Un anno fa, in piena pandemia, la prima serie originale Netflix belga era approdata come un interessante e adrenalinico nuovo sguardo alle storie post apocalittiche. Un anno dopo, come vedremo in questa recensione di Into the Night 2, dall'8 settembre sulla piattaforma, il ritorno mantiene le promesse e le aspettative, alza il tiro ma ogni tanto si perde nei suoi stessi misteri e colpi di scena.
L'erede involontario di Lost
La seconda stagione di Into the Night continua con le caratteristiche che avevano fatto la fortuna del ciclo inaugurale: l'alta tensione e velocità nel susseguirsi degli eventi, il nostro immedesimarci in determinate situazioni e episodi monografici dedicati ai vari personaggi, che ricordavano quanto già fatto in Lost e altre serie di genere, attraverso l'uso dei flashback per mostrare il prima e quel dopo in cui qualcosa è cambiato nel sole e sta uccidendo pian piano tutti a livello mondiale. E ancora l'essere una serie corale, il polilinguismo dei personaggi, di diversa etnia e estrazione sociale, che contribuiva a rendere maggiormente realistica la storia, anche nelle difficoltà di comunicazione.
La storia continua poco dopo gli eventi che avevano chiuso la prima stagione: il gruppo di superstiti ha trovato rifugio nel bunker militare comandato da un gruppo di soldati, non tutti esattamente entusiasti per i nuovi arrivati, perché questo comporta razionare ancora di più il cibo e trovare spazio per tutti. Ognuno dei protagonisti deve affrontare i propri demoni interiori oltre a quelli della luce incombente, che pur essendo di solito un simbolo salvifico, metaforicamente e paradossalmente, qui non è la soluzione, ma rappresenta un problema. I soldati vanno così a rappresentare "gli Altri" di lostiana memoria, creando ulteriori conflitti e attriti fra i superstiti, che se prima dovevano vedersela con le lotte intestine mentre cercavano di sopravvivere e combattere ciò che stava accadendo, ora hanno un "nemico" esterno e potrebbero essere costretti a fare fronte comune.
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Uno sguardo femminile
Se la prima stagione aveva visto gli episodi focalizzarsi sulla componente maschile del cast (a parte Sylvie che aveva dato il via a tutto), ma sempre in modo fluido senza dimenticare i vari personaggi, in questo secondo ciclo le puntate si concentrano invece sulle protagoniste femminili, con qualche new entry, come Gia, una donna affetta da bipolarismo e interpretata da Marie-Josée Croze, vista di recente in Mirage. Gli episodi hanno una durata leggermente più corta (che vira più sui 30 che sui 40 minuti) e questo acuisce la tensione ma il realismo viene un po' meno nella risoluzione frettolosa di alcuni problemi che il gruppo si trova ad affrontare, mentre altre sequenze sono al contrario gestite in modo eccessivamente dilatato e melodrammatico.
Di Into the Night, creata da Jason George, che ha nuovamente scritto tutti gli episodi, speriamo venga ordinata una terza stagione perché nuovamente ci ritroviamo con un finale molto aperto e dei risvolti che potrebbero lasciare un po' perplessi, perché forse avrebbero potuto trovare una risoluzione in questa seconda stagione per alcune storyline. Lo scontro fra parte militare e quella civile-diplomatica (ci sono anche due ambasciatori) porterà a nuove inaspettate morti e a nuove rivelazioni sul passato, ma anche sul presente, dei personaggi, che dovranno fare i conti con perdite atroci e con la consapevolezza che potrebbe non esserci speranza per "guarire" il sole. La serie sembra un po' fare un giro a vuoto per tornare quasi al punto di partenza, in una stagione che sembra più "di passaggio" come a volte accade, però è forse controproducente come scelta per un prodotto pensato per lo streaming.
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Conclusioni
Alla fine di questa nostra recensione di Into the Night 2, possiamo dirci soddisfatti di come le caratteristiche che avevano fatto la fortuna della stagione inaugurale siano state mantenute anche nei nuovi sei episodi, accorciandone leggermente la durata, portando alcune new entry e l’incontro-scontro con i soldati del bunker e la loro “logica militare” ben diversa da quella civile ma forse un po’ troppo estremizzata. Gli episodi sono questa volta incentrati sui personaggi femminili, senza dimenticarsi di nessuno nel complesso ma la storia gira un po’ a vuoto tornando quasi al punto di partenza in un finale forse eccessivamente aperto e poco risolutivo.
Perché ci piace
- Le caratteristiche che avevano fatto la fortuna della prima stagione vengono mantenute
- È interessante l’incontro-scontro tra i soldati e i superstiti, anche se forse i primi sono un po’ troppo estremizzati
Cosa non va
- La durata leggermente più breve degli episodi acuisce la tensione ma rende ancor meno realistici alcuni momenti risolutivi
- Forse la stagione gira un po’ a vuoto e il finale lascia un po’ troppe domande in sospeso