Capitalismo e gioventù. Questi sono i temi attorno a quali si sono concentrati Gianni Zanasi e il suo cast nel presentare al pubblico del Torino Film Festival La felicità è un sistema complesso. Italiano di punta della sezione più glamour del festival, Festa Mobile, Zanasi si inventa un mestiere che nella realtà non esiste affidandolo all'irresistibile Valerio Mastandrea. Nei panni di Enrico Guidi, Mastandrea ha il compito di stringere amicizia con imprenditori incapaci e inaffidabili per poi convincerli a lasciare il lavoro prima di far fallire la propria azienda.
Al suo fianco, in un cast di tutto rispetto, spiccano Giuseppe Battiston nel ruolo di un ambiguo avvocato e l'israeliana Hadas Yaron in quello di una studentessa che Enrico si ritrova in casa suo malgrado. Spumeggiante come sempre, Valerio Mastandrea inaugura la conferenza con un avvertimento che riguarda l'amico Gianni Zanasi chiudendo di non rivolgergli domande troppo complicate perché "se Zanasi ha impiegato sette anni a fare un film, significa che qualche problema ad esprimersi ce l'ha". La vera ragione dello iato che separa Non pensarci a La felicità è un sistema complesso ce la spiega Zanasi. "Prima ho scritto un film che non mi piaceva, poi ne ho scritto un altro che non è piaciuto a nessuno e così il tempo è passato".
Ridare violenza alle emozioni
Il tempo non passa mai inutilmente. Lo stesso regista concorda nell'affermare che La felicità è un sistema complesso "è un film più maturo rispetto al passato, che si prende dei rischi e nasce da una mia urgenza. Sentivo il bisogno di parlare del cambiamento. E' un tema che mi porto dentro dal primo film, ma volevo mettere il concetto in relazione con una dimensione più collettiva. Il mio protagonista, Enrico, è un idealista che ha intrapreso un lavoro perché pensa davvero di poter incidere sulla vita degli altri migliorandola. Come tutti gli adulti ha una vita irrisolta e vuole cambiare il mondo perché non riesce a cambiare se stesso". Quando Gianni Zanasi parla di rischi, si riferisce anche a una tensione formale nuova, a un tentativo di allontanarsi da una forma tradizionale grazie all'uso di inserti musicali e a una generale atmosfera sognante che avvolge la narrazione. "Nel film c'è tanto materiale narrativo, forse troppo" ammette "ma io procedo in modo istintivo, con tutti i pro e i contro che questo comporta. Dietro i miei film c'è un ragionamento che proviene più dallo stomaco che dal cervello. Ad esempio, nella scena dell'ospedale ho scelto una canzone dei Nouvelle Vague per creare un emozione e vedere come reagisce di fronte a essa un personaggio come Enrico che usa l'ironia come forma di difesa. La scelta dei brani musicali è stata casuale. Di recente ho visto Io la conoscevo bene di Pietrangeli. Oggi i critici, analizzando il film, direbbero tre cose: che ha troppa musica, che non sembra un film italiano e soprattutto che è un bel film. Io non invento niente, altri lo hanno fatto prima di me. L'importante è non cadere nelle convenzioni incancrenite di certe opere, ma di ispirarsi ai grandi. Pensiamo al Il dottor Stranamore, ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba di Kubrick e al modo in cui usa le musiche in concomitanza con le esplosioni. E' quello che ho cercato di fare io, ridare violenza alle emozioni e renderle meno sofisticate".
Attori e coautori
Quando a parlare è l'istrionico Valerio Mastandrea non si salva nessuno. Bersaglio preferito dei suoi scherzi è ancora l'amico Zanasi. "Gianni è proprio così. Si diverte a sperimentare. Scopre le soluzioni man mano che le mette in pratica. Capite cosa significhi per un attore subire questa violenza creativa? Noi siamo le sue cavie. Dopo Non pensarci la nostra è diventata un'unione di fatto. Abbiamo continuato a sviluppare il mio personaggio. Gianni mi ha consegnato un copione infinito. Quante pagine erano, mille? Poi sono state ridotte a cento. A pagina 2 ho capito chi fosse perché mi somigliava moltissimo. Stavolta la trama era molto più articolata, ma tante soluzioni sono arrivate in maniera istintiva. Io e Gianni ci abbiamo lavorato insieme per un anno, poi il lavoro è continuato sul set. Il mio protagonista è un uomo convinto di fare guerra alla New Economy, una guerra dove non vince perché si può vincere solo riconoscendo l'importanza degli altri". A confermare la sua propensione a collaborare con gli attori anche in fase di scrittura è lo stesso regista che spiega: "E' raro trovare degli attori capaci di integrarsi rapidamente con il mio metodo di lavoro. Per fortuna ho incontrato Valerio, ma anche Hadas e Giuseppe Battiston. I miei attori diventano anche coautori, quindi se il film è brutto è colpa loro. Quanto a Valerio, è una persona ricca di sfumature, che ha il merito di non giudicare le persone. Lavorare insieme non ci impedisce di divertirci".
Un tocco al femminile
A dare un tocco internazionale nel cast è la bella Hadas Yaron, giovane interprete di La sposa promessa e Felix & Meira "catapultata" sul set di La felicità è un sistema complesso. "All'inizio conoscevo la trama del film in generale e avevo una vaga idea dei personaggi" ci racconta Hadas. "Due anni fa ci siamo incontrati a Venezia con Gianni e Rita, la produttrice. Poi sono venuta a Roma per fare un provino con Valerio. Gianni è un essere umano davvero speciale e il suo set è unico, diverso da tutte le mie precedenti esperienze. Con lui tutto prende vita, non so se lui ha paura o no, ma è capace di cambiare costantemente alla ricerca dell'autenticità". Riguardo all'alchimia che si è creata con Mastandrea, che traspare dalle scene in cui i loro personaggi si confrontano con eccezionali tempi comici, Hadas confessa: "Valerio mi fa tanto ridere. Lavorare con lui è difficilissimo perché anche quando dovevo restare seria non ci riuscivo. E' trascinante, con lui è facile far funzionare i momenti comici". Parlando del suo personaggi, Achri, aggiunge: "E' una ragazza un po' persa e un po' libera. E' una persona forte, è molto diretta e non sa fingere. Fa le cose solo nel momento in cui sente di farle". Prima di salutarci, Gianni Zanasi ci chiarisce l'origine del curioso titolo da lui scelto. "Il film doveva cominciare in un altro modo. All'inizio avevo pensato a una distesa di neve nel profondo nord della Svezia. Qui un gruppo di giovani assiste al seminario di un filosofo polacco e scrittore autore del libro La felicità è un sistema complesso. Enrico veniva illuminato dall'incontro. In pratica il libro sostiene che oggi siamo talmente connessi gli uni con gli altri che è quasi impossibile essere felici da soli. Il filosofo poi aveva scritto un secondo libro, La felicità è un sistema molto complesso".