Le invasioni cinematografiche
L'amore... ritorna, nell'ennesimo film italiano che, tanto per cambiare, deve darci una nuova ed illuminante interpretazione di questo sentimento che da secoli strugge gli esseri umani.
Sergio Rubini, regista e attore del film, decide di parlare di un amore che non è solo quello che unisce o divide gli amanti, quello che negli ultimi film italiani (Gabriele Muccino docet) trasforma le persone in esseri nevrotici e causa quasi sempre crisi esistenziali, ma di un amore che è anche energia, promesse, guarigione, vita, e che spesso, come suggerisce il titolo, ritorna.
Ma come ritorna? Quali sono gli eventi che improvvisamente ci insegnano il valore della vita e dell'amore, appunto, a tutto tondo? Chiaramente la malattia, altro tema molto utilizzato nel cinema più recente, basti pensare a Le invasioni barbariche, che ha vinto l'Oscar come miglior film straniero e che egregiamente è riuscito a donare il senso di riappropriazione di una vita vissuta attraverso la malattia e in questo caso anche la morte.
A Luca Florio, protagonista del film di Rubini e interpretato da Fabrizio Bentivoglio (un habitué per ruoli del genere nelle commedie italiane) succede proprio questo, ovvero nel bel mezzo del cammin della sua vita si ritrova nella selva oscura della malattia, lui che ha sempre avuto una vita frenetica, di successo, (perché è un attore) e che non ha mai avuto il bisogno di fermarsi un attimo per riflettere.
Rubini/Luca, a quanto pare, pur non ammalandosi ha avuto l'opportunità di fermarsi per riflettere sulla propria vita (lo si evince dalle sue parole alla conferenza stampa)... e ne è uscito fuori un film.
L'amore ritorna va dunque letto come un film terapia, flusso di coscienza di un uomo dello spettacolo che, colto da un attacco di nostalgia per i sentimenti e per la vita, decide di raccontare le proprie emozioni e paure sulla pellicola, rivivendole e forse catarticamente liberandosene, dando vita ad un personaggio come Luca, attore di successo che in seguito ad un grave problema ai polmoni è costretto ad interrompere il film che stava girando e a passare le sue giornate in ospedale.
Da attore, Luca-Bentivoglio avrà l'opportunità di divenire spettatore della propria vita, osservando tutte le persone che ne hanno fatto parte, che compariranno nella sua camera d'ospedale in un balletto frenetico e senza sosta.
E si, perché se Luca è costretto a vivere sdraiato nel letto di un lussuosissimo ospedale, attendendo il responso da medici che sembrano più interessati a prolungare la sua degenza in ospedale che a guarirlo, la sua ex moglie (Margherita Buy), la sua giovane amante (Giovanna Mezzogiorno) e tutti i suoi colleghi del mondo del cinema non lo lasceranno un solo secondo in tranquillità, scombussolati a loro volta dalle proprie vite e crisi esistenziali.
Il film non tarderà dunque a rivelarsi come un pastiche senza capo né coda in cui gli autori (non dimentichiamo Domenico Starnone alla sceneggiatura) hanno cercato di parlare di tutto e di più. Infatti il film esordisce con una sequenza girata in Puglia (come non dimenticarsi del Sud!), forse l'unica a comunicare qualcosa, dove vediamo un funerale di una giovane ragazza, vestita di bianco, che ritornerà, per ricordare che i legami con il passato (si tratta di una parente di Luca, che chiaramente ha origini pugliesi, come Rubini stesso) non si recidono mai e quando meno ce lo aspettiamo, "ritornano".
Un minestrone dove troviamo anche un po' di sano regionalismo, che comincia ad andare di moda ultimamente, per ricordare allo spettatore sprovveduto che il Sud è anche la sopravvivenza di antichi miti, della magia, come il fantasma di una ragazzina cerca timidamente di dimostrare.
Se nei film di Muccino i personaggi non hanno mai una via di scampo e continuano a vivere in perenne lotta con le proprie nevrosi, Rubini è più buono, perché una scappatoia la concede ai suoi personaggi, convincendosi e forse illudendosi che la vita non è mai avara e che tutto quello che si dà, prima o poi ritorna.
Bastava il titolo del film per illuminarci su questo tema, è l'ora e mezza successiva che ci sembra uno spreco di pellicola e di talenti (un cast di alto livello, con una partecipazione straordinaria di Mariangela Melato nel ruolo della produttrice di Luca) e anche una inutile terapia per un Rubini che convince sempre meno come regista e sempre di più come attore.