Un film minore per Xavier Dolan? Forse sì, ma non è la fine del mondo

Un'opera che ha diversi punti in comune con il precedente Tom at the Farm, ma allo stesso tempo molto diversa dalle opere precedenti, e per questo ha spiazzato un po' la critica.

Dopo l'exploit di Mommy era assolutamente prevedibile se non inevitabile; Xavier Dolan, l'enfant prodige del cinema canadese, ritorna al cinema dopo il primo anno di pausa della sua carriera da regista e lo fa con questo It's Only The End of The World, tratto dalla omonima piece teatrale di Jean-Luc Lagarce, un'opera che a molti sembrerà un passo indietro rispetto al film che l'ha fatto conoscere ad un pubblico più vasto e l'ha trasformato nel beniamino di (neo)cinefili dell'ultimo lustro.

It's Only the End of the World: Xavier Dolan e Marion Cotillard sul set del film
It's Only the End of the World: Xavier Dolan e Marion Cotillard sul set del film

Qualcosa di molto simile Dolan in verità l'aveva già fatto qualche anno prima, quando fece seguire all'altro suo capolavoro Laurence Anyways (forse persino migliore del più celebre Mommy) un altro adattamento teatrale, quel Tom At The Farm in concorso a Venezia che per molti italiani rappresentò il primo approccio con il cinema del giovane regista del Quebec che, a nostro parere almeno, fu criminosamente sottovalutato.

La verità è che nonostante la giovanissima età - è pur sempre un classe 1989 - Xavier Dolan può già contare su una filmografia ricca e variegata ed un suo stile ben definito ma comunque in costante evoluzione, ed è particolarmente significativo notare come i suoi due film meno apprezzati (o forse meno capiti) siano proprio quelli tratti da opere altrui e non solo frutto del suo genio. Paradossalmente però potrebbero essere proprio questi due film, e in particolare questo It's Only The End of the World, a dimostrare una volta per tutte che Dolan è un regista maturo e completo, un autore che non vive solo di slanci e vezzi come dicono spesso i suoi detrattori, ma in grado di realizzare anche opere complesse, difficili e certamente non per tutti i gusti.

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Un (melo)dramma familiare

Xavier Dolan sul set di It's Only the End of the World con Marion Cotillard
Xavier Dolan sul set di It's Only the End of the World con Marion Cotillard

Fedele all'opera teatrale da cui proviene, il film racconta il ritorno a casa del trentenne Louis, drammaturgo omosessuale e malato terminale, dopo 12 anni di assenza. Louis vorrebbe riappacificarsi coi familiari, recuperare in qualche modo il tempo perduto, ma, come confessa al compagno al telefono, ha paura della sua famiglia, della loro reazione e del fatto che, nonostante il tempo passato, nulla sia in realtà cambiato.

Non conosciamo mai il male che lo affligge né i motivi che lo portarono all'autoesilio; possiamo ovviamente intuirli, ma come lo stesso Louis ci dice nel voice over iniziale non sono poi importanti, quello che realmente conta è reincontrare la famiglia, stabilire un contatto, dire quello che è venuto a dire. La cosa però risulterà ben più difficile di quello che si può immaginare, perché se Louis è un tipo quieto e poco loquace, i suoi familiari sono esattamente l'opposto. E sono nervosi, quanto e più di lui.

Ad attenderlo ci sono la madre chiacchierona ed euforica, la sorella minore che di Louis ricorda ben poco e non vede l'ora di conoscerlo, ed il fratello maggiore, Antoine, brusco e prepotente, sicuramente il meno bravo a nascondere la tensione di questa riunione. Con lui c'è anche la moglie, la dolce, sottomessa e un po' svampita Catherine che di questo cognato ha solo sentito parlare ma non ha mai incontrato: è lei la prima a rompere il ghiaccio, cominciando a parlargli dei figli e della loro vita come se questo fosse un normale pomeriggio in famiglia; è anche la prima, se non l'unica, a capire che questa riunione non potrà avere alcun lieto fine.

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It's Only The End of the World (And I Don't Feel Fine)

Con il già citato Tom at the Farm, questo film ha in comune diversi aspetti e non solo a livello di trama: ci sono le musiche di Gabriel Yared, l'ambientazione di provincia, la tensione e la sensazione di angoscia crescente; eppure i due film più che simili sono quasi complementari, soprattutto nel modo in cui affrontano il tema dei rapporti familiari e i segreti che spesso nascondono.

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Se in Tom at the Farm la verità, o almeno una versione di essa, ad un certo punto esplodeva in tutta la sua forza, qui la violenza è data proprio da quei silenzi, da quei mezzi sorrisi che sono l'unica cosa che Louis concede alla sua famiglia e che rendono la situazione insopportabile. Louis era venuto a preparare la sua famiglia alla sua imminente morte, ma arrivato lì scopre di essere già morto, di essere ormai solo un ricordo, una ferita che non può essere rimarginata ma solo peggiorare, diventare infetta.

I dolori e i talenti del giovane Dolan

Nathalie Baye e Gaspard Ulliel in It's Only The End of The World
Nathalie Baye e Gaspard Ulliel in It's Only The End of The World

Non è un tema facile quello che Xavier Dolan ha voluto affrontare con questo suo sesto film, ma d'altronde non lo erano neanche quelli dei titoli precedenti; eppure riesce a renderlo naturale e vivo nonostante la messa in scena così teatrale, e addirittura personale e perfetto per il suo cinema quando invece non solo si tratta di un'opera altrui e vecchia di più di venti anni, ma anche di un testo che cinque anni fa, per sua stessa ammissione, aveva rifiutato e non aveva capito.

Il perché non è difficile da intuire, il Dolan di oggi non è quello del (pur incredibile) esordio, non è più il ragazzino genial, ma certamente presuntuoso e irriverente, che muoveva i suoi primi passi nel mondo del cinema e che metteva se stesso, come attore ma soprattutto come regista, al centro della sua opera. Dolan oggi fa in modo che il suo cinema sia sempre frutto del lavoro dei suoi incredibili attori e mai come in questo film, ancor più che in Mommy e il suo formato 1:1, mette i loro volti sempre al centro dell'inquadratura, indugiando sui bellissimi primi piani.

Da parte loro Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Léa Seydoux, Vincent Cassel e Marion Cotillard non deludono, ma anzi regalano delle interpretazioni diversissime ma ugualmente sofferenti, in cui ogni dialogo non fa altro che aggiungere tensione e a rendere l'atmosfera più pesante dentro casa. Quando Dolan però permette al suo protagonista di scappare, seppure temporaneamente, da tutto questo e viaggiare con la memoria, anche solo per un attimo ritorna ed esplode lo stile euforico ed irresistibile che l'ha spesso contraddistinto: e poco importa se la musica sia quella, bellissima ed originale, di Gabriel Yared o di successi pop come Dragostea din tei, il giovane regista continua a confermare che anche quel talento non è certo andato perduto, è stato solo affiancato da una sensibilità maggiore e più adulta.

It's Only the End of the World: Marion Cotillard in un'immagine del film
It's Only the End of the World: Marion Cotillard in un'immagine del film

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Eppure che questo It's Only The End of the World possa sembrare ad alcuni un film minore non ci sembra poi così strano, perché non ci sono dubbi che sia molto diverso da quello che l'ha preceduto e da quello che molti potevano aspettarsi. Ma proprio per questo diciamo che davvero non c'è di che preoccuparsi, perché se anche questa volta non è stato un plebiscito non è certamente la fine del mondo e nemmeno quella della carriera di un regista che a noi sembra crescere a vista d'occhio. Ed è solo spiazzando e andando contro le aspettative che può continuare a farlo; e noi saremo qui pronti ad essere "delusi" ancora una volta.

Movieplayer.it

4.0/5