Recensione Poliziotti fuori - Due sbirri a piede libero (2010)

L'autore di Clerks si ritrova a dirigere per la prima volta un film scritto da altri e per la prima volta al servizio di una major.

Kevin Smith diventa mainstream?

Se c'è un autore del cinema contemporaneo la cui immagine viene associata in modo netto ed indiscutibile con il mondo indie, questo è Kevin Smith: da Clerks - Commessi in poi, l'autore è diventato una vera e propria icona del settore, assumendo, in particolare in patria, uno status di culto che travalica i limiti del grande schermo, trascinandosi sulla sua persona, dai suoi articoli ed interventi sul blog ai fumetti. E' forse per questo che la sua prova come regista in Poliziotti fuori - Due sbirri a piede libero per conto della Warner ha fatto storcere il naso al popolo dei suoi seguaci, online e non, che hanno accusato il loro beniamino di essersi venduto al mondo della major e si sono spinti al punto da chiedersi se il film potesse essere annoverato nella filmografia del regista. E' forse questo atteggiamento nei confronti del film, diffusosi ancora prima la sua uscita, a spingere l'autore a reagire in modo drastico alle recensioni in buona parte negative tramite il suo Twitter, la sensazione che per molti l'opinione sul film fosse stata decisa già prima di poterlo vedere.
Ma quello che ci interessa in sede di recensione, è il film e non le polemiche che lo hanno circondato, ed è su Poliziotti fuori che vogliamo concentrarci.

Quello che Smith mette in scena è un film sul genere dei buddy cop, un omaggio a classici del filone come Arma letale e 48 ore, incentrato su una coppia di poliziotti composta da Jimmy e Paul, ben assortita in termini di casting per la presenza di due attori diversi tra loro come Bruce Willis e Tracy Morgan. Sospesi senza paga per aver fallito una importante operazione a loro affidata, i due si ritrovano in difficoltà; in particolare Jimmy, che deve trovare un modo per finanziare il lussuoso matrimonio della figlia senza essere sostretto ad accettare i soldi del nuovo marito della ex, con conseguente umiliazione come padre e come uomo.

L'idea di vendere una rarissima card di un giocatore di baseball sembra quella vincente, ma quando il prezioso oggetto viene rubato, per la coppia di poliziotti inizia un percorso che, un passo dopo l'altro, li riporta in contatto con il mondo dello spaccio di stupefacenti che aveva inizialmente causato la loro sospensione, offrendo loro una possibilità di riscattarsi.
Una trama piuttosto classica, quindi, che ha proprio nei due protagonisti, nel loro contrasto su schermo e nell'alchimia dei due interpreti, il suo elemento più riuscito: per un Willis misurato, silenzioso e controllato, c'è un Morgan tendente all'isteria, una vera esplosione linguistica con la sua parlantina al servizio di dialoghi zeppi di citazioni cinematografiche ed umorismo sopra le righe. Interessanti anche i nomi che completano il cast, dalla coppia di poliziotti rivali dei protagonisti, composta da Kevin Pollack ed Adam Brody, a Michelle Tratchenberg nel ruolo della figlia di Willis e Jason Lee imperdibile nella breve apparizione come patrigno della ragazza.

Ma se alcune sequenze garantiscono divertimento (imperdibile in tal senso il primo interrogatorio di Morgan a suon di citazioni da film più o meno attinenti alla situazione), molte altre crollano in un umorismo di bassa lega che avrebbe giustificato il titolo provvisorio del film in fase di lavorazione (A Couple of Dicks). Lo stesso umorismo di Morgan viene enfatizzato troppo, risultando a tratti fastidioso e molto meno efficace di quanto sia noto al pubblico di 30 Rock, la pluripremiata serie NBC che lo vede tra i protagonisti.

Nè aiutano le scelte di Kevin Smith regista nelle sequenze più propriamente d'azione che la sceneggiatura prevedeva, da inseguimenti alle sequenze basate sul parkour, l'"arte dello spostamento" di origine francese che prevede l'arrivare da un punto A ad uno B nel modo più rapido possibile che usa uno dei personaggi del film.
E' questo che fa storcere il naso a noi, piuttosto che il presunto tradimento mainstream di Smith, che si sia affidata a lui la regia del film partendo da una sceneggiatura non sua (situazione mai accaduta in precedenza), quando il suo punto di forza come autore sono proprio dialoghi e personaggi e non certo messe in scena elaborate e dinamiche. Ci sentiamo di pensare che con i suoi testi al posto di quelli dei fratelli Cullen il film avrebbe guadagnato dei punti, ma non ne avremo mai la controprova.

Movieplayer.it

2.0/5