Dopo aver faticato ad emergere, negli ultimi dieci anni Marco Giallini è diventato uno degli interpreti più amati e premiati della scena nostrana. Una nuova, significativa occasione per dimostrare il suo talento versatile e istrionico arriva grazie a Daniele Luchetti che per Io sono Tempesta, commedia sardonica che trasforma uno spunto di cronaca in racconto surreale e burlesco, lo ha chiamato a plasmare e incarnare il personaggio di Numa Tempesta, capitalista senza scrupoli e (forse) senz'anima, ma dotato di grande simpatia e fascino che riesce a mettere a frutto anche quando una condanna per frode fiscale lo costringe a un anno di lavoro presso un centro di assistenza per disagiati.
Un ruolo che mette a frutto a pieno il carisma dell'attore romano, chiamato a dare il volto a un personaggio divertente ma complesso e manipolatore, e ad accendere lampi inquietanti di astuzia crudele. Per quanto altrettanto fisicamente incontenibile e affascinante, Marco Giallini è molto diverso da Numa Tempesta e ce lo ha dimostrato durante un'intervista affettuosa e... un po' indisciplinata, ma provateci voi a farlo star fermo!
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Tra la commedia all'italiana e Al Pacino
Recentemente ha raccontato che Scola le diceva che lei lo faceva pensare a "quella cosa là, la commedia all'italiana". In effetti lei ha il magnetismo e la caratura dei grandi interpreti della commedia italiana. Luchetti ha amplificato queste sue caratteristiche, o le ha "controllate"?
Marco Giallini: Beh sì, Scola mi disse "Giallì, sei nato troppo tardi, se no facevamo qualche film insieme". Diciamo che io sono bravo, so recitare. La gente non sa assolutamente recitare, a parte i soliti cinque.
D'altro canto con questa faccia che ho mi fanno fare i cattivi, ma io posso fare tutto perché in realtà conosco tutto.
Luchetti un po' mi ha contenuto, eliminando un po' l'effetto one man show. Abbiamo asciugato qualcosa. È paradossale poi, perché è Tempesta, che cazzo vuoi asciugà!
Devi essere anonimo nella vita, e grande sullo schermo. Questa è una grande cazzata. Lo diceva pure Al Pacino. Devi essere una grande persona per fare bene questo lavoro. L'ho incontrato a New York, che bellezza. C'era questa ragazza, avrà avuto trent'anni, che ci disse, sta arrivando il mio fidanzato. Ed era Al Pacino. Ho anche le foto, io, Valerio Mastandrea e Pacino!
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La politica no
Io sono Tempesta si sforza di raccontare l'ingiustizia sociale senza retorica. Pensa che la politica invece approfitti di questa retorica?
Non mi piace parlare di politica, non ne parlo mai e non mi interessa. La politica dovrebbe essere una cosa seria, no, non si può fare. Non ho mai trovato un partito che mi rispecchiasse minimamemente. Alle ultime elezioni sono tornato a votare dopo trent'anni, ed è stato inutile.
Il rapporto tra padri e figli ha molto rilievo nel film e nella caratterizzazione dei personaggi. Da padre, quale imprinting crede che sia più decisivo, quello dei genitori o quello della società?
Non lo so. Forse si dà troppa responsabilità al rapporto con i genitori. Io con mio padre non ci ho mai parlato, però gli volevo un bene dell'anima. Cioè, ci ho sempre parlato, ma non di cose intime e personali, di ciò che sentivo, perché a quei tempi c'era un'altra modo di fare i genitori ed essere figli, eravamo timidi.
Ai suoi figli cosa insegna?
La bontà d'animo, non fare mai male agli altri. Io a Pasqua mi sento sempre un po' Gesù. Mi piace proprio la gente. Mi stanno sul cazzo tutti perché li amo. Ossimoro?