Recensione La terribile storia di Haeckel (2005)

Nonostante la prevedibilità dello script, l'elegante regia di John McNaughton contribuisce a creare una confezione piuttosto suggestiva, soprattutto nella prima parte del film.

La sindrome di Frankenstein

La scienza e la fede, la vita e la morte, Dio e l'uomo. Quali sono i limiti tra ciò che è lecito e ciò che non lo è? La parabola moralistica di Haeckel's Tale, narrata da una gentil vecchietta sospettata di praticare la necromanzia a un innamorato disperato che vorrebbe poter riabbracciare la moglie defunta, sfidando così le leggi della chiesa e del comune buonsenso, rivela quanto sia pericoloso varcare la soglia che conduce all'aldilà. Il povero Haeckel, studente di medicina con velleità che esulano dalla pura e semplice professione medica (la sua ossessione è, infatti, quella di ridare la vita ai corpi inermi), in viaggio per visitare il padre malato, si trova coinvolto suo malgrado in un triagolo amoroso che muterà per sempre le sue idee sulla morte, nonché la sua stessa esistenza.

John McNaughton, conosciuto soprattutto per il cupo e truculento Henry pioggia di sangue, firma un racconto gotico alla maniera del buon Roger Corman, ma con il patrocinio di George A. Romero a cui inzialmente era stata affidata la regia dell'episodio. Tratto dall'omonimo racconto di Clive Barker, il soggetto non presenta idee particolarmente originali, anzi, a partire dal Frankenstein di Mary Shelley in poi il tema dello scienziato "novello Prometeo" che cerca di riportare in vita i morti sfidando le leggi morali e naturali è stato declinato in un'infinita varietà di forme con risultati alterni, tra i più interessanti e originali spicca il romanzo di Stephen King Pet Cemetery e il corrispondente adattamento cinematografico (un po' meno riuscito, a dire la verità).

Nonostante la prevedibilità dello script, l'elegante regia di McNaughton contribuisce a creare una confezione piuttosto suggestiva, soprattutto nella prima parte del film. L'ambientazione ottocentesca, certe situazioni che si creano tra i personaggi, gli eleganti costumi e l'atteggiamento un po' supponente del protagonista (uomo senza Dio votato solo alla causa scientifica) presentano notevoli corrispondenze con Il mistero di Sleepy Hollow, anche se della pellicola di Tim Burton mancano il geniale anticonformismo e lo stralunato sense of humor. Più stringente il paragone con i classici B-movies di Corman con cui Haeckel's Tale condivide il basso budget e un certo gusto per il dettaglio truculento.

Se si esclude qualche piccola sbavatura, il racconto di Haeckel ha una buona tenuta per circa tre quarti di pellicola, ma quando si avvicina il finale ecco che, immediatamente, si profila all'orizzonte il problema principale dell'horror, problema già focalizzato a suo tempo proprio dal buon King: mostrando esplicitamente al pubblico il mostro, o l'elemento che genera il terrore, si svela il mistero interrompendo bruscamente la suspance e rischiando di scivolare nel ridicolo involontario. In questo senso Haeckel's Tale riesce a mantenere un discreto equilibrio, malgrado zombie-looks e sbudellamenti vari denuncino apertamente la scarsezza di mezzi economici e la conseguente necessità di appoggiarsi a trucchi puramente profilmici, facendo sorridere lo spettatore smaliziato e ormai assuefatto a ben altri effetti speciali. Il film si chiude in maniera circolare, là dove si era aperto, con un ultimo coup de théatre venato di humor nero degno del miglior Zio Tibia, di cui probabilmente siamo tutti un po' nostalgici, ancora una volta in perfetto B-movie style.

Movieplayer.it

3.0/5