Jonny Brugh, Deacon in What we do in the shadows: “Ai vampiri ora preferisco i supereroi”

Intervista esclusiva a Jonny Brugh, il vampiro Deacon in What we do in the shadows, film d'esordio di Taika Waititi trasformato nell'omonima serie tv, appena rinnovata, e che potrebbe avere un sequel: We're Wolves.

What We Do in the Shadows: una foto promozionale di gruppo
What We Do in the Shadows: una foto promozionale di gruppo

Oggi il nome di Taika Waititi è uno dei più ammirati di Hollywood, fresco di Oscar per la sceneggiatura non originale di Jojo Rabbit, golden boy della Marvel grazie alla sua versione colorata e comica di Thor (dopo Thor: Ragnarock, nel 2022 uscirà Thor: Love and Thunder) e voce del robot IG-11 di The Mandalorian. Eppure fino a sei anni fa, al di fuori della Nuova Zelanda lo conoscevano in pochissimi. Tutto è cambiato grazie a What we Do in the Shadows: finto documentario che racconta la vita da coinquilini tra alcuni dei più famosi vampiri della storia della letteratura. Tra loro ce n'è anche uno creato ad hoc: Deacon. Ex nazista, il più giovane (solo 183 anni) e quindi ribelle del lotto. Ha conquistato il pubblico grazie alla sua "danza erotica": tutta farina del sacco di Jonny Brugh, attore, comico e scrittore, che ha dato letteralmente il proprio sangue al vampiro.

La video intervista esclusiva a Jonny Brugh

La nascita di Deacon e di What we Do in the Shadows

La storia di Deacon comincia nel 2005, grazie al corto What We Do in the Shadows: Interviews with Some Vampires, diretto da Taika Waititi e scritto da Jemaine Clement. Diventato un piccolo cult in patria. Nel 2014 Waititi e Clement l'hanno trasformato in un lungometraggio, che ha fatto impazzire i cinefili di mezzo mondo, portando alla ribalta gli autori neozelandesi. Il successo è stato tale da spingere Clement a trasformare ancora una volta la sua creatura, passata sul piccolo schermo grazie alla serie tv omonima. La seconda stagione è appena terminata (da noi è andata in onda su Fox, canale 112 di Sky), ma What we Do in the Shadows è stata rinnovata per una terza. E potrebbe non essere finita qui.

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What We Do in the Shadows: Jonathan Brugh con Jemaine Clement e Taika Waititi in una foto promozionale
What We Do in the Shadows: Jonathan Brugh con Jemaine Clement e Taika Waititi in una foto promozionale

Ne abbiamo parlato proprio con Jonny Brugh, in collegamento dalla Nuova Zelanda: nonostante per noi fosse notte e per lui mattina molto presto, ci ha confessato, con in mano una tazza di caffè, che non gli dispiacerebbe affatto continuare a interpretare il vampiro Deacon, che gli ha dato la possibilità di dare sfogo a tutti i lati peggiori della sua personalità. Anche autore dei suoi spettacoli di stand-up comedy, Brugh preferisce interpretare un personaggio quando è sul palco, invece che essere semplicemente se stesso. E il vampiro nazista Deacon è ancora molto presente nella sua vita: durante la quarantena l'ha infatti utilizzato per il suo podcast, chiamato, inutile dirlo, Deacon's Podcast. Anche se ci ha confessato che ultimamente è più affascinato dai supereroi.

Jonny Brugh è il vampiro Deacon in What we do in the shadows

Se Deacon era un vampiro nazista, perché non è in Jojo Rabbit?

Deacon negherebbe tutto, qualsiasi cosa accaduta durante la Seconda Guerra Mondiale: anche se è pronto ad allearsi a ogni tipo di creatura diabolica e stregone. Anche se negherebbe che tutto sia mai esistito. Oggi lo farebbe comunque: preferirebbe andarsene in giro libero da ogni problema. Se uno avesse cercato bene, avrebbe potuto trovarlo in un club di burlesque francese, mentre cercava di convincere una delle bellissime ballerine che avevano appena fatto un'imitazione di Hitler a seguirlo nel suo bunker e a non imitarlo mai più. Altre volte invece avrebbe potuto chiedere: fammi vedere la tua imitazione! E dire che era piuttosto buona. Lui non è in grado di farlo, tranne la parte della tortura. Quindi se Jojo Rabbit fosse entrato in uno di quei club di cabaret avrebbe potuto trovarlo lì.

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Deacon è ancora una parte importante della tua vita: stai facendo un podcast, che si chiama Deacon's Podcast. Come hai creato il suo accento? È davvero particolare.

Non l'ho fatto, non ci ho pensato. Quando fai teatro e stai creando un personaggio ti lasci andare: c'è l'attore e il personaggio e ti aggrappi a lui. Se hai dieci minuti per prepararti a una scena corri, ti metti un cappello, ti trucchi la faccia, torni e fai un accento strano. Questa è la base per molti dei personaggi che ho creato: non ci penso troppo. Se fosse una richiesta specifica del regista probabilmente avrei tre mesi per trovare il giusto accento. Se il personaggio viene dall'est Europa faccio quell'accento, che è quello di Deacon: viene da lì, ha vissuto in Ucraina per 40 anni. Quando è arrabbiato l'accento è spagnolo, quando è annoiato invece è russo. Uso il ritmo più divertente: se mi avessero chiesto di fare un accento russo probabilmente non mi sarebbe venuto bene. Non ci penso: è una commedia. Facendo questo podcast, Stu, il lupo mannaro, mi ha detto che sembro un po' messicano. Quando unisco tutte le parole insieme sembro messicano: e ora mi sembra di sentire solo quell'accento!

What We Do in the Shadows: Jemaine Clement (Vladislav) con Taika Waititi (Viago) e Jonathan Brugh (Deacon) in una scena
What We Do in the Shadows: Jemaine Clement (Vladislav) con Taika Waititi (Viago) e Jonathan Brugh (Deacon) in una scena

La passione per i vampiri e i nuovi mostri

Locandina di What We Do in the Shadows
Locandina di What We Do in the Shadows

What We Do in the Shadows è la prova che non ci stanchiamo mai dei vampiri: secondo te perché li amiamo così tanto? Perché sono così speciali per noi?

Ho passato un po' di tempo in America: ho avuto il piacere di essere invitato a delle convention horror, per incontrare i fan di What We Do in the Shadows, e la passione del pubblico mi ha davvero sorpreso. Personalmente non ho questo amore per i vampiri: mi dispiace per loro, non riesco a immaginare cosa voglia dire vivere in quel modo. Non credo di essere la persona adatta per rispondere a questa domanda: i vampiri non mi affascinano. Li ho approcciati in modo tecnico. Considero il mio personaggio come un alter ego, che mi dà la scusa per mettere fuori le parti peggiori di me stesso. Così funziona: un personaggio può essere il peggiore del mondo, ma anche affascinante. È la chiave per il successo di ogni ruolo. Deve esserci una ragione per volerlo interpretare. I vampiri sono personaggi di finzione, creati dall'uomo: tutta questa fascinazione, questo piacere che provoca la paura, è una delle evoluzioni più importanti dell'emotività umana, ci mantiene vivi. Se non avessimo paura saremmo incoscienti e finiremmo per essere mangiati da un lupo mannaro o un vampiro. Forse c'è una fascinazione anche grazie a come i registi li hanno rappresentati: nel film 30 giorni di buio dei vampiri circondano un villaggio nel mezzo della tundra congelata. Sono terrificanti perché sembrano squali: bestie fredde che cercano di nutrirsi. L'aver dato un volto umano a un predatore, come uno squalo o un lupo, ce lo ha reso più familiare: il volto umano, quello di nostra madre, è la prima cosa che vediamo tutti. Ogni volto esprime ciò che pensiamo: prova a unirlo allo squalo bianco!

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I vampiri sono una metafora molto potente: secondo te chi sono i mostri oggi? Hai detto che i vampiri non ti affascinano: chi sono allora i veri mostri nel mondo reale?

Forse i predatori sessuali. I veri mostri... Mi domando se sia l'uomo a essere diventato il mostro moderno. Sì, gli assassini: c'è un documentario adesso, Making a Murderer, che racconta come le persone si trasformino, perdendo l'empatia e diventando dei mostri. Sì, credo che i mostri moderni abbiano forma umana. Non vedo i predatori naturali come dei veri mostri: le tigri sono bellissime, gli animali sono bellissimi. Le orche, le balene sono delle creature bellissime: certo, se sei un pinguino sono dei predatori. Se parliamo di letteratura, gli umani spesso sono sleali e disonesti e questo è diventato parte della mitologia dei vampiri: possono ipnotizzarti e farti fare cose che non vuoi. Queste sono caratteristiche soprattutto umane.

È questo quindi che ti spaventa di più?

Oddio, probabilmente l'idea di invecchiare da solo. Mi spaventano cose di questo tipo: cose reali, come non essere capito, ferire i sentimenti di qualcuno. È roba pesante! A livello quotidiano una cosa importante è la sicurezza economica. Per quanto riguarda il mio lavoro invece non provo paura: scrivere per me è qualcosa che mi dà gioia.

Jonny Brugh e il politicamente corretto

A proposito di scrittura: sei anche uno scrittore, un comico, secondo te il politicamente corretto sta uccidendo la commedia?

Non credo stia uccidendo la commedia. Il pubblico sta cambiando e come comico devi connetterti con il tuo pubblico: se non ci riesci non funziona. Quel rapporto è fondamentale: se il pubblico non ride con te non stai lavorando bene. Ogni paese ha un senso dell'umorismo diverso e si sente a proprio agio a fare un certo tipo di battute. Se un pubblico non vuole sentire battute razziste e sessiste, non farle! Ci sono diversi comici che capiscono il loro pubblico e altri che non capiscono che è cambiato, pensano sia sempre lo stesso: i più giovani vogliono inclusività. Bisogna vivere nel presente.

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La serie What we do in the shadows e Batman

Deacon è apparso nella serie di What we do in the shadows, nell'episodio "The trial". Ora posso finalmente fare questa domanda: visto che in quella puntata ci sono tutti i vampiri mai creati, cosa pensate di Batman? Perché vi ha rubato il simbolo: il pipistrello.

Al momento sto lavorando a un progetto sui supereroi: sto pensando a Batman. Penso che Batman sia fico. Deacon non indossa il simbolo di un pipistrello: non lo vorrebbe su una maglietta.

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Perché stai pensando ai supereroi? Puoi dirmi qualcosa?

Con un amico stiamo lavorando a un progetto in cui raccontiamo un mondo di supereroi kiwi: siamo nelle fasi iniziali. Ci stiamo interrogando sulla natura dei superpoteri e che cosa significhino. Ho sempre pensato che i superpoteri fossero un limite per il dramma: se un personaggio non riesce a fare delle cose ha dei limiti e quindi c'è una storia. Un personaggio che cerca di superare le proprie difficoltà, che non riesce a ottenere ciò che vuole, che si rimette in riga e cerca di cambiare il suo mondo è una storia. Quando hai un personaggio come Superman, che può fare tutto, può sollevare treni, qual è la storia? È questo il mio problema con le storie tratte dai fumetti: dov'è la tensione? Dov'è l'ostacolo da superare? Sicuramente c'è anche lì: devo leggere fumetti e vedere film per approfondire. Quando i supereroi affrontano il trauma di dover salvare qualcuno, o una crisi personale, poi si frequentano tra loro. Batman passa molto tempo nella sua caverna, pensando a come sarà la sua bici, visto che se ne va in giro con una macchina enorme. Potrebbe avere una vera crisi se dovesse usare una bicicletta per un po'. Ci sono un sacco di storie sullo sfondo. Sto anche pensando a chi siano i cattivi: cosa crea un villain? È tutto molto semplicistico: il concetto di bene e male per me è problematico. È un po' troppo facile. Quando la società decide che uno è cattivo non si chiede mai perché. Forse oggi lo facciamo di più, ma mi sembra troppo comodo: penso che bisognerebbe scavare e vedere cosa c'è dentro. Anche dal punto di vista comico: ci sono modi facili per scherzare su come uno scienziato malvagio sia il cattivo.

Questo progetto è uno spettacolo? Un film? Un podcast?

Penso sarebbe fantastico farne uno spettacolo di stand-up con dei personaggi. Anche rendere Deacon il protagonista di uno stand-up sarebbe bello. Probabilmente si metterebbe nei guai. Penso che scrivere per dei personaggi sia il modo migliore: ti immergi nel loro mondo. Se è una cosa che ti senti di fare: salire su un palco e fare uno spettacolo stand-up non è così facile.

Quindi per te è più facile interpretare un personaggio e non essere te stesso sul palco? Preferisci essere un personaggio?

Sì.

What We Do in the Shadows: Jemaine Clement con Taika Waititi e Jonathan Brugh in un'immagine del film
What We Do in the Shadows: Jemaine Clement con Taika Waititi e Jonathan Brugh in un'immagine del film

Il sequel di What we do in the shadows: We're Wolves

A proposito di bene e male: in un'intervista hai detto che vorresti vedere un sequel di What we do in the shadows con la lotta tra vampiri e licantropi. Il titolo dovrebbe essere We're Wolves. Lo vedremo mai?

Non posso rispondere a questa domanda. La devi fare a Jemaine Clement e Taika Waititi: sono loro che hanno i diritti legali. Io sono più un proprietario spirituale. Non ho dubbi che Jemaine Clement, quando avrà finito con la serie di What we do in the shadows, se vorrà tornare ancora a raccontare questa storia, si butterà in questa arena di vampiri e licantropi. Sarebbe bellissimo essere di nuovo tutti insieme. Potrei non essere nel progetto perché magari non sarà ambientato nell'appartamento: forse si andrà a Bratislava. Forse. Penso a una scena in cui i vampiri scendono da un autobus e camminano per la strada in slow motion, con l'aria da duri, e cominciano a fare a botte con i licantropi. Ma non lo so. Taika è molto impegnato. Tutti sono molto impegnati.

What We Do in the Shadows: Jemaine Clement in una scena del film con Jonathan Brugh
What We Do in the Shadows: Jemaine Clement in una scena del film con Jonathan Brugh

Il segreto della "erotic dance" di Deacon

Sembri così zen: qual è il tuo segreto? Di solito i comici sono nevrotici: tu sembri così calmo. Qual è il tuo segreto?

Mi sono svegliato 45 minuti fa, è molto presto. In passato ero una persona molto nervosa e piena di energia. Lo sono ancora se mi sento fuori dal mio elemento. Non so, credo dipenda dall'età: ora sono più vecchio e mi piace parlare di storie e del mio lavoro. Una volta sono andato sul palco senza materiale: un mio amico mi ha spinto a farlo. Mi sono messo lì a interpretare un personaggio e parlare con il pubblico. È stata un'esperienza interessante perché non è stato lo spettacolo peggiore che ho fatto. Ho coperto di essere in grado di creare storie e personaggi che fanno ridere il pubblico.

Puoi dirmi il segreto per fare la perfetta danza erotica?

Il segreto è trovare la tua danza preferita, che ti sembra erotica, cominciare a farla e non fermarti. E credere di essere sexy. La parte migliore di questo gioco è proprio non smettere di ballare: se ti sei stufato di muovere i fianchi, muovi i piedi, poi torna alle braccia. Il segreto di quella scena è non fermarsi. Ci sono momenti buoni e altri in cui ti senti perso: e in un certo senso quelli sono i più belli. Amo la comicità di quella scena: Deacon non mette in discussione il suo essere erotico. Per lui è una danza erotica e continua a farla: è una delle cose più affascinanti. Probabilmente un bravo ballerino non sarebbe altrettanto affascinante ed erotico quanto qualcuno che credere di esserlo. È tutto nella mente.