Se proprio devo avere un passato, preferisco avere più opzioni possibili.
Così sghignazzava il Joker di Alan Moore, irridente, crudele, fiero di destabilizzare chiunque cercasse di comprenderne le vere origini. Come se il punto di domanda sulla sua natura fosse il suo grande asso nella manica. La mitica battuta di The Killing Joke sembra quasi la scintilla da cui è divampato Joker, film coraggioso per sua natura, perché prova a rispondere all'annosa questione. Alla sua quarta incarnazione sul grande schermo, questa volta il folle Pagliaccio di Gotham si specchia nello sguardo inquieto e nel sorriso slabbrato di un grande Joaquin Phoenix, chiamato all'impresa di abbracciare un'anima in pena, un clown sull'orlo del baratro, ma soprattutto uno dei più grandi antagonisti della letteratura contemporanea.
Sfuggente, feroce, crudele e dotato di un codice morale beffardo, Joker è la nemesi perfetta di Batman, il lato oscuro della stessa medaglia. Una condizione esistenziale che Todd Phillips non dimentica in questa raffinata origin story che prova a delineare le traiettorie dirette verso un oscuro delirio. Accolti con calore dalla critica, l'attore e il regista si sono presentati in sala stampa sorridenti e soddisfatti, pronti a raccontare le origini di un progetto ambizioso.
Perché dopo il sostanziale fallimento del DC Extended Universe, Joker prova a risollevare le sorti cinematografiche della Distinta Concorrenza svincolandosi dagli universi condivisi, percorrendo una strada tutta sua con una visione d'autore decisa e lampante. Per questioni di embargo non possiamo dirvi di più, ma vi possiamo assicurare che vedere un cinecomic come Joker in concorso a Venezia 2019 non è sembrato fuori luogo, forzato o straniante, ma la definitiva consacrazione di un genere maturo, pronto ad accogliere anche drammi umani dal retrogusto persino sociale e politico. E no, non è uno scherzo.
Dietro la maschera di Joker: come nascono le cicatrici
Da Una notte da Leoni a una vita da pecora nera. Il percorso registico di Todd Phillips al Joker piacerebbe eccome: assurda, imprevista, dal comico al tragico in un batter d'occhio. E così, il regista che ci ha fatto sbellicare dal ridere di colpo cambia registro per sprofondare nelle sabbie mobili assieme a un emarginato deriso, bullizzato, traumatizzato da una società crudele e priva di empatia. Insoma, grazie a Joker Todd Phillips ha dimostrato a tutti di avere le spalle larghe. Impossibile non partire dalla folle idea iniziale, dal desiderio di dedicare per la prima volta un intero film al caotico nemico del Cavaliere Oscuro: "Quando abbiamo concepito Joker, sapevamo soltanto che volevamo mettere in atto un approccio molto diverso, sia al genere del cinecomic che al personaggio. Per questo è stato un film difficile. Da scrivere, girare e soprattutto far accettare alla Warner. Abbiamo insistito tanto per convincerli e a loro va riconosciuto il coraggio di rischiare. Non so quali e quante ripercussioni potrà avere questo film sull'universo cinematografico della DC, né mi interessa la rivalità con il Marvel Cinematic Universe. Il mio unico interesse era raccontare questa storia". Sul fascino delle misteriose origini del Joker ha aggiunto: "Ovviamente tra le mie fonti d'ispirazione c'è il grande The Killing Joke di Alan Moore. Un fumetto in cui si ribadisce l'ambiguità di un personaggio che di fatto non ha delle origini certe e dove appare per la prima volta l'idea di un comico fallito.
Fino all'ultima risata: i volti (e le voci) del Joker sullo schermo
Questa scelta multipla mi ha dato tanta libertà. Lavorare a Joker mi ha fatto sentire lontano da regole e confini, mi ha dato tanto margine di manovra. È stato qualcosa di pazzo e anarchico. Forse la cosa più difficile da definire è stato il tono da adottare. E in questo la dose di violenza da inserire ha avuto la sua parte. Credo che nel film la violenza faccia parte della crescita graduale del personaggio. Di fatto non lo ritengo un film particolarmente violento. Non è certo John Wick, per intenderci. Ho cercato di adottare una visione molto realistica, mai esasperata, per questo la violenza così moderata quando appare diventa ancora di più un pugno nello stomaco". Quando gli chiediamo se Joker abbia un messaggio politico nel suo sottotesto, Phillips replica: "Ogni film è uno specchio sociale. E nonostante Joker sia ambientato negli anni Ottanta, è inevitabile che parte del mondo di oggi ci sia entrato dentro. Non lo definirei un film politico, ma per alcuni potrebbe esserlo. Dipende sempre dalla prospettiva dal quale vedi questa storia".
La risata piangente del clown
Più che clown, ci è sembrato un equilibrista. Un funambolo rinsecchito capace di camminare sul filo, sospeso tra la felicità e la disgrazia, la speranza e la delusione, l'odio e l'empatia, la crudeltà e la tenerezza. Il Joker di Joaquin Phoenix è destinato a lasciare un solco nella storia del cinema. La prova di uno dei più grandi attori viventi è maestosa, il vero jolly di un film tutto dedicato a lui. Phillips lo segue dappertutto, ne cattura sguardi, fiati, risate mescolate a pianti, movenze, scricchiolii. Un ruolo che segna anche una carriera già incredibile come quella di Phoenix che commenta così: "Quello che mi ha attratto di questo film era proprio l'approccio personale di Todd, il suo essere indipendente e coraggioso. E così non ho potuto fare alto che imitarlo, ovvero fare per conto mio. Non mi sono riferito a nessuno. Non ho imitato nessuno. Non mi sono distanziato volutamente da nessuno. Ho pensato solo a fare il mio. Questo Joker è semplicemente nostro". Sul lavoro di preparazione al personaggio, Phoenix ha aggiunto: "Forgiare questo Joker è stato un lavoro incessante. Non abbiamo rispettato le indicazioni iniziali che ci eravamo dati, perché definire in tutto e per tutto Joker significherebbe tradirne la natura e lo spirito sfuggente. È un personaggio difficile da definire, per cui non vorrei definirlo. Non vorrei mai che uno psichiatra capisse davvero che tipo di paziente abbia davanti a lui. Ammetto che inizialmente ero spaesato, poi Todd mi ha inviato un testo con delle indicazioni che hanno acceso la luce. Di colpo avevo capito. Per arrivare davvero dentro Joker mi sono concentrato sul concetto di perdita, sia affettiva che fisica, perdendo molto peso. Ho cercato di segnare dei lati salienti della sua identità, ma ogni volta che arrivavo a delle risposte facevo un passo indietro. Volevo lasciare un'aura di mistero. Joker ha una personalità sconfinata, difficile da sondare. Scavando dentro di lui ho trovato cose nuove sino all'ultimo giorno di riprese".
Joker, per la sua risata Joaquin Phoenix si è ispirato ad una patologia neurologica
Un lavoro di scoperta e di destrutturazione confermato anche da Phillips: "Con Joaquin abbiamo lavorato su tutto. Nel minimo dettaglio. Dal look alla risata, dalle movenze ai gesti, ma a dire il vero non abbiamo mai finito di discutere e a scolpire questo personaggio. Una volta finite le riprese, sarei tornato indietro per riprendere con più attenzione altri lati di lui". Impossibile ignorare il tratto distintivo che ogni grande Joker deve avere: la risata. Quella forgiata da Phoenix è unica e indimenticabile, un incredibile mistura di risata e dolore: "Ancor prima della sceneggiatura, Todd mi ha parlato di cosa voleva ottenere attraverso la risata. Mi ha descritto il riso come qualcosa di doloroso, perché la felicità è una parte del Joker che cerca di emergere ma è soffocata, frustrata. Inizialmente non pensavo di essere in grado di farlo. Non volevo fosse ridicolo. E non volevo assolutamente far passare soltanto l'immagine di un folle tormentato, ma anche il desiderio di gioia di Joker. La sua voglia di esprimersi, di essere felice". Laddove altri Joker volevano soltanto veder bruciare il mondo, quello di Phoenix aveva piani meno bellicosi per la sua esistenza. Ma purtroppo, a volte, per impazzire basta soltanto "una brutta giornata".