Intervista a Peter Webber e Colin Firth

Alla presentazione, a Roma, de "La ragazza con l'orecchino di perla", abbiamo incontrato il regista esordiente Peter Webber e l'interprete principale Colin Firth.

Presentato oggi a Roma La ragazza con l'orecchino di perla, atteso film sul maestro olandese del 1600, Johannes Vermeer. Il film, candidato a tre premi Oscar per la scenografia, la fotografia ed i costumi, è il fedele adattamento cinematografico dell'omonimo libro di successo di Tracy Chevalier. La storia si ispira al bellissimo, omonimo quadro del pittore fiammingo Johannes Vermeer, sulla cui opera aleggia così tanto mistero che la scrittrice ne ha fornito una personale e fantasiosa ricreazione. E' proprio il mistero della creazione e dell'ispirazione, più che l'usuale biografia artistica, il motivo principale della pellicola diretta dall'esordiente Peter Webber ed interpretata da Colin Firth (nei panni del maestro olandese) e dalla stupenda Scarlett Johansson, giovane domestica e musa del pittore. La possibilità di conoscere ulteriori dettagli sulla pellicola ci è stata fornita dall'incontro con il regista esordiente Webber e con l'interprete principale.

Mr. Webber, ha incontrato difficoltà particolari nell'adattare un libro molto incentrato sugli stati d'animo e nella scelta degli attori?
Ogni progetto inizialmente può spaventarti e crearti quella tipica sensazione da salto nel buio. Fortunatamente, però, l'aspetto fortemente visivo del romanzo mi ha permesso di lavorare senza particolari difficoltà. Si tratta di una scrittura molto cinematografica che mi ha favorito anche nell'obiettivo di rimanere fedele allo spirito del libro. Per quanto riguarda il casting, è stato fatto scegliendo gli interpreti in modo individuale, sperando poi di riuscire a creare sul set l'alchimia necessaria. Il film penso sia la testimonianza più chiara della riuscita del tutto.

Mr. Firth, che preparazione ha dovuto seguire per interpretare un ruolo così impegnativo?
Sono partito dalla consapevolezza che la cosa più importante del personaggio fosse il mistero, quindi ho usato il metodo più usuale per un attore, e cioè l'immedesimazione. Per fare questo ho creduto necessario addentrarmi all'interno della sua ammaliante pittura per svelarne i misteri e il suo approccio nei confronti della luce. La cosa più importante, secondo me, era comunicare al pubblico come il maestro vedeva la luce ed i suoi soggetti invece di puntare all'aspetto tecnico del dipingere. Per fare questo sono stato facilitato di molto dall'eccellente lavoro effettuato dal regista, dallo scenografo e dal direttore della fotografia, che hanno costruito un mondo nel quale potevo sentirmi realmente Vermeer, imitarne il linguaggio corporeo.

Qual è il suo rapporto con la pittura? Si è sentito più pittore o più attore?
Amo la pittura, anche se non so assolutamente dipingere. Ho fatto pure una scuola per pittori, ma i miei dipinti sono molto vicini a quelli di un bambino. Decisamente quindi sono più attore che pittore, anche se la mia specifica passione per Vermeer mi ha di certo aiutato.

Mr. Webber, la cosa che colpisce più di questo film è la bellezza della fotografia, come avete adoperato la luce per costruire il mondo di Vermeer?
In questi casi, la cosa più difficile è comprendere cosa si vuole visivamente ottenere. Parlando con il direttore della fotografia, abbiamo capito che la cosa più importante era osservare e abbiamo visto libri e libri di storia dell'arte. Edoardo è un mago. Con pochi elementi è riuscito a fornirci la luce adeguata, mantenendo anche una gran libertà di movimento per gli attori.

A questo proposito, l'atmosfera eterea e rarefatta del film, quasi irreale, non ha portato ad apprezzare più l'aspetto formale del film piuttosto che la recitazione, seppur ottima? Può essere una chiave di lettura, per analizzare le nomination all'Oscar del film, tutte e tre di tipo tecnico?
Premesso che sono entusiasta per i premi e le nomination che il film sta ricevendo, è probabile che la recitazione pacata e sottile dei protagonisti li penalizzi per premiazioni dove si predilege una recitazione enfatica e sopra le righe. Io comunque sono soddisfattissimo della recitazione. Volevo assolutamente che gli interpreti non mettessero al centro il loro ego, ma che entrassero a stretto contatto con il mondo rappresentato mediante un approccio minimalista. Per riuscire nell'intento, ho elencato una lista di gesti visivamente da evitare, in modo da non cadere nel classico approccio epico-tragico sulla vita di un artista. E' indubbio, però, che nel far questo mi ha facilitato la scelta di un pittore con una vita molto poco conosciuta; tutto questo sarebbe stato impossibile se avessi fatto un film su Van Gogh, Bacon o Picasso.