Pochi giorni dopo aver spento settanta candeline, sabato 1 aprile Isabelle Huppert è stata la protagonista assoluta di Rendez-vous, il festival del nuovo cinema francese. A Roma, nella cornice del Nuovo Cinema Sacher e con l'immancabile Nanni Moretti a fare "gli onori di casa", abbiamo incontrato infatti la diva di Elle e La pianista, che al Rendez-vous ha presentato il suo nuovo film: La syndicaliste, un thriller basato sulla vera storia di Maureen Kearney, figura al centro degli scandali legati alla multinazionale Areva e di un clamoroso caso di cronaca giudiziaria, scaturito dalla violenta aggressione subita dalla donna nel 2012. Già proiettato alla Mostra di Venezia 2022 nella sezione Orizzonti, La syndicaliste è uscito un mese fa nelle sale francesi, registrando quasi cinquecentomila spettatori, mentre in Italia sarà distribuito da I Wonder Pictures il prossimo autunno.
La sindacalista di Isabelle Huppert: un'eroina hitchcockiana e indecifrabile
Ispirato al libro-inchiesta della giornalista Caroline Michel-Aguirre, La syndicaliste ha riunito Isabelle Huppert al regista e sceneggiatore Jean-Paul Salomé, che tre anni fa l'aveva già diretta nella commedia poliziesca La Padrina; questo nuovo film, però, ha un taglio ben più drammatico, evidente fin dalla scena d'apertura. Affiancata da Jean-Paul Salomé nell'incontro con il pubblico, l'impareggiabile Isabelle ci illustra il modo in cui si è approcciata al personaggio: "Mi sono ispirata molto alla vera Maureen Kearney; basarsi su storie vere è considerato un vantaggio, ma spesso il cinema diventa perfino più forte della realtà. Io sono partita proprio dall'aspetto di Maureen per arrivare poi al contenuto: lei ha un look decisamente 'cinematografico', con uno chignon alla Hitchcock uguale a quello che vedete nel film. Il suo abbigliamento, gli orecchini, la gestualità non rimandano alla tipica immagine di una sindacalista, ma piuttosto ha richiamato alla mia mente l'immaginario delle donne dei film di Alfred Hitchcock. Questo mi ha affascinato ulteriormente: la sua componente di indecifrabilità. Inoltre Jean-Paul ha aggiunto il dettaglio della sua passione per i romanzi gialli".
Anche Jean-Paul Salomé rimarca l'allure hitchcockiana della protagonista: "Come dice Isabelle, quello chignon biondo di Maureen era una tentazione fortissima per rievocare l'immaginario di Hitchcock. La vera Maureen era una macchia di colore in mezzo a uomini in abito grigio. Lei è stata punita perché donna, ma soprattutto perché non apparteneva a tale élite: forse aveva sentito di appartenervi e aveva pensato di essere 'intoccabile', ma poi quegli uomini di potere hanno voluto fargliela pagare". A tal proposito, Isabelle Huppert aggiunge: "Ho cercato comunque di far mio il personaggio e di comprenderlo: Maureen subisce un'aggressione selvaggia e inimmaginabile, e questo è il suo primo dramma, ma poi riceve un secondo attacco forse ancor più doloroso e crudele. È questo secondo attacco che mi interessava di più, perché mi ha permesso anche di giocare con l'ambiguità del personaggio: nella seconda parte del film non tutti le credono, perché preferiscono 'interpretare' il suo modo di essere e le sue parole".
Rispondendo a una domanda sulla sua preparazione nel lavoro d'attrice, e sul delicato equilibrio fra lo studio razionale del personaggio e l'abbandono alla spontaneità, Isabelle non ha dubbi: "Io credo nel potere creativo del cinema sul momento: sicuramente molto si può organizzare in anticipo, dalla messa in scena all'inquadratura alle battute, ma credo nella potenza del cinema nell'istante stesso in cui si fa". E facendo riferimento a una carriera che include innumerevoli personaggi costretti a cimentarsi con situazioni estreme, conferma di sentirsi del tutto a proprio agio: "Di fronte a certe insinuazioni, Maureen viene messa con le spalle al muro e subisce la pressione della polizia; ma da un punto di vista cinematografico, le situazioni così forti sono le più semplici da interpretare".
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Jean-Paul Salomé: il caso Kearney fra realtà e invenzione
Dal canto suo, Jean-Paul Salomé non lesina le parole d'ammirazione nei confronti di Madame Huppert: "Quello con Isabelle Huppert è stato un incontro magnifico, da cui è scaturita la voglia di lavorare insieme, anche su progetti diversi. È facile lavorare con Isabelle, ma anche molto piacevole, perché andiamo nella stessa direzione, con uno spirito di creatività comune. Isabelle è un'attrice che si mette al cento percento al servizio del film e della visione del regista, e quindi mi ha permesso di realizzare un'opera molto personale". Salomé ha poi approfondito il legame fra realtà e invenzione all'interno de La syndicaliste: "Quando abbiamo incontrato Maureen e suo marito Gilles ci siamo resi conto che la coppia aveva superato insieme un'esperienza molto dura, pur vivendo ancora un periodo difficile. Dopo che abbiamo girato il film, il vero Gilles mi ha informato che alcuni gesti della coppia mostrati sullo schermo sono avvenuti realmente fra lui e sua moglie".
Il regista e sceneggiatore francese ribadisce di essersi attenuto scrupolosamente alle vicende giudiziarie di Maureen Kearney: "Le scene in tribunale sono state girate nelle stesse aule in cui hanno avuto luogo i veri processi, e le comparse di quelle scene sono ex-dipendenti di Areva: questo ha reso le riprese ancora più emozionanti. Anche i dialoghi sono basati sulle trascrizioni degli atti processuali: addirittura abbiamo dovuto smorzare un po' la durezza della prima sentenza, perché al pubblico sarebbe apparsa inverosimile". Numerosi dettagli raccontati dalla Kearney sono stati integrati all'interno del film, come i suoi 'travestimenti': "A un certo punto la vera Maureen era diventata quasi paranoica, per questo nella scena al supermercato la vedete indossare una parrucca bruna. Ma è stata una scelta funzionale anche a livello cinematografico per mostrare agli spettatori la potenziale duplicità di Maureen".
Infine, Salomé si sbilancia sulla ricezione de La syndicaliste e sulle implicazioni di aver diretto un film-inchiesta su un caso tanto discusso e controverso: "Non pensavo che girare questo film fosse un atto di coraggio, ma da quando La syndicaliste è uscito me lo stanno ripetendo in molti. Comunque sia io che la giornalista autrice del libro sul caso Kearney abbiamo ricevuto delle minacce, anche perché abbiamo fatto nomi e cognomi delle persone coinvolte e abbiamo portato di nuovo alla ribalta questa vicenda in Francia... quindi sì, forse in fondo siamo stati coraggiosi".