Incontri ravvicinati del terzo tipo: cinque note di un mito della fantascienza

Compie quarant'anni un film che ha lasciato un segno profondo nella storia del cinema e nella carriera del suo autore, uno Steven Spielberg ancora ai primi passi della sua folgorante carriera.

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Alcuni film restano nel cuore. Si insinuano, scavano il loro spazio e si rintanano. Diventano parte di noi in modi che sono diversi per ognuno di noi, contribuiscono in qualche modo a creare le persone che siamo. D'altra parte, siamo tutti fatti dei film che ci piacciono. Ma vi è mai capitato di rivedere uno di questi mattoncini della nostra anima a distanza di tanto tempo per trovarci qualcosa di completamente diverso, per sentire quel senso di distacco che non è solo dovuto all'inesorabile invecchiamento del film, ma anche nostro? Si cresce, si cambia. Si invecchia. E a volte le opere che amiamo non lo fanno con noi. Ecco, non è questo il caso di Incontri ravvicinati del terzo tipo.

Abbiamo avuto l'opportunità di rivedere il film di Steven Spielberg alla Mostra del Cinema di Venezia, in occasione della presentazione della versione restaurata in 4K e ci sentiamo di dire, senza timore di essere smentiti, che è tra le cose più entusiasmanti viste nel corso dell'edizione. Non che siano mancati film di alto livello, ma il cult di Spielberg non dimostra i quarant'anni che ha compiuto proprio di recente (l'uscita originale è datata 16 novembre 1977, mentre quella italiana è del 14 dicembre dello stesso anno) e continua a rapire lo spettatore e portarlo nel suo mondo.

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Gli alieni, prima di E.T.

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Nel 1977, Steven Spielberg non era ancora sinonimo di cinema fantastico e blockbuster. Aveva vissuto il successo de Lo squalo, ma l'altro suo progetto cinematografico, Sugarland Express, non seguiva la medesima via. E.T. L'Extraterrestre, i film di Indiana Jones e gli altri successi che avrebbero segnato il cinema di genere erano lontani ancora qualche anno ed è proprio Incontri ravvicinati del terzo tipo a dare la prima conferma dell'abilità di Spielberg di creare film e storie dal sapore iconico. Come e più de Lo squalo, per segnare un percorso che ha portato il regista americano ad essere tra i più rappresentativi ed influenti del cinema contemporaneo.

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L'approccio adulto alla fantascienza

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Quel che colpisce ancora oggi di un film come Incontri ravvicinati è il suo approccio alla fantascienza e gli alieni, la sua capacità di usare il tema dell'alieno, e dei primi contatti della nostra specie con essi, per indagare sull'essere umano. In tal senso, il film di Spielberg è fantascienza vera e pura, di quella che guardando oltre il nostro pianeta, oltre la nostra normalità, ne cerca un riflesso nitido e rivelatore. Come fatto di recente da Denis Villeneuve nel suo Arrival, Spielberg usa i suoi personaggi, così diversi tra loro, per mostrarci l'essere umano, le sue reazioni ed ossessioni, al cospetto con qualcosa di più grande di lui.

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La varietà di un viaggio

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Con una storia che si muove su due piani che convergono nel finale, Spielberg ci mostra due facce di una stessa medaglia: da una parte la coalizione di scienziati che fa capo a Lacombe (un magnifico François Truffaut), dall'altra due persone comune, Roy e Jillian, con il loro diverso approccio a quanto sta accadendo. Anime diverse che si muovono verso un'unica destinazione, verso quella Devil's Tower nel Wyoming che li ossessiona, in un percorso fatto di immagini, suoni e situazioni potenti, usate con saggezza tematica e arguzia visiva da Spielberg, dalle prime immagini degli aerei riapparsi nel deserto, all'invasione di luci e giocattoli che si animano nella stanza del piccolo Barry, all'incontro con le entità extra-terresti, la scelta di Roy e i gesti degli alieni in risposta a Lacombe.

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La maturità di Spielberg

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Se l'approccio di Incontri ravvicinati colpisce, un altro aspetto stupisce ancora oggi: la consapevolezza e maturità artistica di un autore che era solo al suo terzo film per il grande schermo (ai quali vanno aggiunti un paio di progetti per la TV, tra i quali un altro capolavoro: Duel). Si sa che lo script del film, accreditato a Spielberg, ha subito vari rimaneggiamenti e ripensamenti, ed in generale come la lavorazione non sia stata esente da ostacoli ed intoppi. Eppure tutto questo non traspare nella solidità, compattezza e coerenza del risultato finale, in un film che dimostra un'anima ed un intento, che sa quel che vuole raccontare e non ha alcun dubbio sul come vuole farlo. Un traguardo che tanti autori raggiungono dopo decenni di esperienza.

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Ogni volta come la prima volta

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E di decenni ne sono passati quattro dall'esordio di Incontri ravvicinati, un tempo lungo per un genere di film che rischia di invecchiare precocemente. Ma l'abbiamo detto in apertura, non è così per Incontri ravvicinati del terzo tipo, che ha un incredibile pregio: è capace di immergerci nella storia come se fosse ogni volta la prima, di ipnotizzarci con le visioni di Roy, di stregarci con quelle meravigliose cinque note e con la colonna sonora di John Williams, di affascinarci e inquietarci con le sue componenti più misteriose, dai ritrovamenti di veicoli scomparsi in passato o il primo folgorante avvistamento dell'UFO da parte di Roy. Di trascinarci con sé, emozionarci e toccare quelle corde dell'anima che solo i grandi film sono capaci di solleticare ad ogni nuova visione.