciale e un'opera artistica veramente degna di essere chiamata immortale.
Conclusioni
Abbiamo chiuso questa recensione di L'immortale sottolineando come ci sia una certa disparità tra il coraggio e l'ambizione del progetto dal lato produttivo/distributivo e quello invece narrativo/filmico. L'opera prima di Marco D'Amore avrebbe chiaramente potuto osare di più, proporci qualcosa di ancora più differente, ma si accontenta invece di regalare agli spettatori un film-ponte, comunque di qualità, tra la quarta e la quinta stagione. L'esperimento è comunque più che riuscito e potrebbe, addirittura, fare da apripista ad un nuovo modo di intendere la serialità.
Perché ci piace
- Marco D'Amore firma una regia solidissima e all'altezza delle aspettative, ulteriore conferma del suo talento e della sua intelligenza.
- Il personaggio di Ciro è già da tempo iconico e amatissimo, questo film non fa altro che amplificarne il fascino.
- L'ultimissima scena esalterà ed emozionerà i fan dello show...
Cosa non va
- ... peccato però dover aspettare ancora a lungo prima della quinta stagione.
- Sceneggiatura poco originale: non aggiunge molto né al personaggio di Ciro né alla storia di Gomorra - la serie, e forse qualche richiamo in più a personaggi storici avrebbe comunque fatto piacere ai fan di vecchia data.