Bello, sorridente, con una gran quantità di capelli pettinati all'indietro e un abbigliamento informale. Ecco come si è presentato Jake Gyllenhaal all'incontro con il pubblico presso la Festa del Cinema di Roma. Con la consueta cortesia che lo contraddistingue, l'attore ha risposto con generosità alle domande rivoltegli, a volte apparendo persino timido, quando si facevano più personali. In verità Jake Gyllenhaal è uno di quegli attori la cui intelligenza e preparazione lo portano a scegliere sempre con cura e insieme immediatezza le parole giuste da utilizzare. Se si ha la fortuna di sentirlo parlare in più occasioni ci si accorge di questo aspetto: oltre a un'innegabile charme e a un grande talento, possiede un'ottima dialettica, foraggiata dalla cultura che da sempre caratterizza la sua famiglia.
A Roma per presentare Stronger, vera storia della vicenda di come Jeff Baumann ha perso entrambe le gambe ed è diventato l'uomo che è oggi, ha mille progetti all'orizzonte, tra cui Rio, il nuovo film di Luca Guadagnino. Che questa sua interpretazione gli faccia già pregustare la nomination all'Oscar è opinione di molti, ma ciò che è apparso impressionante durante questo incontro è stato qualcos'altro.
Si parla di moltissimi attori come di fuoriclasse, indiscussi interpreti guidati da questo o quell'autore. Jake rimane in un certo qual modo sempre il ragazzino dagli occhi grandi che fu Donnie Darko. Invece vedere in questo modo, una dietro l'altra, le clip che lui ha scelto per parlare della sua carriera "sbatte in faccia" anche allo spettatore più ottuso l'evidenza. Jake Gyllenhaal è un grande attore, che ha inanellato interpretazioni magnifiche una dietro l'altra, e che ha lavorato con la maggior parte dei grandi registi contemporanei. Donnie Darko è il primo gradino da cui ha preso il via questo percorso a tappe da lui selezionate.
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Donnie Darko: il cult movie che gli donò la fama
La prima clip scelta è tratta da Donnie Darko, naturalmente. Il film che lo rese noto al grande pubblico e che diventò un cult. "È incredibile vedere i miei guanciotti sullo schermo, probabilmente sembrano ancora più paffuti di quanto non siano stati nella realtà", è la prima cosa che dice Jake una volta riaccese le luci in sala.
Cosa ti portò, così giovane, a scegliere un film così peculiare?
Esistono in questo film più livelli, primo fra tutti quello fantascentifico. Poi c'è una storia umana che va fuori dalle convenzioni, che tocca molte persone. Quando uno riesce a provare emozione ed empatia, credo che funzioni. L'approccio di Richard Kelly fu empatico, dall'inizio.
Ti aspettavi che Donnie Darko sarebbe diventato un tale cult?
Credo che quando un film economicamente non va bene, allora si dice che è un cult movie (ride, ndr).
Però tu non sembri preoccuparti del botteghino quando scegli i film...
Uno non intraprende un percorso creativo senza l'idea che questo possa essere fruito da tutti, o da più pubblico possibile per lo meno. In tutto quello che faccio ci metto il cuore e spero che venga innanzitutto visto, poi apprezzato e che magari le emozioni che arrivano siano simili alle mie. All'epoca non avevo idea di cosa fosse l'industria cinematografica. A quell'età mi proponevano solo film adolescenziali tutti simili, nulla che non fossero feste o innamoramenti. Questo film invece era diverso.
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Jarhead: la guerra non combattuta
La seconda clip è il momento di grande tensione preso da Jarhead, quando Jake minaccia con il fucile di uccidere un suo commilitone. Intensa, adrenalinica, serratissima.
Come sei riuscito a entrare così bene nella mentalità militare?
Non avevo esperienze militari, ma due dei miei amici d'infanzia erano nei Marine. Sam Mendes ci ha tenuti due settimane in un'esperienza simile a quella reale: tutti insieme in un boot camp, a montare e smontare fucili, ripetere quella litania sul mio fucile... Essendo un regista teatrale, ci ha fatto fare le prove, per un mese. Una cosa che non avevo mai fatto prima, quindi per me è stato utilissimo per capire il personaggio.
Scegli sempre dei film così diversi tra loro, hai esplorato diversi generi... ce n'è uno in cui ti senti più a tuo agio?
Non c'è un genere che preferisco, sono affascinato dall'esperienza umana. Dall'inconscio. Così come quando sogno, sogno sempre cose diverse, allo stesso modo vedo il cinema, ed è per questo che scelgo film molto diversi tra loro.
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I segreti di Brokeback Mountain: pensare fuori dal coro
Quando parte la terza clip, quella con I segreti di Brokeback Mountain, Heath Ledger appare sullo schermo e un applauso condito da urla si diffonde nella sala.
Non ci hai pensato due volte per scegliere questo film...
Credo che sia il sogno di qualunque attore lavorare con Ang Lee. Avevo sentito che stava lavorando a un nuovo progetto e ho desiderato subito farne parte. La sceneggiatura girava da tempo. Quando l'ho letta, mi ha commosso. Tutto stava nel trovare la giusta combinazione di attori. Mi ricordo l'incontro con Ang, non mi diede scelta, la decisione fu solo sua. Lui si mise in un angolo, io fui fatto accomodare, lui annuiva e poi mi ha detto di andarmene. Qualche giorno dopo mi ha richiamato ed io ne fui immensamente felice.
Oggi forse può apparire diverso, ma quando uscì questo film non era così consueto che un attore come te interpretasse un ruolo omosessuale. Eri consapevole dei rischi?
Molti mi chiedono se fossi consapevole di quello che facevo, se avessi consapevolezza del rischio. Io non ragiono in questo modo, sono cresciuto in una maniera precisa. Mi è stato subito chiaro che questa fosse una storia d'amore e così l'ho considerata da subito, senza alcun pregiudizio. Ora vediamo molte più storie di questo tipo, allora non era così, almeno non nella cultura popolare.
Oggi il film verrebbe accolto diversamente?
C'è un alto grado di confusione, forse c'è anche un degrado culturale, che porta con sé molte paure. Ma questo non fa che confermare le mie convenzioni e portarmi a voler raccontare sempre più storie.
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Zodiac: il metodo di lavoro di Jake Gyllenhaal
La clip di Zodiac scelta da Jake è un dialogo con Mark Ruffalo intricatissimo. Una scena lunga e unica, in cui un attore potrebbe perdersi nelle parole stesse che pronuncia. "Le battute cambiavano tra un take e l'altro, perché io non sono capace di ripetere due volte la stessa cosa".
Quindi tendi a improvvisare, non a ripetere a memoria il testo...
Non credo nelle regole, credo nel rispetto del testo, ma anche nel rispetto del momento, del tuo partner sulla scena. Dipende molto dal tipo di energia che il regista richiede. Ci sono state volte in cui ho inventato completamente le battute, altre volte in cui non ho tradito nemmeno la punteggiatura per le esitazioni. A volte il testo è stato abbandonato, ma ne è stata mantenuta l'essenza. A volte si lavora di improvvisazione, poi si gira una scena ed è perfetta. Per me l'unica parola d'ordine è preparazione. Ma la libertà è l'altra faccia della stessa medaglia su cui sta la disciplina.
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Lo sciacallo: un pezzo di grande bravura
Lo Sciacallo - Nightcrawler è il film meno famoso scelto da Gyllehaal per questo incontro. Ma la clip che lo vede protagonista non lascia dubbi: è tanto bravo da far paura. Dimagrito, inesorabile, quasi cattivo.
In questa clip non batti mai gli occhi. È un lavoro che hai fatto con consapevolezza?
Non me ne ero accorto mentre lo facevo: lo sguardo è rimasto inconsapevolmente fisso, come farebbe un animale che si prepara ad attaccare la preda.
Pensi che i mezzi di comunicazione oggi siano come vengono descritti nel film?
In linea di massima i mezzi di comunicazione danno al pubblico ciò che il pubblico vuole. Alcuni cercano la verità, ma alla fine è la collettività che finisce per definire ciò che si vede.
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Animali notturni: l'estetica come filosofia
Passato alla Mostra del Cinema di Venezia, è la volta del bellissimo Animali notturni, che vede Jake urlare contro un altro grande attore: Michael Shannon. "Definirei questo film come la storia di un cuore spezzato. Questo è ciò che accade quando davvero ti si spezza il cuore. Un dolore che ti invade".
Avendo lavorato con Tom Ford, hai trovato evidente la sua provenienza dal mondo della moda?
Certo, c'è la ricerca di un valore estetico, di una bellezza, ma c'è anche un aspetto che va oltre il visivo. Questa sua visione estetica la troviamo nella moda e nel cinema che ha fatto. Non significa però che la ricerca del bello si traduca con superficialità. Il suo lavoro è caratterizzato da una grande sincerità. Ha sempre dichiarato che anche nella moda si è sempre ispirato al cinema. Trovo che la sua transizione abbia avuto un senso, e posso confermarlo dopo averci lavorato insieme.
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La strada: l'amore personale per un film italiano
L'ultima clip di questi incontri con il pubblico è sempre un film di altri. Che non vede il protagonista dell'incontro tra gli interpreti o come regista. Jake Gyllenhaal ha scelto una bellissima scena da La strada di Federico Fellini. "La dimensione degli artisti di circo, tra comicità e dramma è qualcosa in cui mi rivedo molto".
Ma come mai hai scelto proprio questo film fra tanti?
La scelta è stata abbastanza semplice. Quando mi è stato chiesto quale fosse il film italiano a cui sono più legato, ho pensato subito a La Strada. Per me è legato a un ricordo speciale: fu proprio questo film a convincere mio padre che la sua strada fosse quella del cinema. Se lui non avesse sviluppato questo suo amore, non lo avrei fatto nemmeno io. Tra l'altro sono straordinari i racconti di come questo film sia stato realizzato, le tribolazioni del regista e di quanto sia difficile fare il film che si desidera realizzare quando l'unico a crederci sei tu.