Humandroid, una fiaba futuristica sul virus dei sentimenti

Semplice nel racconto e divertente nell'azione, il nuovo film di Neill Blomkamp conferma il talento visionario di un autore sempre interessato al tema dell'accettazione sociale.

Anche se è ambientato nel futuro, in un Sudafrica ormai robotizzato e controllato da pacifici e necessari poliziotti-androidi, guardare Humandroid significa fare per forza un salto nel passato. È una sensazione molto simile a quella provata con Guardiani della Galassia, perché questa volta anche Neill Blomkamp propone un'opera di fantascienza malinconica, stracolma di riferimenti nostalgici che appartengono alla cultura degli anni Ottanta.

Humandroid: robot volanti in una scena del film
Humandroid: robot volanti in una scena del film

Le premesse della sua storia rimandano a Robocop e soprattutto a Corto circuito, ma avventurandosi nel film è facile capire che il suo vuole essere un vero e proprio omaggio ai valori cyberpunk, affascinati dalle possibilità inesplorate della tecnologia. E non mancano altri elementi che faranno la gioia degli spettatori più nerd, immersi in un Paese dei balocchi futuristico (Chappie e Pinocchio non sono poi così lontani), abitato da pseudo-mecha, action figure e celebri cartoni animati come He-Man. Al di là di questi ammiccamenti, il cuore pulsante del film batte altrove, non all'interno del mondo rappresentato, che funge solo da sfondo, ma dentro il rivestimento in titanio di un "giovane" automa che dovrà imparare presto a conoscere il mondo a cui ha avuto improvviso accesso.

Io sono Chappie

Humandroid: Dev Patel parla con Chappie in una scena del film di fantascienza
Humandroid: Dev Patel parla con Chappie in una scena del film di fantascienza

Humandroid è prima di tutto la storia di Chappie, un robot malconcio nel quale un brillante ingegnere installa un'intelligenza artificiale avanzata. L'androide è costretto ad affrontare il violento impatto con una realtà piuttosto squallida, scisso tra le amorevoli attenzioni del suo creatore e lo sfruttamento di una banda criminale. Il protagonista, pieno di ingenua vitalità, assomiglia ad un vaso di argilla malleabile che cambia forma a seconda delle intenzioni dei suoi "maestri". Blomkamp pone subito l'accento sul dilemma etico legato alle conseguenze di una tecnologia sfrenata, trovando nella coscienza di sé un motivo più che valido per dare umanità alla sua macchina pensante. Ma se il tema della moralità androide è stropicciato e affrontato con superficialità rispetto a capisaldi come Blade Runner, il principale merito di Humandroid è stato quello di creare un personaggio riuscito, dolce e simpatico, meritevole dell'empatia del pubblico, dando vita ad un semplice racconto di formazione con una morale dedicata alla responsabilità dell'utilizzo tecnologico. La vittoria del film si compie quando riesce a far percepire Chappie come un essere vivente comune, dotato di libero arbitrio, svestito della sua corazza robotica. Proprio per questo motivo il titolo scelto dalla distribuzione italiana banalizza e generalizza il messaggio focale di un'opera (in originale appunto Chappie) che sottolinea la fondamentale importanza dell'identità e dell'unicità.

Il download degli affetti

Humandroid: Yo-Landi Visser aggredita da un droide in una scena del film
Humandroid: Yo-Landi Visser aggredita da un droide in una scena del film

In District 9 e in Elysium il tema della segregazione razziale-sociale era ricorrente e basilare, mentre in questo caso, per quanto il contesto si presti a riaffrontare la questione, Blomkamp si sofferma sulle singole personalità dei protagonisti, senza mai aprirsi ad una visione globale della realtà che racconta. Quello che contano sono le connessioni tra personaggi, mossi dallo spirito demolitore dell'invidia e dalla fatica costruttiva dell'educazione, ma quello che sembra un banale scontro tra Bene e Male, per una volta non si risolve in un duello dicotomico perché l'affetto si diffonde come un virus al di là degli schieramenti. Da una parte Dev Patel è credibile nell'interpretare un cervellone curioso delle potenzialità del progresso, dall'altra, mentre Sigourney Weaver ci regala l'ennesimo cameo incolore (un allenamento con il regista in vista del nuovo Alien?), emerge un inedito Hugh Jackman nei panni di un testardo guerrafondaio con un look che ricorda un rozzo boyscout traumatizzato dal fallimento. Però, nel suo inno alle piccole cose, Humandroid concede particolare valore ai personaggi minori con i quali il robot crea una fitta rete di rapporti, in cui si ingarbugliano carezze e violenza.

Humandroid: Hugh Jackman con Dev Patel in una scena del film
Humandroid: Hugh Jackman con Dev Patel in una scena del film

Meraviglia 2.0

La vera protagonista che si cela dietro il tenero sguardo di Chappie è la tecnologia. Di lei si parla e di essa si fa un ottimo uso. Derivativo e citazionista da un punto di vista narrativo, Humandroid conferma il talento visivo di Blomkamp, sempre ispirato nel character design e sapiente nella gestione dell'azione, mai bulimica, resa plastica ed enfatica da un uso sapiente dei ralenti. Il regista si riconferma abile costruttore di mondi fatiscenti, con la passione viscerale per una fantascienza sporca, arrugginita, assai realistica. Naturale arricchimento di un vecchio cortometraggio dell'autore sudafricano (Tetra Vaal, 2004), Humandroid sfiora temi complessi per poi adagiarsi su un racconto più canonico a cui non manca sincerità assieme alla voglia di riscoprire il piacere della meraviglia attraverso gli occhi di un androide un po' bambino, un po' eroe.

Movieplayer.it

3.0/5