Italia 1982, una storia azzurra, la recensione: E l'Italia in bianco e nero diventò a colori

La recensione di Italia 1982, una storia azzurra: il documentario presentato in anteprima al Festival di Taormina arriva nei cinema come evento solo l'11, il 12 e il 13 luglio; racconta la Storia del calcio, ma anche un pezzo di Storia d'Italia.

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Italia 1982, una storia azzurra: un'immagine del film

"Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore". Lo diceva Francesco De Gregori. Un rigore lo sbagliò, nella finale dei Mondiali del 1982, Antonio Cabrini. Ma non ebbe paura, perché intorno a lui aveva un grande gruppo, e un grande tecnico, Enzo Bearzot. Ne parliamo nella recensione di Italia 1982, una storia azzurra, il documentario presentato in anteprima al Festival di Taormina e in uscita nei cinema come evento solo l'11, il 13 e il 13 luglio, distribuito da Vision Distribution. È una produzione Stand By Me e Vision Distribution, in collaborazione con Sky, ed è prodotto da Simona Ercolani, per la regia di Coralla Ciccolini e la direzione artistica di Beppe Tufarulo. E si avvale della partecipazione di Marco Tardelli, Bruno Conti, Claudio Gentile, Fulvio Collovati, Dino Zoff, Giancarlo Antognoni, Franco Selvaggi, Beppe Dossena, Beppe Bergomi e Cinzia Bearzot. Nello stile di Sfide di Simona Ercolani, è un racconto mai enfatico, ma poetico e nostalgico, un affresco non solo del calcio, ma del Paese di quei tempi. Gli intervistati sono perfetti per il tono di racconto che si voleva ricreare.

Dal Camerun alla Germania, passando per il Brasile

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Locandina di Italia 1982, una storia azzurra

Italia 1982, una storia azzurra sceglie di iniziare in medias res: una didascalia permette di saltare le prime due partite del girone dei mondiali, quelle con Polonia e Perù, e arriva subito al primo dentro-fuori del mondiale, Italia-Camerun, un pareggio sofferto e forse la partita più brutta del nostro mondiale. Con un flashback, però, torniamo indietro a un mese prima, e alle convocazioni mondiali: sono i giorni delle polemiche per la mancata convocazione di Roberto Pruzzo, capocannoniere del campionato, e della chiamata di un Paolo Rossi fermo da due anni, a causa della squalifica per il calcioscommesse. Si arriva così velocemente al cuore di quel mondiale. Quel gruppo C con "Argentina e Brasile che ci faranno a polpette", come si scrisse all'epoca, e invece di vede uscire rafforzati. La partita con l'Argentina certifica che siamo una squadra. Manca solo una cosa: il centravanti, Paolo Rossi, 4 partite e 0 gol. Ma in quella che è la partita delle partite, Italia - Brasile, Pablito si sblocca: 3 gol e uno storico 3 a 2. Ne farà altri due con la Polonia, e uno, il primo, contro la Germania, in finale, davanti al Presidente Pertini.

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Italia - Brasile, il momento in cui è cambiata l'Italia

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Italia 1982, una storia azzurra: una scena del documentario

Fa bene ad andare veloce sulla prima fase, il film di Simona Ercolani, Coralla Ciccolini e Beppe Tufarulo. Fa bene perché così arriva al cuore della storia, a quell'ora e mezza che ha cambiato la storia del mondiale e anche quella della nazione. Italia - Brasile, forse la partita più bella di tutti i tempi, è il momento in cui è cambiata l'Italia. E questo film fa bene a sottolinearlo intervistando, oltre a vari giornalisti sportivi, Aldo Cazzullo, esperto di politica e società. Prima di quella partita c'era ancora l'Italia dei rossi e dei neri, quella degli anni di Piombo, un'Italia in bianco e nero, dove si aveva paura di uscire la sera. Dopo Italia - Brasile l'Italia va avanti e si unisce: siamo tutti noi, non solo i ventidue azzurri, a battere il Brasile e poi tutto il mondo. Arrivano i colori, arriva la leggerezza, la voglia di andare avanti e di lasciarci tutto alle spalle. Per l'Italia tifavano tutti: i comunisti, i fascisti, i democristiani. E tutta l'Italia si scopre vincente, e non si sente più inferiore a nessuno.

L'impresa sportiva, la poesia e la nostalgia

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Italia 1982, una storia azzurra: una foto del film

È proprio per questo, come sottolineano i tanti documentari usciti in questo periodo, che i Mondiali del 1982 sono la Storia d'Italia, e non solo la Storia del calcio. Il film è prodotto da Simona Ercolani, già autrice di Sfide, un programma che è sempre stato additato come modello virtuoso per raccontare il mondo dello sport e del calcio in particolare. Lo stile di Italia 1982, una storia azzurra, è proprio quello. Accanto all'impresa sportiva, raccontata con passione ma senza troppa enfasi, si cerca la poesia, la nostalgia. Si ricrea quell'atmosfera, quelle strade e quei cortili che si svuotavano, quei momenti in cui l'unico suono era la voce delle telecronache e delle radiocronache. La produzione sceglie bene i protagonisti del suo film, alcuni degli eroi di Spagna, e mette la macchina da presa addosso ai loro volti, perché affiorino non solo le loro parole, ma anche le emozioni a rivedere o riascoltare i momenti chiave di quelle partite. Anche i giornalisti che vengono intervistati sono quelli più in linea con questo racconto poetico e nostalgico, narratori come Darwin Pastorin e Mario Sconcerti.

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Cosa c'è dentro l'urlo di Tardelli?

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Italia 1982, una storia azzurra: una scena del film

È una storia che, in tanti, conosciamo già. Ma ascoltarla serve, ora che l'Italia avrebbe bisogno di una vera ripartenza. Serve perché dietro ogni momento, dentro ogni gesto, c'è sempre qualcos'altro. Cosa c'era, ad esempio, dentro l'urlo di Tardelli, quell'esultanza diventata immediatamente iconica e simbolo di un'era, arrivata dopo il gol del 2 a 0 in finale contro la Germania Ovest? "Schizzo" ce lo racconta commosso. Ci dice di aver pensato a tante cose. Ma soprattutto al fatto che ora i suoi genitori sarebbero stati contenti di vederlo giocare a calcio, loro che erano contrari, e che speravano in un diploma e in un lavoro fisso. Invece Marco Tardelli è stato quell'uno su mille che ce l'ha fatta. E quell'urlo è stato lì a dimostrarlo.

Gentile e la maglietta di Zico

Ma i dettagli di questa storia sono tanti, che magari sono sfuggiti anche a chi già sa la storia. Da quella di Beppe Bergomi, giovanissimo ma con qui baffi che lo facevano sembrare uno "zio", che arriva in sordina ma, causa la caviglia gonfia di Vierchowod, diventa la prima riserva in difesa, gioca contro il Brasile e anche, a sorpresa, la finale da titolare. A quella di Claudio Gentile che marca Maradona e Zico. E, se nel primo caso, Bearzot glielo dice la sera prima, nel secondo, per non dargli pressione, lo avvisa solo nel tunnel degli spogliatoi. Zico ci rimetterà una maglietta strappata, ma solo perché i tessuti non sono quelli di adesso... Per arrivare alla "camera svizzera", quella dove dormivano Zoff e Scirea, e alle 10 era già chiusa perché andavano a dormire presto. A Bruno Conti, che si commuove ancora quando a pensare a quando arrivarono i suoi tifosi da Nettuno con lo striscione "tu per noi sei Marazico". E si diverte ancora, intonatissimo, a cantare Cuccurucucù di Franco Battiato, la canzone che quel gruppo ascoltava di continuo. "Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia" cantava invece De Gregori. I ventidue azzurri di Spagna, e il c.t. Enzo Bearzot, sempre "in direzione ostinata e contraria", avevano tutto questo. E, guardando questo film, si capisce come, prima di una squadra, siano stati un gruppo. E prima di grandi calciatori, siano dei grandi uomini.

Conclusioni

Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Italia 1982, una storia azzurra, il documentario, nello stile di Sfide di Simona Ercolani, è un racconto mai enfatico, ma poetico e nostalgico, un affresco non solo del calcio, ma del Paese di quei tempi. Gli intervistati sono perfetti per il tono di racconto che si voleva ricreare.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.2/5

Perché ci piace

  • Il tono del racconto, che non è mai enfatico ma ricerca la poesia e la nostalgia.
  • Si tratta di una storia che non è solo calcio, ma diventa quello di un Paese intero.
  • La scelta degli intervistati, perfetta per il tono che si vuole dare al racconto.

Cosa non va

  • A volte manca qualche aspetto tecnico al documentario, ma non è quello l'obiettivo del film.