Io e Spotty, la recensione: cuore di cane

La recensione di Io e Spotty, seconda regia del fiorentino Cosimo Gomez che vede interpreti Michela De Rossi e il sorrentiniano Filippo Scotti, al cinema dal 7 luglio.

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Io e Spotty: una scena del film

L'amore non è bello, se non è... pazzerello. Sempre più autori italiani sentono la necessità di raccontare la crisi che stiamo attraversando e ognuno cerca la maniera più affine al suo sentire. Cosimo Gomez, qui all'opera seconda dopo lo sfrontato Brutti e cattivi, imbocca la via della metafora poetica e del disagio mentale per fotografare una generazione con poche certezze e tante fragilità. Come sottolinea la nostra recensione di Io e Spotty, per raccontare uno spaccato della gioventù italiana odierna, Cosimo Gomez guarda alle commedie indie americane più stralunate che virano al grottesco come Tusk o Lars e una ragazza tutta sua, ma immergendo il tutto nella nostrana Bologna.

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Io e Spotty: Michela De Rossi in una scena

A Bologna, Eva si barcamena tra lavoretti part-time e un curriculum universitario che non sembra voler decollare a differenza di quello della cugina-coinquilina Sissi, brillante cantante lirica a un passo dalla laurea. Eva è costretta ad accettare l'aiuto economico della madre, a cui mente di continuo omettendo di informarla che è indietro con gli esami di giurisprudenza. Nel frattempo si getta a capofitto in storie sbagliate ed è preda di continui attacchi d'ansia finché un giorno, dopo aver pubblicato un annuncio su un sito per dog-sitter, viene contatta dal misterioso Matteo, disegnatore e animatore di cartoon che le chiede di badare al suo cane Spotty. Quando Eva si reca a casa di Matteo, scopre però che Spotty è un cane decisamente sui generis, tanto da spingerla a chiedersi se è il caso di accettare o meno l'incarico.

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Io e Spotty: Michela De Rossi in una sequenza

Romantico e introspettivo, Io e Spotty si regge su una sceneggiatura equilibrata e ricca di sfumature e sulla presenza di una protagonista energetica e carismatica che ha il volto di Michela De Rossi. Col suo caschetto sbarazzino e la bellezza non canonica, l'attrice de La terra dell'abbastanza e I molti santi del New Jersey è una presenza dominante nel film e a ogni apparizione ruba la scena ai colleghi grazie al suo naturale magnetismo. La sua Eva è un concentrato di difetti, un monumento all'incapacità di adeguarsi alle regole della vita adulta, eppure è in grado di infondere una sferzata di vitalità in una pellicola che racconta il malessere contemporaneo dei giovani adulti.

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Io e Spotty: Filippo Scotti in una scena

La sua controparte maschile, Filippo Scotti, deve faticare non poco a tenerle testa nel ruolo del lead animator Matteo, giovane creativo depresso e solitario che usa il suo alter ego, il cane Spotty, come rifugio dai problemi del quotidiano. Scotti, già visto in veste di alter ego di Paolo Sorrentino in È stata la mano di Dio, fa leva sul suo lato più tenero e intimista per dar vita a un personaggio affetto da turbe psichiche, che si sente poco valorizzato sul lavoro e fa uno sforzo quotidiano per uscire di casa senza la soffice protezione del suo doppio canino.

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Io e Spotty: Michela De Rossi in un'immagine

Cosimo Gomez torna a ribadire la sua predilezione per gli outsider. Dopo aver esplorato la disabilità e il degrado fisico e morale in Brutti e cattivi, allunga lo sguardo su una generazione che fatica a svincolarsi dal peso dell'eredità dei genitori - altrettanto in crisi, va detto - e le regole di un mondo sempre meno a misura di giovane. Lasciandosi alle spalle i toni grotteschi della precedente regia, Gomez lavora sulle sfumature per raccontare individui smarriti in un microcosmo dominato da un sottofondo di perenne malinconia. Il regista riesce a trovare il modo di risultare davvero vicino ai personaggi e al loro sentire, e questa verità percepita rappresenta un traguardo importante, facendo passare in secondo piano quei (pochi) momenti in cui la storia sembra incagliarsi o girare a vuoto. A costruire quest'atmosfera intima e delicata contribuiscono le musiche di Pivio e Aldo De Scalzi, collaboratori abituali dei Manetti Bros.

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Io e Spotty: Filippo Scotti in una scena del film

E i Manetti, che figurano tra i produttori di Io e Spotty con la loro compagnia Mompracem, sembrano essere stati attratti dal progetto proprio in virtù della sua pulsione a distaccarsi dalla commedia italiana tradizionale per raccontare il mondo che ben conosciamo con uno sguardo altro. Lo stesso sguardo presente in tante commedie indie americane che tentano di svicolare dal mainstream in cerca di forme di narrazione meno tradizionali. E decisamente poco tradizionale è la storia firmata da Cosimo Gomez e Luca Infascelli, che persegue una sua originalità per raccontare l'impatto di personaggi fuori dai canoni con le responsabilità della vita adulta.

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Io e Spotty: Michela De Rossi in un momento del film

Anche Bologna, coi suoi portici, i suoi palazzoni grigi di periferia e i suoi bus, acquista una luce nuova quando Eva la percorre col suo caschetto nero e i suoi anfibi. La rassicurante città emiliana, subito riconoscibile grazie ai suoi simboli, assume un ruolo centrale nella storia riflettendo il mood dei suoi protagonisti e oscillando tra l'identità di città universitaria accogliente e a misura d'uomo e quella di luogo tetro e crepuscolare nei momenti down di Eva e Matteo. Il tutto senza rinunciare a un tocco pop che traspare qua e là, come nella mancata incursione a Lucca Comics, realtà per eccellenza che valorizza il travestitismo e la pratica dei cosplayer, "normalizzando" la pratica che rende Matteo così strano agli occhi degli altri. Il riferimento al Comics si configura come un omaggio ulteriore all'universo culturale praticato dai Manetti Bros. Viste le scelte di Gomez mai scontate e controcorrente, appare sempre più chiaro il motivo per cui gli autori di Diabolik abbiano scelto di scommettere sulla sua opera seconda.

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Conclusioni

Lo sforzo di reinvenzione di un linguaggio per raccontare i giovani di oggi rende coinvolgente e intrigante la nuova commedia romantica di Cosimo Gomez, come rivela la nostra recensione di Io e Spotty. Il film racconta una storia d'amore sui generis con toni poetici toccando temi come disagio giovanile, disoccupazione e malattia mentale e lo f con un linguaggio fresco, immediato, a tratti grottesco delineando personaggi fuori dal comune, ma autentici.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.4/5

Perché ci piace

  • Lo sforzo del regista Cosimo Gomez di raccontare il presente in modo non scontato né banale.
  • La vitalità e il magnetismo prigionati dalla protagonista Michela De Rossi.
  • La capacità del regista di essere veramente vicino agli outsider che mette in scena.
  • Le musiche efficacissime di Pivio e Aldo De Scalzi.

Cosa non va

  • Alcuni momenti in cui la storia gira a vuoto, soprattutto nei momenti più malinconici.
  • Alcune svolte narrative risultano un po' telefonate, come l'apparizione del musicista corteggiatore. Sappiamo già come finirà.