Recensione Sanctum 3D (2010)

Il film di Grierson ha il suo indubbio fascino visivo, raggiunto grazie a scenografie naturali sapientemente ricreate e a una regia che gestisce bene gli spazi sempre più angusti e oscuri che i protagonisti si trovano ad attraversare, con il 3D che lavora efficacemente su un coinvolgimento quasi fisico.

La fisica dell'oscurità

Una squadra di speleologi si avventura nelle grotte di una sperduta località del Pacifico. La spedizione è guidata da Frank McGuire, uomo che ha dedicato alla speleologia la sua intera esistenza, che ne ha fatto una vera e propria missione al punto di coinvolgervi, suo malgrado, il riluttante e rancoroso figlio Josh. Il resto della squadra è composta dal finanziere Carl Hurley, da sempre amico di Frank, dalla sua ragazza Victoria e dall'esperto Crazy George: lo scopo è inoltrarsi nelle profondità sotterranee, in anfratti mai esplorati dall'uomo, per trovare un passaggio che conduca all'oceano. Scopo, questo, che diventa una questione di pura sopravvivenza quando un imprevisto getta nel panico la spedizione: un'improvvisa alluvione ha bloccato la via d'uscita, e l'unica speranza di salvezza per gli uomini è inoltrarsi sempre più in fondo nelle grotte sotterranee, cercando il passaggio sulla cui esistenza Frank ha sempre giurato e lottando contro la claustrofobia e le tensioni che iniziano a crearsi nel gruppo.


Nonostante i lanci pubblicitari di questo Sanctum 3D mettano in bella evidenza il nome di James Cameron, qui il regista di Avatar ha solo il ruolo di co-produttore esecutivo, mentre in cabina di regia troviamo il giovane filmaker australiano Alister Grierson. Nondimeno, va detto che, vedendo il film, l'influenza di Cameron non risulta del tutto assente: l'impatto visivo della regia, il coinvolgimento quasi fisico che richiama, lo sforzo nel ricreare un universo oscuro e inospitale che sia al contempo fonte di fascino e spavento, rimandano a molti film del regista americano. L'idea di partenza è in fondo molto simile a quella di Abyss (vecchia opera di Cameron troppo spesso dimenticata, ma comunque momento fondamentale della sua carriera) con le profondità della terra (lì erano quelle marine) viste come vero e proprio mondo da esplorare, quasi "alieno" nel suo essere del tutto ignoto all'uomo. Qui non ci sono, tuttavia, creature extraterrestri o pericoli sovrannaturali a ostacolare il viaggio dei protagonisti: il confronto è solo tra l'uomo e la natura, e soprattutto tra il singolo individuo e le sue personali paure.
Il film di Grierson ha il suo indubbio fascino visivo, raggiunto grazie a scenografie naturali sapientemente ricreate, a uno sforzo produttivo evidente e a una regia che gestisce bene gli spazi sempre più angusti e oscuri che i protagonisti si trovano ad attraversare, restituendo allo spettatore un senso di montante claustrofobia. Il 3D è in questo senso un'arma in più, e il suo uso non può certo dirsi gratuito: la tecnologia stereoscopica lavora qui sulla profondità di campo, rende più intensa la fisicità delle sensazioni che il film evoca, aggiunge consistenza alle già efficaci scenografie.

Se, tuttavia, l'aspetto visivo del film è indubbiamente curato e riuscito, lo stesso non può dirsi di quello più strettamente narrativo. Gli sceneggiatori John Garvin e Andrew Wight (quest'ultimo già collaboratore di Cameron nei suoi esperimenti in 3D IMAX) sono dei tecnici esperti del mondo sottomarino, ma praticamente privi di esperienza nel campo della scrittura cinematografica: il loro sforzo sembra essere stato più quello di creare una storia credibile dal punto di vista tecnico/ambientale, piuttosto che di costruire un coerente racconto per immagini. La definizione dei personaggi risulta carente e ricca di stereotipi, a partire dal banale rapporto padre/figlio che costituisce uno dei motivi centrali della narrazione, per arrivare a dialoghi che in alcuni frangenti riescono involontariamente comici: quello che ci si chiede, legittimamente, è perché la produzione non abbia affiancato ai due uno sceneggiatore vero, che fosse in grado di dare una consistenza ai personaggi e rendere credibili le loro interazioni.
Allo stato attuale, quindi, Sanctum 3D risulta un esperimento sicuramente interessante, visivamente elaborato e tecnicamente ben costruito, oltre che ben recitato (i protagonisti, con in testa il bravo Richard Roxburgh, si sforzano come possono di supplire alle carenze dello script); ma i limiti insormontabili sono purtroppo quelli di una sceneggiatura spesso deficitaria, che in alcuni punti fa emergere un vero e proprio dilettantismo nella semplice costruzione di un intreccio coerente. Chi si appresta a immergersi nella visione del film, farà bene a tenerlo a mente.

Movieplayer.it

3.0/5