La vita che volevi, la recensione dei primi episodi: se la serie che volevamo non è questa

La vita che volevi di Ivan Cotroneo? La prima serie italiana con una protagonista transgender (Vittoria Schisano) è una cocente delusione: un'ottima idea di fondo sviluppata e recitata male. Dal 29 maggio su Netflix.

Vittoria Schisano la protagonista de La vita che volevi.

È la rabbia che ci guida nello scrivere la recensione dei primi episodi de La vita che volevi. Rabbia, perché è stata sprecata un'occasione su cui puntavamo. Era la serie che, almeno chi scrive, aveva adocchiato alla presentazione del palinsesto italiano Netflix. Il motivo? Perché questa è la prima serie italiana con una protagonista transgender (sembra una mera etichetta, invece vale tantissimo, soprattutto nell'Italia di oggi).
Insomma, motivo di forte interesse per il tema coraggioso ed attualissimo che affronta. Quindi, ci fa ancora più male bocciarla, ma non potremmo fare altrimenti. Questo perché la messa in scena, la recitazione e lo sviluppo della trama e dei personaggi lasciano veramente attoniti: ma andiamo con ordine.

Una trama in costiera

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Vittoria Schisano ne La vita che volevi

Prodotta da Banijay Studios Italy, creata da Ivan Cotroneo e Monica Rametta - una coppia di scrittura oramai inossidabile che viene da varie fiction Rai e non solo, che si era distinta per un piglio più americano e "giovanile" - e diretta dallo stesso Cotroneo, La vita che volevi basa tutta la propria trama sulla storia di Gloria (Vittoria Schisano), che pensa di aver trovato la felicità e una propria stabilità nel Salento, in quel di Lecce, dove gestisce un'agenzia turistica di lusso.

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Pina Turco è Marina

Tutto viene messo in discussione quando torna dal suo passato l'amica Marina (Pina Turco), che non vede da ben 15 anni, dai tempi dell'università a Napoli, quando era ancora Alessandro e prima che mettesse in atto la propria transizione a Barcellona, e che l'aveva abbandonata non facendosi più sentire. Ora arriva non da sola ma con due figli a carico e un altro in arrivo (è incinta) e due uomini che sono sulle sue tracce, il paziente Sergio (Giuseppe Zeno) e il focoso Pietro (Alessio Lapice). Da quel momento la vita di Gloria non sarà più la stessa.

La serie che (non) volevamo

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Vittoria Schisano e Giuseppe Zeno

Il plot e pretesto narrativo da cui parte la vera e propria storia de La vita che volevi è interessante ed attuale, e non ci stupisce che l'idea sia venuta alla coppia Cotroneo-Rametta ma allo stesso tempo ci chiediamo perché l'abbiano voluta sviluppare come una fiction di quart'ordine (che però testimonia la direzione generalista che oramai sta prendendo la piattaforma).

Eppure l'idea di una vita che viene totalmente stravolta e fa mettere in dubbio tutte le scelte compiute fino a quel momento, che parla di transizione sotto vari aspetti diversi, del contrasto tra l'esistenza che ci si è creati, magari lontano dai propri cari e dalle proprie origini, e quella che avremmo voluto vivere, è profondamente affascinante. Così come la scelta di aver caratterizzato la protagonista in un modo a tratti respingente, complessa e stratificata e che non si comporta sempre come ti aspetteresti. Il problema però, come dicevamo, è la resa e la messa in scena di quell'idea.

Una serie che è una fiction

A volte si dice esageratamente che fin dai primi minuti si intuisce il valore (o disvalore) di un prodotto audiovisivo. Dopo Briganti e la sua sigla di apertura che sembrava un rough-cut, ci sentiamo di dire che anche per quest'ultima fatica italiana originale Netflix vale lo stesso discorso, con un incipit dalle tinte inutilmente crime ed esasperate che poi va a ritroso ad una settimana prima, raccontando al pubblico come si è arrivati a quella serie di eventi. Una volta visti i primi episodi, è anche facilmente intuibile, tra l'altro.

La Vita Che Volevi Vittoria Schisano
Vittoria Schisano, sullo sfondo Lecce

Tutto però è esasperato: la recitazione è profondamente teatrale ma senza quel piglio accattivante che aveva Gomorra (o per qualcuno Mare Fuori). La serie, tra l'altro, è caricata troppo sulle spalle di Vittoria Schisano, divenendo quasi una sua celebrazione attraverso il personaggio, lasciando poco spazio agli altri, se non alla Marina di Pina Turco che diventa un contraltare comico ma anche caricatura di se stessa; o ancora gli uomini della storia, dall'adolescente Andrea (Nicola Bello) al violento Pietro, esasperati nei propri comportamenti. Anche la colonna sonora che enfatizza le decisioni dei personaggi, le frasi ad effetto, l'indugiare della macchina da presa sui primi piani quasi con sguardo in camera: tutto rende la serie una banale fiction in costiera. Com'è che si diceva in quel film? "(Non) mi avevi convinto al ciao". Insomma, che rabbia.

Conclusioni

La vita che volevi, almeno nei primi due episodi visti in anteprima, ci ha lasciati con l’amaro in bocca, perché il potenziale narrativo dell’idea di fondo e della protagonista anticonformista vengono asfaltati da una recitazione e una messa in scena da fiction di bassa lega, che indirizzano sempre più Netflix verso l’intrattenimento generalista. Uno spreco per la prima serie italiana con una protagonista transgender, che avrebbe potuto (e dovuto) diventare un nostro vanto, considerando che viene automaticamente distribuita anche all’estero.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • L’idea di fondo della vita che ci si è costruiti contrapposta a quella che si sarebbe potuto (e voluto) vivere.
  • La protagonista che non rientra nei canoni…

Cosa non va

  • …ma la serie è tutta troppo sulle sue spalle, oscurando gli altri personaggi.
  • La vena comica cozza col tono fortemente drammatico proposto fin dai primi minuti.
  • La recitazione esasperata e teatrale.
  • La colonna sonora ingombrante e la regia che indugia sui primi piani ad effetto.