La discrezione è un dono destinato a restare nell'ombra, perché l'ombra è nel destino dei discreti. Ed è lì che vive il nostro Ser Davos. Sempre all'ombra di qualcuno, al fianco della brama di Stannis Baratheon, dietro le quinte della rivincita di Jon Snow. Uomo umile, uomo semplice, venuto dal nulla con tanta fame di sapere e nessuna sete di potere, il personaggio interpretato da Liam Cunningham è senza dubbio uno dei più affascinanti de Il trono di spade. Un fascino che proviene sia dal carisma dell'attore irlandese che dal carattere di un co-protagonista dall'aria misteriosa, più attento a guardarsi attorno e ad assorbire il mondo che lo circonda piuttosto che esporsi, esibire il proprio ego e le sue intenzioni. Avvolto da un lungo mantello e schermato da un'ispida barba, Ser Davos si è imposto come ottimo consigliere delle terre di Westeros proprio per questa sua capacità di osservare gli altri e per la sua proverbiale umiltà. Un pregio che sembra farina dello stesso sacco di Cunningham, persona discreta e disponibile, che abbiamo avuto il piacere di incontrare, assieme ad altri colleghi, in occasione della sua venuta al Comicon di Napoli.
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L'incontro, avvenuto in una bella mattinata di fine aprile dentro una città partenopea ancora più soleggiata di Approdo del Re, ci ha permesso di vivisezionare l'animo del Cavaliere delle Cipolle, studiarne il carattere straordinariamente ordinario, e poi sorvolare i grandi meriti del fenomeno mediatico e sociale di nome Game of Thrones. È forse per questo che, durante questa intervista roundtable, ci siamo sentiti davvero dentro un concilio ristretto, nel bel mezzo di una tavola rotonda. Come cavalieri vanagloriosi al cospetto di un uomo semplice.
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L'elogio della normalità
Jeans scuri, una polo blu a tinta unita, occhiali da vista essenziali. Liam Cunningham si presenta così, in netta antitesi con il fasto e il lusso dell'hotel che ci ospita per l'incontro. Ci sediamo attorno ad un tavolino da thè e ci rendiamo subito conto dell'aria affabile e del carisma spontaneo di questo attore nato a Dublino, che ha trovato il successo grazie alla serie più osannata dei nostri nuovi anni Dieci. E non si può non partire da lì, da Il trono di spade e dall'evoluzione di un personaggio complesso, solido e vero come Ser Davos, uomo venuto dal nulla, che ha pagato per i suoi crimini e va alla ricerca di una redenzione quanto mai intima. Cunningham dice: "Credo che Ser Davos sia un eroe silenzioso, che viene dalla povertà e si impone come uomo semplice all'interno della serie. Lo immagino spesso come il personaggio interpretato da Robert Duvall ne Il padrino, ovvero come una persona indifferente alla droga presente ne Il trono di spade: il potere. Il potere è qualcosa che porta alla solitudine e ti conduce verso qualcosa di terribile, prima o poi. Ecco, credo che l'unicità di Davos sia nel suo modo di fare, agire e pensare, perché non pensa tanto e perseguire il Bene, quanto a fare la cosa giusta.
Amo la sua normalità e il fatto che sia totalmente estraneo all'ambizione personale, e mi colpisce sempre la sua nobiltà d'animo che permettono a tanti spettatori di identificarsi con lui". Arriva il nostro turno e gli chiediamo quanto sia complesso dare vita ad un personaggio costretto a dipendere da un'altra persona (prima Stannis, poi Jon), sempre al fianco e mai davanti a qualcun altro. La risposta di Cunningham recita così: "Ser Davos funge spesso da coscienza per personaggi come Stannis e Jon, quasi come fosse uno strumento narrativo per loro due. Il suo ruolo di consigliere è molto importante perché emerge sempre il suo essere disinteressato e sincero, anche quando è in disaccordo con loro. In questo suo eterno ruolo da spalla, mi ricorda tantissimo Sam. Credo che siano due personaggi in qualche modo simili, nel loro essere senza scopi personali, umili e molto attratti dalla conoscenza".
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Shakespeare in Westeros
Venti gelidi soffiano da Nord. La Barriera trema, i Lannister traballano, gli Stark provano a ricostruire il loro vessillo, una Targaryen fa finalmente ritorno. L'inverno non sta arrivando, perché è arrivato. E con lei la settima stagione di uno show bramato da milioni di persone, che Cunningham definisce così: "Girare Il trono di spade è un'esperienza straordinaria. Si tratta di un lavoro di gruppo, fatto da persone che avvertono di contribuire a qualcosa di importante. Credo che sia uno show contemporaneo, capace di catturare lo spirito dell'essere umano e per questo di essere sempre attuale in qualche modo. La storia ha dentro di sé qualcosa di estremamente shakespeariano, soprattutto quando concilia alla perfezione family drama e ragionamento sui sistemi del potere. Il trono di spade ci insegna che avere il potere troppo a lungo è qualcosa di deleterio e che la maggior parte dei suoi personaggi sono ossessionati da tre dimensioni da proteggere a tutti i costi: danaro, status e casato. Il tutto conduce ad uno stato di paranoia logorante". Sulla settima stagione, l'unico indizio concesso è questo: "Dal punto di vista visivo sarà uno spettacolo straordinario. Penso che la gente continuerà a guardare Il trono di spade anche tra quindici, vent'anni". Se lo dice l'arguto, silenzioso e attento Ser Davos, a noi fedeli spettatori delle sorti di Westeros non resta che credergli. E magari confidare di vederlo sopravvivere a tutto il fuoco e a tutto il ghiaccio che ci aspetta.