Senso di colpa costante, citazionismo sfrenato, disagio generazionale: lo stile di Zerocalcare è riconoscibile e amatissimo, fin da quando, nell'ottobre 2011, pubblica, praticamente in contemporanea, il suo primo albo a fumetti, La profezia dell'armadillo, e il suo blog. Il passaparola è capillare, le strisce di Zero diventano di culto, perché sembrano dare voce a un'intera generazione, cresciuta negli anni '90 e forse rimasta ancora lì, tra i tasti viola di un Game Boy.
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Portare sullo schermo la graphic novel di Michele Rech, vero nome di Zerocalcare, era difficilissimo: si parla di un fatto molto personale, l'elaborazione di un lutto, vissuta ripercorrendo momenti cruciali della crescita dell'autore, insieme al migliore amico Secco e a tutti i personaggi che affollano la sua mente, tra cui l'Armadillo, la forma che ha scelto per la sua voce interiore.
Ad affrontare questa sfida difficile è stato Emanuele Scaringi, che ha raccolto il testimone di Valerio Mastandrea, che inizialmente avrebbe dovuto esordire alla regia proprio con La profezia dell'armadillo, nelle sale dal 13 settembre: all'opera prima, il regista ha scelto come protagonisti Simone Liberati nel ruolo di Zero, Pietro Castellitto per interpretare Secco (perfetto) e Valerio Aprea come Armadillo, nascosto sotto un costume di lattice.
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Dare voce a una generazione
Per immedesimarsi totalmente nel ruolo, gli attori hanno seguito una stretta dieta a base di plumcake, cibo prediletto da Zerocalcare, come si vede in molte delle sue strisce: "Era previsto da contratto. Abbiamo fatto anche dei corsi di apnea" ci hanno detto Liberati, Castellitto e Aprea a Venezia, durante la 75esima Mostra Internazionale del Cinema, dove il film è stato presentato in anteprima.
Scherzi a parte, dare voce a un'intera generazione non è facile: quella che racconta Zerocalcare poi sembra essere una generazione che convive a tempo pieno con il "disagio esistenziale" (e l'ansia). Pietro Castellitto ha tentato di spiegarci perché: "Un disagio che avevo qualche tempo fa, ma che ora sta passando, era dato dalla percezione che gli adulti non avessero idea di cosa provassi. Anche nel fumetto c'è questo scarto, tra quello che un ragazzo ha dentro, le sue aspettative, e l'idea che invece gli altri si sono fatti di lui".
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A proposito di quello che "un ragazzo ha dentro", anche Castellitto ha dato una forma particolare alla sua voce interiore: nel suo caso è un agente segreto americano senza nome: "È cresciuto nel Bronx, ma ci siamo evoluti insieme: ha vissuto tutti i problemi che di volta in volta avevo e me li ha risolti. Lavora ancora. Potrebbe essere con noi in questo momento".