La saga di Star Wars ha conosciuto, in quasi cinquant'anni, momenti di straordinario successo e altri di minore riscontro: sul piano della produzione cinematografica, in realtà, il pubblico internazionale ha sempre risposto presente, mentre è più difficile stilare un bilancio sulla più recente produzione seriale che ha, a più riprese, faticato a lasciare il segno.

Di certo, l'apice indiscutibile rimane la trilogia classica, avviata nel 1977 (Una nuova speranza), proseguita nel 1980 (L'Impero colpisce ancora) e conclusasi nel 1983 (Il ritorno dello Jedi); la più controversa e certamente meno convincente è la trilogia sequel, giunta in sala tra il 2015 (Il risveglio della Forza), proseguita nel 2017 (Gli ultimi Jedi) e conclusasi nel 2019 (L'ascesa di Skywalker); quella di cui invece ancora adesso si discute se sia da considerare o meno un caposaldo della saga è la cosiddetta trilogia prequel, avviata nel 1999 (La minaccia fantasma), proseguita nel 2002 (L'attacco dei cloni) e conclusasi nel maggio del 2005 con un film che, quest'anno, celebra i suoi vent'anni: La vendetta dei Sith.

L'Episodio III (seguendo l'ordine cronologico della saga, ormai universalmente riconosciuto) consentì a George Lucas (all'epoca ancora al timone del franchise, prima della cessione di Lucasfilm a Disney nel 2012, ndr) di chiudere un cerchio che aveva già avviato negli anni in cui aveva realizzato la trilogia classica. I tre capitoli prodotti a cavallo del nuovo secolo sono indubbiamente fondamentali per completare il quadro narrativo di Star Wars: chi aveva ammirato tra gli anni Ottanta e Novanta la trilogia originale ha trovato, nella trilogia prequel, ogni risposta alle domande che si era posto nel corso del tempo. Quali sono le origini di Luke Skywalker e della Principessa Leia? Qual è il passato di Obi-Wan Kenobi? Come ha fatto il Lato Oscuro a dominare la Galassia? E, soprattutto, chi è realmente Darth Vader?

La vendetta dei Sith è, sul piano narrativo, un film fondamentale, almeno quanto L'Impero colpisce ancora: senza di esso, la saga di Star Wars non sarebbe la stessa. È, inoltre, un film unico: il punto più cupo dell'intero franchise, poiché l'intrattenimento lascia spazio al dramma, anzi, alla tragedia. Riscopriamolo insieme.
Sull'orlo del baratro
Mi sta accadendo qualcosa, non sono il Jedi che dovrei essere. Voglio di più... e so che non dovrei.

Tre anni dopo l'inizio delle Guerre dei Cloni, il Maestro Jedi Obi-Wan Kenobi (Ewan McGregor) e il suo allievo Anakin Skywalker (Hayden Christensen) vengono inviati in missione per liberare il Cancelliere Supremo Palpatine (Ian McDiarmid). Quest'ultimo è tenuto in ostaggio dal Generale Grievous, comandante droide dei Separatisti, e dal Conte Dooku (Christopher Lee), un signore dei Sith che gli Jedi hanno già affrontato in passato. Dal duello che ne scaturisce, Anakin riesce a prevalere e, sebbene non dovrebbe, uccide Dooku, ormai sconfitto, su incitamento di Palpatine.

Giunti su Coruscant dopo essere riusciti a fuggire, Obi-Wan e Anakin si riuniscono con il Consiglio Jedi, ma per il giovane Cavaliere è anche l'occasione di ritrovare la moglie Padmé Amidala (Natalie Portman), che gli rivela di essere in dolce attesa. La felicità di Anakin, però, è solo momentanea: inizierà, infatti, ad avere visioni tragiche sul destino di Padmé nel momento del parto, e i pensieri negativi gli albergheranno continuamente in mente.

Nel frattempo, Palpatine prosegue le sue manovre sotterranee, tese ad accrescere la tensione nel Consiglio Jedi e a ridefinire il futuro del Senato e della Repubblica in subbuglio. Il suo strumento eversivo sarà proprio Anakin, ancora ignaro delle conseguenze del suo rapporto con il Cancelliere. Il giovane Jedi verrà inserito nel Consiglio ma non ancora promosso al rango di Maestro: né Yoda né, soprattutto, Mace Windu (Samuel L. Jackson) si fidano del tutto di lui, nonostante egli sia indicato dalla profezia come colui che riporterà equilibrio nella Forza. Accorgendosi della sua delusione e delle sue paure, Palpatine tenterà Anakin, indicandogli le vie del Lato Oscuro della Forza, attraverso le quali potrebbe anche salvare Padmé...
La caduta di un eroe verso il male
Ti hanno mai detto della tragica fine di Darth Plagueis il Saggio?

Darth Vader è, senza alcun dubbio, uno degli antagonisti più rilevanti della storia del cinema contemporaneo. Un personaggio tanto affascinante quanto di inaudita ferocia, le cui origini trovano spazio proprio nella trilogia prequel creata da George Lucas. Ancora oggi, per la verità, molti puristi della saga criticano il creatore del franchise di aver spiegato troppo, di aver indugiato eccessivamente nei dettagli, di essersi perso tra le pieghe di quello che egli stesso aveva ideato e, peggio ancora, di aver prodotto La minaccia fantasma, L'attacco dei cloni e La vendetta dei Sith solo per trarre altri milioni di dollari dal franchise, come se il cinema non fosse anche un'industria dalla quale ricavare un profitto. Tutte congetture che l'avvento di Disney nella saga, e tutto ciò che (di eccessivo) è stato prodotto nell'ultimo decennio, ha frantumato.

A distanza di vent'anni, a parere di chi Vi scrive, la prospettiva è sostanzialmente capovolta. Sia perché la trilogia sequel sarebbe poi stata un fiasco sotto il profilo narrativo e creativo (non sul piano commerciale, ma non può bastare); ma anche perché la trilogia prequel, viceversa, deve essere giudicata a posteriori in maniera molto più positiva di quanto non venne fatto nel periodo della sua uscita al cinema. Ed è proprio l'Episodio III ad essere determinante in tal senso.

Ne La vendetta dei Sith vi è un elemento fondamentale: si osserva, con grande rammarico, la caduta verso il male di un Cavaliere Jedi, quindi di un eroe, e di un personaggio che avevamo imparato ad amare in Episodio I e in Episodio II, nonostante tutti (almeno chi conosceva già la trilogia classica) sapessimo sarebbe diventato il crudele Darth Vader. Ma vedere il quando questo sarebbe avvenuto, e soprattutto il come, ha lasciato un profondo dolore in tutti gli appassionati della saga, e l'Episodio III è, a ben vedere, un film profondamente straziante.
Quando Star Wars sapeva sorprendere
È così che muore la libertà: sotto scroscianti applausi.

La vendetta dei Sith fu un'opera sconvolgente, e lo è ancora adesso. Star Wars, oggi, è giustamente considerata una saga d'intrattenimento destinata a un pubblico di ogni età. Eppure, in quella circostanza, George Lucas - che lavorò sulla sceneggiatura anche a riprese in corso, senza lasciare nulla d'intentato - fece letteralmente saltare il banco, realizzando un film estremamente drammatico, una tragedia epica che includeva ogni aspetto possibile, come fosse un dramma classico ambientato nella Galassia lontana lontana.

Vi sono gli eroi da tutti ammirati; vi è una evidente introspezione psicologica sul protagonista (Anakin) e sui risvolti della sua personalità; vi è una conclusione tragica, dove tutto sembra perduto per sempre. Palpatine si rivela come Supremo Signore de Sith e trionfa, apparentemente; gli Jedi vengono uccisi barbaramente attraverso l'emanazione dell'Ordine 66; la Repubblica crolla; il Male dilaga, mentre gli ultimi Jedi rimasti cercano di salvare quanto gli sia possibile. Anakin è il mezzo attraverso cui Darth Sidious realizza il proprio diabolico progetto, che mirava all'affermazione finale del Lato Oscuro sul Lato Chiaro, mentre nessuno è riuscito a carpirne in tempo utile le intenzioni e a rivelare la sua natura. Per la prima e unica volta nella saga di Star Wars, e forse in generale nei franchise d'intrattenimento, il finale quasi non lascia spazio alla speranza. Ma due neonati, un maschio e una femmina, sono appena venuti al mondo: la luce, eppure, è ancora presente...
Un esempio da seguire
Tu eri il prescelto! Era scritto che distruggessi i Sith, non che ti unissi a loro! Dovevi portare equilibrio nella Forza, non lasciarla nelle tenebre!

Lo Star Wars di questi ultimi anni non è più riuscito a toccare nuovamente queste vette. Non solo perché è mancato l'effetto sorpresa o il senso della tragedia, che è il contraltare della necessaria vittoria del Bene come accade, ovviamente, nel magnifico finale de Il ritorno dello Jedi. Per ogni appassionato della saga, aver prima amato la trilogia classica, e poi ricollegato a essa gli eventi della trilogia prequel, resta un piacere che non conosce eguali: tra l'oscurità de La vendetta dei Sith e le celebrazioni finali nella foresta di Endor dell'Episodio VI, vi è una grande avventura da riscoprire (rigorosamente accompagnati dalle musiche di John Williams).

Allo Star Wars dell'ultimo decennio è mancato soprattutto il coraggio di rischiare e, quando lo ha fatto, è uscito completamente dalla strada maestra. Il risveglio della Forza è un film fiacco e che sa di già visto, mentre L'ascesa di Skywalker cerca di rimediare affannosamente alle scelte radicali e poco lungimiranti effettuate ne Gli ultimi Jedi. E questo per rimanere solo in ambito cinematografico, del quale salviamo certamente il timido ma coerente Solo e, soprattutto, il bellissimo Rogue One: A Star Wars Story.

L'esempio de La vendetta dei Sith è rimasto abbandonato a sé stesso: in esso vi sono duelli spettacolari e ben calibrati, scene di battaglia essenziali, sviluppo degli eventi realizzato con criterio. A rivederlo oggi, l'Episodio III sembra quasi miracoloso, come un'oasi in mezzo al deserto dell'omologazione purtroppo annotata dal 2015 in avanti, tanto nei film quanto nelle serie TV (con le dovute eccezioni: possiamo certamente citare The Mandalorian e Andor, la cui seconda stagione si è da poco conclusa). L'auspicio è che, a vent'anni di distanza dall'esordio nelle sale internazionali di questo straordinario capitolo, la saga di Star Wars possa ritrovare l'ispirazione perduta, rimanendo comunque ben consapevoli che quanto ammirato in passato possa essere difficilmente replicabile, come è plausibile che accada.