Kimi - Qualcuno in Ascolto, la recensione: Steven Soderbergh e un (grande) thriller contemporaneo

La recensione di Kimi - Qualcuno in Ascolto: ansie moderne, uno smart speaker e l'omaggio ad Alfred Hitchcock. Steven Soderbergh non ne sbaglia una, portando in risalto le fatiche mentali dovute alla Pandemia (anzi, dal lockdown) e la tecnologia come primaria fonte di controllo. Protagonista una super Zoë Kravitz. In streaming.

Kimi - Qualcuno in Ascolto, la recensione: Steven Soderbergh e un (grande) thriller contemporaneo

Le inflessioni sono quelle di Hitchcock, riviste in una messa in scena classica (le vibes sono quelle degli Anni Cinquanta o Sessanta) eppure contemporanea, fotografando in modo essenziale i tempi frenetici e mirabolanti di un cinema irreale eppure avvicinabile alla realtà più stretta. In mezzo, la solita e meticolosa visione cinematografica di Steven Soderbergh, con i suoi flussi e i suoi schizzi, amalgamando i linguaggi visivi a quelli sonori. Un veloce preambolo per introdurre nel migliore dei modi il sorprendente Kimi - Qualcuno in Ascolto, distribuito (finalmente) anche in Italia, come troppo spesso accade, senza alcun annuncio (lo trovate in streaming sugli store di Apple TV+, Prime Video, Rakuten, Google Play, Chili), nonostante l'importante eco che ha accompagnato la release USA su HBO Max nel febbraio del 2022. Come dire, anche questa volta meglio tardi che mai, e se le strade del cinema sono infinite, allora l'immediato consiglio è quello di immergervi nei novanta minuti del film che, dietro la fitta coltre thriller, cela i disagi e le crepe di una società rigirata su se stessa, chiusa a doppia mandata, ossessionata e in preda al panico.

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Kimi: una foto del film

Dunque, la cornice che altera la situazione (anzi, la fa letteralmente esplodere) è quella sconosciuta terra di mezzo che ha immediatamente seguito i giorni di lockdown da Covid-19. Il futuro era arrivato, ma nascondeva incognite e timori capaci di incastrare i naturali bisogni. Attenzione, la cornice pandemica, per Soderbergh, è solo un pretesto per delineare i contorni del film, idealizzati tanto sulla convincente protagonista quanto sugli eventi in cui è (in)direttamente coinvolta. Il cinema, al contrario di altri eventi storici lasciati decantare (l'11 Settembre, tipo), si è immediatamente lanciato sulla Pandemia, raccontando confinamenti e ansie, eppure Kimi - girato nel 2021 - pare addirittura fare un passo avanti, rendendo lo scenario generale un fattore chiave che altera in modo marcato le nostre giornate. In poche parole, secondo Soderbergh, il mondo circostante è il padrone assoluto, modificando e influenzando le nostre abitudini, il nostro equilibrio e il rapporto osmotico con che abbiamo con la tecnologia.

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"Kimi, registra"

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Kimi: un frame del film

Se la Pandemia è un costante rumore di fondo, in Kimi è proprio il dialogo che abbiamo con la tecnologia a spostare l'attenzione della protagonista, Angela Childs, interpretata da una super Zoë Kravitz, che lavoro sugli occhi, sul corpo, sui dettagli. Maglioni larghi, capelli blu, una bella casa a Seattle e l'agorafobia che non le fa oltrepassare la soglia della porta. Angela osserva il mondo dalle sue enormi finestre, un trauma passato sembra accompagnarla, lasciandole in eredità innumerevoli tic, una camminata strana e lo sguardo inquieto. Angela è in apnea, e il martellamento da lockdown - come per molti, nella sua stessa situazione - ha acuito il disagio. Qui, il primo punto del film: gli strascichi prolungati della Pandemia, supportati una narrazione giornalistica alcune volte sballata, non sono solo fisici ma soprattutto psichichi, riversandosi sulla naturale fragilità umana. Angela, in questo caso, ne è l'esempio lampante.

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Kimi: una scena del film

Soderbergh la racconta fotografandola quasi ai margini dell'inquadratura, minuta in una casa gigantesca che le offre protezioni e certezza. Da una parte le chiamate su FaceTime con sua mamma e le sedute via Zoom con l'analista, dall'altra il suo lavoro, quello di informatica incaricata di ascoltare le registrazioni anonime di Kimi, dispositivo di assistenza virtuale in stile Alexa. Cuffie sulle orecchie e udito sopraffino, Angela è in smart-working e corregge il software delle indicazione dello smart speaker. Poi, lo schianto: tramite una delle tante registrazione scopre un crimine violento.

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La perdita del controllo

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Kimi: un'immagine del film

Legato alle atmosfere di Unsane, Kimi è appunto un film che mostra il lato nascosto delle nostre paure, enfatizzate da un'emergenza globale capace di spostare il pensiero e l'attenzione. In uno slancio di cinema raffinato ed elegante, che maschera forse un pre-finale sovraccarico (ma girato in modo esemplare), Soderbergh gioca con la materia del thriller da camera, rifacendosi per l'appunto agli archetipi provenienti da La Finestra sul Cortile. La tensione, per Soderbergh, è subito rivelata - insomma, il mistero è facilmente intuibile - perché innanzitutto si concentra sulla complicata misura emotiva della protagonista, che non esce quasi mai dalla scena. L'occhio del regista la segue, la insegue, quasi la spia, sottolineando quanto oggi si navighi in una realtà che ha abbattuto i muri della privacy. Ogni cosa è condivisa, ogni dispositivo è lì, in ascolto perpetuo e silenzioso, tanto che il sound design è apprezzabile tramite l'ascolto in cuffia.

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Kimi: una scena

Unendo i puntini, Steven Soderbergh mantiene coerente la sua personale poetica ma, intanto, continua ad alternare i suoi racconti cinematografici - e questo è scritto da un grandissimo sceneggiatore, David Koepp - mescolando nuovi linguaggi e nuove sfumature (rivedete No Sudden Move!), pur attenendosi ad una messa in scena dai valori splendidamente tradizionali. Un esempio è la colonna sonora strumentale e leggiadra di Cliff Martienz, che segue il regista fin dai tempi di Sesso, Bugie e Videotape, e che viaggia parallela alle sincopate immagini: un'unione di intenti, la perdita del controllo e un crimine che finirà per liberare Angela Childs / Zoë Kravitz da una trappola mentale e dalle sua asfissianti estensioni così simili alle nostre.

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Conclusioni

Le ansie moderne, uno smart speaker sempre in ascolto e l'omaggio ad Alfred Hitchcock. Concludiamo la recensione di Kimi rimarcando la capacità visiva e regista di Steven Soderbergh che, tramite un thriller che si rifà a La Finestra sul Cortile, porta in risalto le fatiche mentali dovute alla Pandemia e la tecnologia come primaria fonte di controllo. Protagonista una super Zoë Kravitz.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.6/5

Perché ci piace

  • Steven Soderbergh è una garanzia.
  • Il lavoro di Zoë Kravitz.
  • La colonna sonora.
  • Le sensazioni, tra thriller moderno e classico.

Cosa non va

  • Forse il pre-finale è un tantino eccessivo.