C'è l'amicizia tra due bambini che diventano uomini (Alessandro Borghi e Luca Marinelli), c'è il rapporto conflittuale con il padre prima respinto, poi capito con gli anni e infine perdonato, c'è la montagna e il bisogno di tornarci sempre per quel desiderio primordiale di riconnettersi alla terra. E poi c'è la coppia di registi (nella vita e sul set) di Alabama Monroe, Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, che hanno imparato l'italiano, si sono trasferiti sulle Alpi per otto mesi e successivamente sull'Himalaya per scalarne le cime con un'intera troupe cinematografica. È così che è nato Le otto montagne, il film basato sull'omonimo romanzo Premio Strega di Paolo Cognetti, che dopo il Premio della Giuria allo scorso Festival di Cannes arriva in sala dal 22 dicembre distribuito in 400 copie da Vision Distribution. "Un vero gioiello" lo definisce l'amministratore delegato di Vision, Massimiliano Orfei, che assicura "avrà una campagna di lancio da film delle feste, abbiamo deciso insieme a Mario (n.d.r. Gianani, produttore) di dargli il corridoio più importante dell'anno, quello del Natale per dare il nostro contributo al ritorno del pubblico in sala e offrirgli il nostro migliore cinema".
Riportare il pubblico in sala
La pensa così anche Alessandro Borghi, che ne Le otto montagne interpreta Bruno: "Tutti i giorni guardo la pagina di Cinetel sperando che succeda qualcosa di incredibile e non succede. Credo che invece questo film abbia tutte le caratteristiche giuste per portare un amante del cinema e non solo ad avere la voglia di alzarsi da casa e andare in sala. Vedere un film in 4:3 sull'iPad non deve essere una grandissima esperienza. Sono innamorato del cinema, prima da spettatore che da attore, vivo di cinema appena posso. Il tempo libero che ho lo dedico a sedermi lì in mezzo ad aspettare che si spengano le luci per godere di un'esperienza che per me è irripetibile e unica. Con il Covid probabilmente molte persone si sono rese conto di non aver più tanto bisogno del cinema perché deve aver pensato 'se non ci sono andato per due anni, forse posso pure continuare a non andarci'. No, non è così e bisogna sfamare la voglia di andare al cinema che c'era prima del Covid e farla tornare una realtà". E non è diverso per Luca Marinelli (Pietro): "Il cinema è l'habitat naturale di un film. Ricordo tutti quelli che ho visto al cinema, perché è un'esperienza di condivisione pazzesca, sia nel bene che nel male".
Le otto montagne, la recensione: trovare se stessi tra le cime innevate
Un romanzo epico: la scelta dei registi
A convincere Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch a vivere in un camper a due mila metri d'altezza alla ricerca dell'idioma giusto setacciando i villaggi della Val d'Ayas, è stata la potenza del romanzo di Paolo Cognetti, "una storia che ha le qualità dell'epopea e che riflette la ricchezza della vita di ciascun essere umano". "Il libro è venuto verso di me in modi assolutamente diversi, che mi hanno spinto a pensare che non potevo sottrarmi all'idea di fare questo film. Ne avevo sentito parlare, l'avevo acquistato, poi lo avevo messo da parte", racconta Van Groeningen. Almeno fino a quando non lo contattarono i produttori Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa, "da quel momento non ho più potuto distrarmi. Ho letto il libro e me ne sono assolutamente innamorato, mi sono immerso in questa storia, è entrata in sintonia con me per vari motivi, mi ha toccato profondamente. Il desiderio di trascorrere due anni su quei luoghi a contatto con dei personaggi così belli e puri, che si confrontano con tematiche essenziali nella vita di ciascuno di noi è stato irriducibile". "Ho capito che sarebbe stata una scrittura a quattro mani estremamente stimolante per tutti e due", gli fa eco Vandermeersch, "Felix e io eravamo una coppia da quindici anni quando questo progetto ci fu proposto. Ci era capitato di scrivere insieme un paio di volte, per Alabama Monroe avevo collaborato con lui alla stesura di una delle versioni della sceneggiatura e qui l'idea è stata subito di scrivere insieme tutto dalla A alla Z", dice.
Non solo: "Avevo letto il romanzo e avevo colto l'opportunità di realizzare un film che mi avrebbe coinvolto completamente, proprio perché anche a me aveva toccato delle corde molto importanti". Ma poi è arrivato il Covid e il lockdown, "un periodo strano per tutti noi durante il quale abbiamo dedicato tante energie a scrivere insieme. Abbiamo scritto una prima stesura di cui però non eravamo molto soddisfatti e abbiamo capito che avevamo nelle mani qualcosa di straordinario". A quel punto Felix gli ha proposto di unirsi a lui dietro la macchina da presa: "Era il 2020, abbiamo scritto una seconda versione della sceneggiatura, siamo andati a Roma, abbiamo incontrato i nostri meravigliosi attori e abbiamo iniziato a familiarizzare con l'universo cinematografico italiano che non conoscevamo bene allora".
Borghi e Marinelli di nuovo insieme dopo Non essere cattivo
Le otto montagne riunisce sul set Borghi e Marinelli dopo Non essere cattivo e ancora una volta l'esperienza è stata totalizzante. "La maggior parte dei produttori di questo paese ci avrebbe fatto girare gli interni della baita a Cinecittà - ci tiene a sottolineare Borghi - ci avrebbe fatto usare il blue screen per mille cose perché tanto tutto è simulazione, tutto è immaginazione. E invece per me e Luca stare dentro quel posto per davvero è stato il segreto di questo film: sentire quel freddo, quelle emozioni, non dover immaginare di essere in un altro posto, è stato incredibile e in Italia non lo si fa quasi mai. Il non dover simulare un'emozione ma anzi lasciarsi investire da tutto questo ... bastava uscire fuori dalla baita, guardare davanti a sé e la scena cambiava completamente". "Il cinema che mi piace fare - continua - è quello che mi piacerebbe vedere da spettatore. Quando ho visto Alabama Monroe mi sono detto: 'Pensa che roba sarebbe fare un film con questi due'. Fare questo lavoro accompagnati da così tanto talento non è mai una cosa scontata, per me è stata una benedizione'". E lo è stato anche per Marinelli: "Per me vita e lavoro si sommano: vivo spesso come lavoro e lavoro spesso come vivo, quindi averli incontrati per me è stato un regalo della vita e del lavoro".
Una storia di amore, di vita e di amicizia
Una storia di amicizia e di legami profondi quella di Pietro e Bruno che cresce, si consolida e "resiste ai colpi del tempo". E amici, i due attori che li interpretano, lo sono davvero nella vita: "Il confine tra la parola amicizia e la parola amore è molto labile, spesso l'ho confuso. Sono innamorato delle persone a cui voglio molto bene", confessa Borghi. Lui e Marinelli sono amici da sette anni "viviamo lontani, ma è come se fosse il mio vicino di casa, perché l'amicizia richiede una presenza, dell'affetto. Poi se hai la fortuna che il tuo migliore amico sia veramente il tuo vicino di casa allora c'è la possibilità di condividere un maggior numero di cose, ma non per forza di qualità più alta. Se penso a Luca, ai momenti che abbiamo passato insieme... quello per me è il significato vero dell'amicizia: due persone che non devono spiegarsi niente, che pur se diverse riescono ad ironizzare e a ridere dell'altro senza mai giudicarsi. Le otto montagne è un film sull'amicizia, su come riuscire a sopravvivere alla vita che ti viene addosso e sulla capacità di rimanere vicini. Questo è il film di Pietro e Bruno, nella vita c'è quello di Luca e Alessandro".