Durante la recente edizione di Europacinema, la regista scandinava ha partecipato ad un incontro nell'ambito delle 'Lezioni di cinema' viareggine, subito dopo la proiezione del suo lavoro L'infedele del 2000.
Buongiorno Sig.ra Ullmann. Lei è una grande attrice, oggi splendida regista. Come definisce lei il suo rapporto con il cinema? Liv Ullmann: Il mondo in cui viviamo è senza dubbio un posto insicuro, anche se cerchiamo e cercano di nasconderci tutto questo. Il cinema è l'unico posto in cui però è possibile vederlo per come è realmente, in cui ci viene mostrata la realtà di tutti i giorni. Ovviamente non sto parlando dei grandi colossal hollywoodiani, ma dei piccoli film indipendenti. E questo non vale solo per oggi; quando da giovane vidi per la prima volta i film di Vittorio De Sica, Umberto D., Ladri di biciclette, il mio mondo cambiò completamente, io stessa sono stata cambiata. I film di De Sica mi hanno insegnato quindi che il cinema può cambiare, almeno un poco, il mondo.
Sta per girare un nuovo film tratto da "Casa di bambola" di Ibsen, dramma che peraltro lei ha già portato in scena recitando a Broadway. Ci può parlare di questo progetto?
Liv Ullmann: Si, è vero. Sto per girare Casa di bambola. La sceneggiatura di questo film è basata su tutte quello che so a proposito di essere una donna. La protagonista è infatti una donna che improvvisamente compie delle scelte, cosa che prima non aveva neanche mai tentato in vita sua. Una splendida figura di donna. Spero di poter girare la prossima estate, con un nuovo produttore, ma non sarò nel cast. Non penso infatti che la regia e la recitazione possano andare d'accordo. Questo perché il regista deve costruire il personaggio sull'interprete, ma questo è possibile farlo solo se guardi il tutto da lontano, da dietro la macchina da presa.
Sono molto affezionata a questo dramma perché l'ho recitato io stessa 30 anni fa a Broadway. Dovete immaginarvi il periodo, in piena liberazione sessuale della donna. Ogni volta che comparivo sul palco venivo acclamata dal pubblico, mentre quando compariva l'attore che interpretava mio marito cominciavano gli urli e i fischi. Poi una sera sul palco lui si fece male ad una caviglia. La recita dopo si presentò appoggiandosi ad un bastone e il pubblico non lo fischiò né acclamò me: non piaceva a nessuno che la protagonista lasciasse il marito quando quello si doveva appoggiare ad un bastone per stare in piedi. Beh, la settimana dopo si presentò in scena con due grucce....(Ride).
Lei ha anche un'esperienza di scrittrice, con ben due libri pubblicati. Pensa di scrivere presto un nuovo libro? Liv Ullmann: Ho una figlia di 35 anni e lei è una scrittrice stupenda. Io sono un'attrice e una regista. Penso quindi che lascerò la scrittura a lei.
Il regista italiano Mauro Bolognini, con cui lei ha lavorato, l'ha ricordata nei suoi ultimi giorni come la più grande attrice con cui avesse mai lavorato. Ci può dire cosa pensa e ricorda di questo regista? Liv Ullmann: Penso che Mauro Bolognini mi ricordi Ingmar Bergman, perché aveva una grande conoscenza del film e degli attori. Mi ha dato una delle parti più interessanti della mia vita, perché questo film combina la storia di due persona con la "Storia". Bolognini aveva un grande rispetto per gli attori e una grandissima professionalità. Mi dispiace che abbia sofferto e mi manca molto.
Ho notato che tra i personaggi de L'Infedele tornano nomi già usati da Bergman nei suoi film. Pensa che sia una coincidenza o che questi siano gli stessi personaggi già visti in passato? Liv Ullmann: Bergman ama usare gli stessi nomi per personaggi diversi, ma non credo che questi ultimi abbiano un legame fra loro. Io penso che in verità tutti i caratteri siano solo una sfaccettature di Bergman stesso, una sorta di sua alter ego. Forse è per questo che lui è tanto geloso delle sue sceneggiature. Infatti abbiamo avuto un contrasto per questo film, perché io pensavo che ci dovesse un momento di perdono, una sorta di assoluzione, ma lui non ne voleva sapere. Alla fine l'ho messo ugualmente, anche se in modo simbolico. Lui ha protestato, ma io ho risposto "Il regista sono io" (Ride). Tra l'altro l'attrice che interpretava Marianne aveva appena divorziato dall'attore che interpretava suo marito. Lui soffriva molto per questo. Anche per questo il film è stato molto vicino alla vita reale.
Lei ha detto che regia e interpretazione insieme non possono coesistere. Cosa ne pensa allora di Clint Eastwood e del suo ultimo film? Liv Ullmann: Clint Eastwood è una grande eccezione. Ho trovato Million Dollar Baby un bellissimo film e la sua interpretazione è fantastica. Anche Barbra Streisand riesce a dirigere se stessa. Lo stesso vale per Woody Allen, anche se in realtà lui recita sempre sé stesso. Quello che dico non è che non possibile dirigere e recitare, è che io non lo potrei fare. Allen per esempio è un genio, come lo è Bergman. Mi ricordo che quando recitavo Casa di bambola a Broadway Ingmar venne in America per vedermi. Quando Allen lo seppe mi pregò di organizzargli un incontro. Venne deciso che saremmo andati a cena nella suite di Bergman. Allen venne a prendermi dopo lo spettacolo, andammo all'hotel e bussammo alla porta della camera. Ci aprì Bergman. Si guardarono negli occhi. Io e la moglie di Bergman cominciammo a chiaccherare di cose futili durante la cena e questi due continuavano a gettarsi occhiate, come a dire " Tu mi capisci". Beh, non si sono scambiati una parola durante tutta la serata, mentre io e la moglie di Bergman parlavamo delle polpette per riempire il silenzio. Quando la cena finì Allen mi riaccompagnò a casa e al momento di lasciarci mi disse "Grande per la fantastica serata". Io rientrai e suonò il telefono. Era Bergman che voleva ringraziarmi per aver organizzato quella fantastica serata. E non si sono detti una parola! Ma nessuno ci crede mai.(Ride)
Lei ha lavorato molte volte diretta da Bergman. Che metodo di lavoro aveva lui con gli attori? Liv Ullmann: E' molto importante per Bergman con chi lavora, perché quando scrive una sceneggiatura ha già presente una faccia per il personaggio. E' incredibilmente professionale. Non crede nelle prove, preferisce la freschezza, tanto che spesso dà buona la prima. Gli attori hanno libertà assoluta per quanto riguarda lo stile da usare nell'interpretazione, devono trovare il personaggio dentro di loro, ma non possono chiedere spiegazioni. Per questo motivo professionalmente non andava d'accordo con Ingrid Bergman; lei era una donna piacevolissima, una grande attrice, ma continuava a fare domande sul suo personaggio. Mi ricordo che ci trovammo insieme sullo stesso set dirette da Ingmar. Io interpretavo sua figlia e lei era una madre lavoratrice. Ad un certo punto io dovevo scatenarle addosso un'invettiva tremenda, su come mi avesse trascurato e come mi avesse rovinato la vita. Quattro fogli di monologo! E lei doveva rispondermi "Per favore, amami. Per favore, abbracciami". Io pensavo che era una parte bellissima, questa donna che veniva trattata così e lo stesso amava la figlia con tanta dolcezza. Ma al momento di girare quelle battute, Ingrid disse di non esserne capace. Secondo lei non aveva senso, perché chiunque di fronte ad un trattamento simile avrebbe dato un ceffone alla figlia e l'avrebbe piantata lì. Lei e Ingmar uscirono e sentimmo le urla. Eravamo preoccupati, convinti che il film fosse bloccato per sempre. Poi tornarono. Ovviamente il Genio aveva vinto e Ingrid disse la sua battuta, ma con una faccia... la faccia di tutte le donne che devono giornalmente ingoiare e che abbassano la testa, ma in fondo al cuore sono piene di rabbia. E difatti per quella interpretazione Ingrid ottenne una nomination all'Oscar.
Lei, fra tutte le attrici che hanno lavorato con Bergman, è riuscita ad imporsi su tutte le altre. Ha infatti interpretato moltissimi suoi film, fino ad arrivare a dirigere due film sulla base di sue sceneggiature. Come definisce il suo rapporto con Bergman? Liv Ullmann: Sono molto fortunata ad aver lavorato con un genio simile. Era una cosa per me inconcepibile come fosse potuto succedere tutto questo. Alla fine ho chiesto a lui la ragione di questa mia fortuna, di questa lunga collaborazione con lui, che non scordiamolo è un genio. Beh, lui mi ha risposto: "Liv, ma non capisci che tu sei il mio Stradivari?"