Preferirei essere un fantasma che ti vola accanto, come un'anima dannata, piuttosto che volare in cielo senza di te.
L'estate del 2000, tanto in America quanto in Europa, si rivela una stagione dominata da memorabili blockbuster: mentre Il gladiatore di Ridley Scott e Mission: Impossible II di John Woo, usciti negli USA a maggio, continuano a riempire le sale, nei cinema debuttano altri campioni d'incassi quali La tempesta perfetta, l'horror Le verità nascoste e i primi capitoli dei franchise X-Men e Scary Movie. Ma nel frattempo, in Asia, c'è un nuovo film che nel corso dell'estate infrange un record dietro l'altro, un film il cui successo è destinato, entro l'inizio del 2001, ad essere esportato in tutto il resto del pianeta: La tigre e il dragone, settimo lungometraggio di Ang Lee.
Già proiettato al Festival di Cannes (dove la sua natura di opera d'avventura aveva contribuito alla scelta di presentarlo fuori concorso), La tigre e il dragone esordisce il 7 luglio 2000 nei cinema di Taiwan, patria del regista, e il giorno seguente in Cina. Il riscontro sui mercati asiatici è immenso, ma ciò nonostante nessuno avrebbe potuto prevedere le dimensioni della fortuna, commerciale ma non solo, che nei mesi a venire avrebbe riscosso anche negli Stati Uniti, in Europa e sostanzialmente un po' ovunque, al punto da rilanciare il cosiddetto genere wuxia, di cui ancora oggi costituisce il modello per antonomasia.
Ang Lee: da Taiwan a Hollywood (e ritorno)
Facciamo un passo indietro, e precisamente all'inizio del decennio precedente. Nel 1991, il trentaseienne Ang Lee completa le riprese del suo primo film, Pushing Hands, prodotto da una compagnia di Taiwan ma girato interamente a New York. Nato nella città di Chaozhou, Lee si era trasferito negli Stati Uniti nel 1979, frequentando l'università prima in Illinois e poi a New York; non a caso il rapporto fra la cultura asiatica e quella americana sarà un tema centrale sia di Pushing Hands, che ottiene un grande successo a Taiwan, sia del suo secondo film da regista. Il banchetto di nozze, ricompensato con l'Orso d'Oro al Festival di Berlino 1993, è incentrato su un taiwanese che vive a Manhattan, ma deve nascondere alla sua famiglia la propria relazione omosessuale con un ragazzo americano: è l'opera della consacrazione di Lee e il suo primo film ad avere una distribuzione mondiale, con ottimi risultati.
Nell'arco di due anni consecutivi, Ang Lee riceve due nomination all'Oscar per il miglior film straniero con Il banchetto di nozze e Mangiare bere uomo donna: in entrambi i casi, il registro della commedia viene adoperato per esplorare i sentimenti dei personaggi e il dialogo, non sempre facile, fra le diverse generazioni. La peculiare sensibilità dimostrata da Ang Lee gli permette inoltre di ottenere un ingaggio per il suo primo progetto hollywoodiano, Ragione e sentimento, trasposizione del romanzo di Jane Austen a cura della protagonista Emma Thompson: con oltre trenta milioni di spettatori e i premi come miglior film ai Golden Globe e ai BAFTA, Ragione e sentimento sarà una delle pellicole più acclamate del 1995.
Nel 1997 è la volta del suo secondo film in lingua inglese, il dramma familiare Tempesta di ghiaccio, mentre nel 1999 Ang Lee si cimenta con un film ben più ambizioso: Cavalcando con il diavolo. Western bellico ambientato nel Midwest durante la Guerra di Secessione, Cavalcando con il diavolo viene apprezzato dalla critica, ma si rivela un cocente fiasco al box office: realizzato con un budget di quasi quaranta milioni di dollari, il film ne incassa appena seicentomila negli Stati Uniti. Un disastro di tali dimensioni può tramutarsi in un macigno per una carriera a Hollywood, ma nello stesso periodo Lee fa ritorno in Asia per un altro progetto lontanissimo dalla sua comfort zone: il wuxia.
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All'inseguimento di Destino Verde
Noto per film dall'approccio intimista, imperniati sugli amori e gli affetti familiari dei personaggi, con La tigre e il dragone Ang Lee recupera invece un genere tipicamente cinese, in cui il classico filone cappa e spada si fonde con la tradizione delle arti marziali. Popolarissimo ad Hong Kong, il wuxia aveva conosciuto una certa fortuna in Occidente a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta, salvo poi sparire dalla circolazione. L'occasione per girare un wuxia viene offerta a Lee da una sceneggiatura basata sul penultimo romanzo di una pentalogia dello scrittore cinese Wang Dulu, pubblicata circa sessant'anni prima; il titolo (in originale "La tigre accucciata, il drago nascosto"), che recupera quello del libro, fa riferimento ai nomi dei due protagonisti, ma anche a un'espressione idiomatica della lingua cinese per indicare le passioni che si celano dietro un'apparente compostezza.
Ancora una volta, dunque, ragione e sentimento: il conflitto interiore che caratterizza molti personaggi dei film di Ang Lee ritorna in questa pellicola di misteri e di avventure nella cornice della Cina del diciottesimo secolo. A costituire il nodo della vicenda è Destino Verde, un'antichissima spada di proprietà del maestro guerriero Li Mu Bai (Chow Yun-fat), trafugata nottetempo dalla figlia del Governatore di Pechino, Jen Yu (Zhang Ziyi), ingabbiata in un matrimonio combinato, ma diventata una provetta spadaccina grazie all'apprendistato condotto in incognito presso Volpe di Giada (Cheng Pei-pei), una feroce assassina con la quale Mu Bai ha un vecchio conto in sospeso. Dell'intreccio narrativo fanno parte anche Shu Lien (Michelle Yeoh), una guerriera profondamente legata a Mu Bai, e Lo, alias Nuvola Nera (Chang Chen), un giovane bandito del deserto innamorato di Jen.
Le coreografie dei duelli, con i guerrieri che si librano verso l'altro e sembrano correre e danzare nell'aria, sono il tratto distintivo de La tigre e il dragone, perlomeno sul piano estetico. Ma dietro l'azione, le imprese e le sfide a fil di lama, Lee non manca di riportare in luce i temi cari del proprio cinema: il ruolo dell'individuo all'interno di un contesto sociale spesso autoritario e soffocante (emblematica, in tal senso, la figura di Jen); le restrizioni imposte dalle differenze di genere, specialmente nei confronti delle donne; il legame con i genitori/maestri, complementare a un desiderio di emancipazione che può sconfinare in un'aperta ribellione; il contrasto insanabile fra la norma, la morale, le aspettative degli altri e le ragioni del cuore, spesso troppo forti per essere messe a tacere. "Nel momento in cui dovrai fare una scelta, lascia che sia il tuo cuore a guidarti", è non a caso l'ultimo monito rivolto a Jen da Shu Lien.
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Un fenomeno da Oscar nell'età della globalizzazione
Frutto di riprese lunghe e faticose, soprattutto la sezione in analessi ambientata nel deserto del Gobi, La tigre e il dragone non si limita a suscitare l'entusiasmo del pubblico asiatico, ma riesce a far breccia in tutto il mondo: a breve distanza dal fenomeno Matrix, gli acrobatici duelli 'alati' del film di Ang Lee fungono da principale elemento di richiamo, evidenziando la natura spettacolare e d'intrattenimento di un'opera che scardinerà numerosi preconcetti rispetto al cinema orientale. La tigre e il dragone oltrepassa il traguardo dei duecento milioni di dollari al box office e registra più di quaranta milioni di spettatori, imponendosi come uno dei film-evento del periodo e rilanciando, almeno per un decennio, la fortuna internazionale del wuxia (nel 2002 sarà la volta di Zhang Yimou con il suo campione d'incassi Hero).
La tigre e il dragone sarà anche uno dei titoli più premiati dell'anno, con due Golden Globe (miglior film straniero e miglior regia) e quattro BAFTA Award. Agli Academy Award riceve dieci nomination, il risultato più alto di sempre per una pellicola in lingua non inglese (eguagliato nel 2018 da Roma), aggiudicandosi quattro premi Oscar: miglior film straniero, miglior colonna sonora, miglior fotografia e miglior scenografia. E in qualche modo, il successo trasversale del blockbuster di Lee sembra riconnettersi al concetto stesso di globalizzazione, particolarmente sentito all'alba del nuovo millennio: la possibilità di abbattere barriere geografiche, linguistiche e culturali e di poter navigare nelle realtà più diverse... che si tratti di cucina, di moda o, appunto, di cinema.
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