La recente acquisizione dei diritti creativi relativi all'universo cinematografico di James Bond, da parte di Amazon Studios (che aveva già ottenuto i diritti di distribuzione del franchise dopo aver inglobato Metro-Goldwyn-Mayer e il suo catalogo nel 2022), ha cambiato completamente le prospettive attorno al presente e al futuro della spia più amata dal pubblico internazionale.

Dopo una trattativa i cui contorni non sono ancora chiari, Barbara Broccoli e la sua casa di produzione EON hanno passato la mano al colosso statunitense, mantenendo comunque la formale comproprietà del franchise, ma cedendo di fatto l'ultima e definitiva parola per i futuri progetti ad Amazon MGM Studios. A posteriori, si comprende come l'intenzione della (ancora relativamente giovane) major di Jeff Bezos fosse, da diverso tempo, quella di appropriarsi del marchio 007, vero gioiello della corona di MGM all'interno della quale EON manteneva la propria indipendenza. Forse, i dettagli sulle cifre e sulle manovre sotterranee dietro a questo storico affare verranno alla luce con il tempo, anche se qualche speculazione è già emersa.

Poter disporre della saga di James Bond, sia del suo passato che del suo futuro, è un punto di svolta potenzialmente fondamentale. Ma la responsabilità che Amazon MGM ha adesso in carico è enorme, e non può essere tradita.
Ma quali sono gli aspetti che il franchise bondiano deve assolutamente mantenere per rimanere il più possibile fedele a sé stesso?
Tornare alle origini o puntare sul presente?

Qualche tempo fa avevamo parlato, da queste pagine, di uno stallo creativo che appariva evidente all'interno di EON Productions, e auspicavamo che potesse trovarsi una soluzione per dare un futuro al personaggio di 007, dopo che era stato maldestramente ucciso nel tragico finale di No Time to Die. Una scelta quanto mai divisiva: da una parte, c'è chi ha difeso la scelta di EON e del suo gruppo creativo (e di Daniel Craig) perché, in fondo, gli ultimi cinque film erano una storia a sé stante rispetto alle venti precedenti pellicole, e una chiusura definitiva poteva essere comprensibile. Dall'altra, ed è anche il parere di chi Vi scrive, uccidere 007 significava ammainare un simbolo, come fosse Batman o Superman. Chi mai vorrebbe eliminarli in maniera definitiva, soprattutto sul grande schermo?

Certo, James Bond rimane un riferimento del Novecento letterario e cinematografico, ma era riuscito a proiettarsi sul mondo contemporaneo anche per merito dello stesso ciclo Craig, che aveva esplorato le origini di 007, lo aveva accompagnato nell'evoluzione e inserito in un contesto internazionale in cambiamento (con la nuova criminalità ancora più feroce e cinica, e sullo sfondo il terrorismo di varia matrice), oltre a raccontare le varie sfaccettature del personaggio. Casino Royale e Skyfall avevano certamente raggiunto i propositi di EON, mentre 007 Spectre e No Time To Die hanno quasi sprecato quanto di buono fatto con i primi tre capitoli (sì, includiamo anche il controverso Quantum of Solace).

Un percorso narrativo temporalmente connesso era stata l'idea vincente di quelli che sono universalmente riconosciuti come due dei capitoli fondamentali della saga bondiana. Proprio Casino Royale e Skyfall avevano, inoltre, miscelato sapientemente il Bond privato da quello dedito a una causa superiore. Gli unici film del franchise nei quali la vita privata di 007 si intersecava con le sue missioni erano stati Al servizio segreto di Sua Maestà (1969) e, in parte, Vendetta privata (1989), oltre al prologo di Una cascata di diamanti (1971). Il ciclo Craig ha svelato il passato di Bond e disegnato un'evoluzione personale del personaggio, e rifare un percorso simile al precedente, proponendo elementi narrativi nuovi, potrebbe essere un'occasione per raccontare un altro Bond che, a distanza di venti anni dal primo reboot, seguirebbe a sua volta un mondo in continua evoluzione, dove le paure di un'escalation nucleare, di pericoli oscuri e imprevedibili, e le realtà emergenti di continenti fino a ieri lontani, stanno mettendo in un angolo l'Occidente ma, soprattutto, quella Europa cui 007 appartiene.

Questo punto di vista, però, può essere anche sovvertito. Il Bond classico non raccontava il passato dell'agente, che gli spettatori impararono a conoscere tra un capitolo e l'altro. Narrare solamente il presente, senza ricominciare tutto daccapo, e andare così dritti al punto - volgendo lo sguardo all'azione piuttosto che all'introspezione - potrebbe essere una soluzione altrettanto intrigante. Qualcuno, nell'opinione pubblica, sta addirittura suggerendo l'ipotesi di un nuovo inizio con un Bond maturo, di un'età ancora più avanzata rispetto a quella con cui Craig, e soprattutto Moore, avevano concluso la propria esperienza nel ruolo. Gli aspetti fondamentali che certamente non possono mancare sono la forte identità e le peculiarità del personaggio di 007, che sia in Spectre che in No Time To Die sono andate disperdendosi, trasformando James in una figura troppo introversa, non più protagonista assoluto della scena ma quasi vittima degli eventi intorno a lui.
Il vintage intramontabile

Secondo molti, il destino della saga di James Bond è già scritto: Amazon MGM Studios darà il via a serie tv infinite (lo spauracchio di Barbara Broccoli, per la quale 007 avrebbe dovuto restare solamente al cinema), a film uno dietro l'altro e, in generale, a un sovra utilizzo di Bond che produrrà "l'effetto Star Wars" (che nell'ultimo decennio è stato spremuto da Disney e Lucasfilm oltre ogni logica). In realtà, se il campo seriale sarebbe un terreno inesplorato per il personaggio, volgendo lo sguardo al passato possiamo osservare come tra il 1962 e il 1989 siano stati prodotti sedici film, con una media di una pellicola ogni due anni circa. Quello che potrebbe accadere da qui in avanti.

Il passato potrebbe essere preso come riferimento anche dal nuovo corso bondiano. Non tanto come ambientazioni d'epoca: non è affatto sicuro che un film incastonato negli anni in cui Ian Fleming scrisse i romanzi o nei successivi decenni Sessanta e Settanta (quelli in cui si muovevano gli 007 di Sean Connery, George Lazenby e Roger Moore) ottenga successo solo perché si tornerebbe a riassaporare l'atmosfera di anni innegabilmente affascinanti. Ma gli elementi che hanno reso il James Bond classico un'icona, quel vintage che non passa mai di moda, potrebbero indubbiamente funzionare anche in un'ambientazione contemporanea.

Sappiamo bene come il franchise di 007 significhi anche portare sullo schermo marchi e griffe tra le più raffinate e preziose (e dunque costose). L'abbigliamento, gli accessori, le automobili, tanto per citare i più ovvi: tutto fa parte dello stile bondiano, e da essi non si può prescindere. Ma il Bond classico aveva dei canoni che si sono ripetuti con efficacia per quarant'anni: il rapporto franco con il capo dei servizi segreti M, quello appena accennato con Miss Moneypenny, i gadget forniti da Q e puntualmente utilizzati (e spesso sperperati) da 007, la capacità di cavarsela in qualsiasi situazione di pericolo (pur non avendo il dono dell'infallibilità) e, soprattutto, lo stile british, sia nello humor che nel modo di agire e pensare.

Una produzione interamente americana potrebbe tradire lo spirito per cui si è da sempre contraddistinto il personaggio di 007, che nel ciclo Craig è stato reso certamente più umano (forse troppo). È stato invece ormai accantonato il Bond tombeur de femmes d'elezione, soprattutto perché è necessariamente cambiato il modo di intendere le figure femminili attorno a James: non sono più sprovvedute donne da conquistare durante una missione, ma personaggi significativi con un grande peso narrativo.
Autorialità, un'idea rivoluzionaria

C'è un ulteriore aspetto da tenere in considerazione: tanto con Albert "Cubby" Broccoli, quanto con la figlia Barbara e Michael G. Wilson (omaggiati nel 2024 dall'Academy con l'Oscar onorario Irving G. Thalberg, ndr), EON ha sempre mantenuto rigide regole da rispettare, e nessuno dei dodici registi che hanno creato l'immaginario collettivo dell'universo bondiano ha potuto divagare in maniera eccessiva o virtuosistica, così come gli stessi sceneggiatori (almeno fino a Spectre e No Time To Die...). L'unico che forse ha avuto più libertà creativa è stato Sam Mendes, che del resto possiede un pedigree personale tale da avergli permesso di divincolarsi più agevolmente rispetto ai suoi predecessori.

Avendo letteralmente un foglio bianco dal quale ricominciare, Amazon MGM Studios potrebbe affidarsi a un regista che sappia costruire un nuovo mondo fatto a misura di uno 007 allo stesso tempo antico e nuovo, riuscendo a trovare una sintesi tra i punti di riferimento del franchise che abbiamo precedentemente illustrato. All'interno di un reboot che possa esplorare le origini da una nuova prospettiva, o semplicemente presentare un panorama rinnovato anche senza ritornare agli albori del personaggio, ma attraverso un James Bond sia classico (nei dettagli) che contemporaneo (nelle ambientazioni).

Una sfida difficile e ambiziosa, ma che potrebbe mettere d'accordo storici appassionati della saga e pubblico che per la prima volta si avvicinerebbe alla serie (giovani e giovanissimi, ma non solo). Chi potrebbe riuscire nell'impresa? Il nome che si è tornato a fare è, ovviamente, quello del regista Premio Oscar Christopher Nolan, attualmente impegnato nelle riprese del suo nuovo film The Odyssey, e che ama talmente tanto 007 da aver già affrontato una spy story con TENET, non avendo mai ricevuto un invito ufficiale da EON. Quello che si può affermare con certezza è che James Bond abbia bisogno di coraggio autoriale e di razionalità narrativa, dopo le difficoltà dell'ultimo decennio, oltre che di una riconoscibilità stilistica e artistica che lo distingua da produzioni esclusivamente commerciali. È l'auspicio che si spera colgano i nuovi studi proprietari, per fare in modo che una storia lunga più di sessant'anni possa ancora proseguire.