Recensione Stai con me (2004)

A salvare il film non bastano un paio di momenti di discreta regia e alcuni curiosi e suggestivi inserti animati: troppo poco per rendere una storia d'amore originale e cinematograficamente emozionante.

Le care vecchie banali pene d'amore

Girato nel 2001 e sepolto nei meandri della distribuzione per tre anni, il film di Livia Giampalmo piomba (per modo di dire) sugli schermi nell'estate 2004, speranzoso forse di trovare uno spazio nella svolazzante programmazione estiva, quella più adatta alle storie d'amore. Perché in effetti Stai con me racconta una storia d'amore, condita dai soliti temi generazionali e familiari tanto cari a Gabriele Muccino e ai suoi ultimi emuli. E così, dopo i trentenni che non vogliono crescere, gli adolescenti che invece lo vogliono fare troppo in fretta, e la famiglia matura in preda ai rimpianti delle cose perdute, ecco che in questo caso la scena si sposta su una coppia di giovani, sposata e con due gemelli. Una scelta perlomeno un pizzico più originale, perché caso sempre più raro nel panorama familiare italiano.

I giovani e innamoratissimi sposi Chiara (Giovanna Mezzogiorno) e Nanni (Adriano Giannini, figlio di Giancarlo Giannini e della stessa regista del film) hanno due gemelli e una vita modesta ma tranquilla. Chiara fa la maestra in una scuola elementare mentre Nanni è istruttore di ginnastica e nuoto per ragazzi disabili e adulti bisognosi di movimento, ma non ha riposto il suo sogno di diventare attore di teatro, cosa che lo porterà a fare alcuni provini in segreto. Al termine di uno di questi provini incappa in una esuberante aspirante attrice, con la quale sarà rocambolescamente pescato in atteggiamenti "sospetti" dalla moglie. Da qui l'entrata in crisi della coppia.
La storia ruota quindi attorno a un tradimento in realtà irrilevante e quasi surreale per la sua casualità, che dilania però una famiglia fino a quel momento immersa in una situazione idilliaca.

Ma il vero tema è un altro, ben più interessante e ricco di significato: quanto si è disposti a sacrificare di se stessi per amore della famiglia? Fino a quando regge la rinuncia alle aspirazioni personali prima di causare, magari involontariamente, un conflitto in una coppia pur felice e innamorata? E quanto si è disposti a concedere al partner per non farlo uscire dai sicuri recinti domestici? Temi alti e nobili, che però il film tratta in maniera davvero troppo banale, senza andare al nocciolo della questione, ma assestando solamente un paio di picconate in superficie. Qualche battuta qua e là, un paio di dialoghi per fare capire bene il tema a chi ancora non l'avesse capito, hanno poi solo la conseguenza di irretire più che di approfondire. Tutto resta solo accennato, anche il tema dell'aborto, della fede, dell'amicizia: di tutto un po', giusto per non lasciare fuori nulla, e lasciando fuori invece tutto.

In sostanza i momenti del film davvero validi sono pochi, tutto il resto sembra costruito solo per allungare il brodo e arrivare almeno ai fatidici novanta minuti di durata. Troppo lunga e ripetitiva la parte iniziale per spiegare quanto si amino fra loro i coniugi e quanto grande sia il loro amore per i bambini. Per dire tutto questo bastavano già le prime scene, poi il quadretto perfetto diventa stucchevole. Ma troppi momenti mediocri e ritriti anche nella seconda parte, quella della crisi e delle pene d'amore.

Non brillano nemmeno le interpretazioni: Giovanna Mezzogiorno è sempre bravissima, ma qui in certi momenti appare risucchiata nel gorgo provocato da un Adriano Giannini francamente deludente, che sbaglia goffamente le due scene clou del film, quelle in cui doveva dimostrare qualcosa in più del compitino. Piuttosto anonimi e a tratti fastidiosi anche i personaggi di contorno.

Insomma, a salvare il film non bastano un paio di momenti di discreta regia e alcuni curiosi e suggestivi inserti animati: troppo poco per rendere una storia d'amore originale e cinematograficamente emozionante.

Movieplayer.it

2.0/5