Io sono la fine del mondo, recensione: il film di Angelo Duro è un bluff a carte scoperte

Una cattiveria che si aggancia a una scorrettezza solo teorica: senza fermarci al letterale, quello di Gennaro Nunziante è un film amaro e asettico, in cui l'anti-comico siciliano diventa corpo estraneo rispetto alla sceneggiatura stessa. In sala.

Angelo Duro in Io sono la fine del mondo

Raro, rarissimo che la stampa non veda un film prima dell'uscita (quando accade, il più delle volte è perché il film è estremamente scadente). Dunque, consapevolmente, raccogliamo coraggio e scegliamo di andare a vedere Io sono la fine del mondo in un multiplex di Roma, consci di affrontare una platea (quella vera) che rumoreggia, si distrae, parla ad alta voce: la cosiddetta pancia del paese, nonché giudice ultimo e insindacabile che decreta il successo o l'insuccesso di un film. E infatti il film di Gennaro Nunziante, con protagonista Angelo Duro (co-sceneggiatore), è proiettato in una delle sale più grandi della struttura, forte del buon incasso registrato nel primo giorno.

Io Sono Al Fine Del Mondo Angelo Duro Scena
Un primo piano di Angelo Duro

Con noi, un pubblico abbastanza disomogeneo: coppie, ragazzini in piena pre-adolescenza che sghignazzano più per inerzia che per convinzione, diversi adulti e, scorgiamo addirittura, nella sala non del tutto piena, le famiglie. Le stesse famiglie che il comico, o forse meglio dire personaggio, prende di mira. Ora, non avevamo nessun tipo di pre-giudizio: non conoscevamo Duro in modo approfondito, e tutt'ora, dopo aver visto il film, continuiamo a non conoscerlo. Il motivo? Presto detto: c'è una tale distanza tra la maschera del personaggio rispetto al pubblico a cui parla che risulta impossibile stabilire una qualsiasi connessione.

In breve, è come osservare e ascoltare un robot che spara a zero su tutti e tutto, finendo per risultare, più che intelligentemente scorretto, solo parossistico. Tuttavia, senza capirne i motivi e senza fermarci al letterale, risultiamo incuriositi dal nostro stesso giudizio critico (perché la critica, pure se la eviti, arriva sempre), ritrovandoci in palese difficoltà nel definire (s)oggettivamente una commedia che non è una commedia rispetto a un comico che non è un comico.

Io sono la fine del mondo, il parossistico revenge movie di Angelo Duro

Dicevamo la famiglia: Io sono la fine del mondo lo definiremmo un revenge movie disfunzionale, in cui il protagonista, Angelo, che scarrozza adolescenti ubriachi dopo la discoteca (si aprirebbe un mondo narrativo rispetto a questo lavoro, che però la sceneggiatura non sfrutta a dovere), si ritrova a doversi occupare dei suoi due genitori anziani (Giorgio Colangeli e Matilde Piana, loro sono attori veri, e si vede). Per usare un eufemismo, li torturerà lentamente e inesorabilmente, vendicandosi di quei piccoli e grandi soprusi subiti quando era bambino.

Io Sono Al Fine Del Mondo Matilde Piana Giorgio Colangeli
Giorgio Colangeli e Matilde Piana in scena

Peccato però che i suddetti soprusi (qualche mese di collegio o la serata con i nonni) sembrano inezie rispetto alla cattiveria messa in circolo dal protagonista (e Duro non è un attore, e si vede), risultando forzata rispetto al materiale narrativo portato avanti da Gennaro Nunziante, regista estremamente intelligente, e a suo agio quando ha a che fare con la comicità poco accondiscendente (c'è lui dietro i film di Checco Zalone e Pio e Amedeo, comici comunque scorretti ma che, a differenza di Duro, appaiono molto più centrati e meno granitici), ma che questa volta sembra inseguire più che seguire il personaggio di Duro.

Se la cattiveria comica è solo teoria

Io Sono La Fine Del Mondo Angelo Duro
Angelo Duro e i suoi occhiali scuri

Chiaramente, in Io sono la fine del mondo la palese cattiveria diventa sceneggiata scorretta di un umorismo che vorrebbe incidere senza però avere la potenza per farlo davvero: la cattiveria, che si fonde con la meschinità, appare fine a se stessa, e asettica nell'insieme di un'opera anti-cinematografica che non ha paura di risultare anche antipatica (risultando in questo senso inspiegabilmente affascinante). Troppo poco per reggere il peso del cinema, troppo poco per reggere un personaggio corpo estraneo rispetto alla sceneggiatura. Per dire: Zalone e Pio e Amedeo sono cattivi, ma pure ben strutturati rispetto a ciò che vanno ad intaccare. Continuiamo con gli esempi, stilizzando i paragoni: la scorrettezza de I Griffin o di Ricky Gervais è puro genio comico applicato a un'irresistibile insolenza.

Io Sono Al Fine Del Mondo Angelo Duro Immagine
Una scena di Io sono la fine del mondo

Qui, invece, troviamo solo una figura che si muove tra lo sketch e la teoria (e la teoria non fa ridere). Insomma, il film di Nunziante (che sceglie sempre molto bene il suo cast, sia tecnico che artistico) è "Angelo Duro al massimo", che lo amiate o che lo detestiate. O che, come in questo caso, che sia indifferente. Poi è naturale: come dovrebbe sempre essere, lo spunto è affidato alla lungimiranza di chi guarda. Si può ridere come non ridere, tuttavia la nostra esperienza testimonia una sala calorosa solo per brevi tratti (alla fine è stata un'esperienza compiuta, ma che probabilmente non rifaremo presto).

Certo è, Io sono la fine del mondo (titolo egocentrico tanto quanto la caratterizzazione di Duro), nella sua smaccata amarezza (consci di esagerare, una delle sceneggiature più amare e nichiliste dai tempi di Totò che visse due volte), riesce ad essere talmente equidistante dal pubblico (sia quello che lo apprezza sia quello che lo disprezza) da apparire come una specie di bluff a carte scoperte, che non poteva non finire con un enorme dito medio. E noi che stiamo al gioco, almeno per una volta, rispondiamo con un laconico 'specchio-riflesso'.

Conclusioni

Io sono la fine del mondo, un avvertimento fin dal titolo. Che vi piaccia o no, che lo detestiate oppure che non lo conosciate, quello di Gennaro Nunziante, regista esperto e sempre interessante, è l'emblema totale di ciò che rappresenta la comicità di Angelo Duro. Maschera e personaggio, cattiveria e meschinità, umorismo solo teorico, in cui il gancio con il pubblico risulta sfocato e, per noi, addirittura illeggibile. Restano gli spunti, appena sfruttati, e resta l'onestà di essere volutamente e spudoratamente antipatico, in un mondo comunque ipocrita. Troppo poco per reggere un film intero, e troppo asettico per essere davvero divertente.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
4.8/5

Perché ci piace

  • Le scelte tecniche e artistiche di un regista come Nunziante.
  • La bravura di Colangeli e Piana.
  • Alcuni spunti interessanti...

Cosa non va

  • ... Ma alla fine poco sfruttati
  • Una cattiveria asettica, solo teorica.
  • A tratti, il protagonista sembra scollegato dal film...
  • ... e non aiutato dalla performance bloccata di Duro.