L’attimo fuggente: 30 anni fa, con Robin Williams, il cinema saliva in cattedra

L'attimo fuggente compie 30 anni: il film con Robin Williams è una una lezione di vita che non ha smarrito un briciolo della sua illuminante poesia.

Robin Williams in una scena del film L'attimo fuggente
Robin Williams in una scena del film L'attimo fuggente

Quando un film lascia degli ideali così universali nel bagaglio dello spettatore, quel bagaglio non è destinato a svuotarsi col passare dal tempo, anzi. È destinato a riempirsi con l'esperienza, con gli errori, con la gloria e con il dolore. Ovvero tutto quello di cui l'Attimo Fuggente, il capolavoro di Peter Weir è stato riempito. Arrivato nei cinema americani il 9 giugno del 1989, L'attimo fuggente è un commovente abbraccio intellettuale e intellettivo tra un professore allergico a obsolete tradizioni (Robin Williams) e una classe di acerbi giovani presi per mano, scossi, presi a schiaffi e accarezzati da un mentore illuminato.

Una marcia solenne. Cornamuse in sottofondo. Professori severi. Le grandi stanze del collegio di Welton sembrano sacre come quelle di un'antica abbazia. Siamo alla fine degli anni Cinquanta, ma c'è aria di Medioevo. Quattro vessilli vengono innalzati all'inizio dell'anno accademico, quattro valori vengono idolatrati, venerati, rispettati come un sacro dogma: tradizione, onore, eccellenza, disciplina. Quattro inamovibili pilastri pronti a essere distrutti senza martelli o picconi, abbattuti soltanto dal grande potere della parola, del pensiero e delle idee. Perché violenza e ribellione possono anche esprimersi attraverso l'intelletto, come ci ha insegnato la meravigliosa e toccante ribellione intellettuale de L'attimo fuggente. Ovvero quell'illuminante lezione di vita che non ha smarrito un briciolo della sua illuminante poesia. Quella poesia che vuole rivalutare se stessa, non vuole essere percepita come un vecchio libro impolverato, come una lezione da imparare a memoria, ma entrare nel cuore e nella testa delle persone come fonte di ispirazione e trasformarsi in vita vera. Un dono che L'attimo fuggente non potrà mai perdere.

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Una delle scene più iconiche de L'attimo fuggente

Vincitore di un Premio Oscar alla miglior sceneggiatura originale, L'attimo fuggente vive in simbiosi con il mitico professor Keating di Robin Williams, forse tra i personaggi più iconici e amati del mondo del cinema. Per il suo carisma, per le sue parole ispiranti (non a caso L'attimo fuggente è uno dei film motivazionali più amati) per la sua capacità di smuovere le coscienza attraverso una rivoluzione in cui le armi erano rime e versi. Un faro per i suoi alunni sul quale aleggiano anche ombre, un maestro gentile che non lesinava rimproveri ficcanti, un maestoso Robin Williams che trent'anni fa salì in cattedra per non scendervi mai più.

Carpe diem: ieri è morto, domani è vivo

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Una sequenza del film

Pagine strappate, regole accartocciate, banchi usati come piedistalli per vedere le cose da una nuova prospettiva. Il metodo poco ortodosso del professor Keating ha fatto scuola (letteralmente) per la sua capacità di trasformare qualsiasi astrazione didattica in qualcosa di concreto, tattile, vero. Se la sua frase "Carpe diem. Cogliete l'attimo, ragazzi. Rendete straordinaria la vostra vita" è diventata tra le più iconiche della storia del cinema, non è soltanto grazie alla citazione del poeta latino Orazio, ma anche alla profonda e brutale sincerità del "metodo" di Keating. Il professore sceglie di portare i suoi ragazzi davanti a una specie di specchio deforme, ovvero davanti alle foto degli alunni del passato. Stessi sguardi vitali, stessi giovani di belle speranze, ma la vita è davvero vissuta appieno solo se si abbraccia l'idea della morte. E così, quando Keating dice alla classe che anche loro saranno destinati a diventare "concime per i fiori". Attraverso queste parole destabilizzanti per quell'età in cui ognuno si crede invincibile, il mentore semina un'idea destinata a germogliare nei suoi allievi. Un'idea che sussurra nelle loro menti di non essere succubi di un passato scelto da altri ma di diventare padroni del loro presente, di non rimanere rinchiusi dentro regole stantie, ma di trovare la propria voce e la propria andatura al di là di ogni conformismo. È solo così che Keating smuove il coraggio nei suoi ragazzi. Un coraggio che sfocia in una dichiarazioni d'amore, in urla disperate in mezzo alla neve, in una vocazione finalmente ascoltata, in un piede messo sul banco per rendere omaggio al maestro che tutti avremmo voluto avere a scuola. E che abbiamo avuto al cinema grazie a L'attimo fuggente.

Il potere delle parole

Ethan Hawke in una scena del film L'attimo fuggente
Ethan Hawke in una scena del film L'attimo fuggente

"Non ridiamo di lei, ridiamo con lei". È così che Keating rassicura un alunno pigro, dopo aver letto a tutti la sua poesia piuttosto mediocre. Una frase, questa, in cui si cela una differenza di significato sostanziale ma sottile. Una delle tanti frasi di un uomo che si affida al potere performativo e assoluto delle parole. Per Keating la poesia è la Musa delle idee, dei sentimenti, del romanticismo. Il veicolo principale e la via maestra attraverso cui liberare la forza inarrestabile della parola. Il grande professore di Williams lotta con tutte le sue forze per superare l'idea che la cultura, l'arte e la poesia siano oggetti da venerare dietro una teca o dentro un libro. La poesia non è qualcosa di vecchio da relegare nel passato, bensì una strada sempre valida per descrivere il presente e immaginare il futuro. Così Keating crede fermamente che le parole siano il grimaldello attraverso cui l'animo umano smette di essere astrazione per diventare finalmente atto concreto. Attraverso le parole le idee diventano tangibili, e niente diventa più virale di un'idea ben insegnata nella coscienza di un allievo che ha voglia di imparare. Nonostante tutto la rigida severità in cui L'attimo fuggente è rinchiuso, quella spinta rivoluzionaria di Keating sopravvivrà al suo licenziamento, assieme a quell'eroica ribellione di una decina di ragazzi grati al loro capitano.

Robin Williams, nostro capitano

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Il bellissimo primo piano finale del film

Lo ammettiamo senza messe misure. Prima di scrivere questo articolo, abbiamo rivisto per l'ennesima volta il film di Peter Weir. E ha avuto un sapore ancora più acre, come mai prima d'ora. Per chi scrive, infatti, era la prima volta davanti a L'attimo fuggente dopo la morte di Robin Williams. Un evento impossibile non percepire addosso durante tutta la visione de L'attimo fuggente, in cui vita e morte sono intrecciate tutto il tempo. Un cult in cui il suicidio diventa un disperato urlo liberatorio ma anche una beffarda coincidenza con l'addio a uno dei più grandi attori della storia del cinema.

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Se è vero che il suo Keating ci ha insegnato a cogliere l'attimo, ci conforta l'idea di poter cogliere il ricordo di Robin Williams attraverso questa persona straordinaria. Ci piace cullarci nell'illusione del cinema, e associare Williams alla memoria di John Keating. Noi spettatori-allievi non dimenticheremo il suo sorriso bonario, la sua empatia, la sua profonda umanità. Non dimenticheremo i suoi occhi lucidi, i suoi monologhi da stamparci in testa e la sua esemplare irrequietezza. E se dobbiamo imparare la vita accettando la morte, non c'è posto migliore per farlo di quella scuola di vita chiamata L'attimo fuggente.

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