Pedine, tattiche, strateghi e guerrieri si muovono sulla plancia di gioco. Accade tutto dentro un regno che assomiglia a un enorme tabellone, non a caso protagonista assoluto di una sigla diventata iconica. Se è vero che al gioco dei troni si vince o si muore, noi ci siamo accontentati di partecipare. Perché Il Trono di Spade non impone soltanto la visione passiva di una serie tv, ma anche la rievocazione di una specie di gioco di ruolo televisivo, in cui immergersi dentro un fantasy al sapore di Medioevo. E dove è necessario schierarsi, scegliere per quale "pedina" fare il tifo. La natura ludica de Il Trono di Spade ci ha sempre costretto a sviluppare un senso di appartenenza a un casato, per poi individuare il personaggio a cui essere devoti.
Non staremo qui a eleggere il miglior personaggio della serie, perché sarebbe impossibile. Giunti a due episodi dal finale, ci limiteremo a prendere atto di quanto Jaime e Sansa siano diventati poco per volta i due personaggi più interessanti, complessi e meglio delineati di Game of Thrones. Ecco come, passando dal dolore e dal trauma, un pavone si è riscoperto leone e come un uccellino si è trasformato in lupa.
Con buona pace di chi credeva che gli Estranei fossero il tema principale dello show (al massimo erano il più urgente), l'inverno è stato spazzato via da una ventata d'Arya che ci ha riportato sulla letale scacchiera di Westeros, per capire quanto e quale sangue verrà versato per una corona o per una ruota da spezzare. E rieccoci in gioco, rieccoci costretti a temere e a parteggiare per chi ci sta a cuore. Ammaliato dall'onore leale degli Stark, dall'ambizione ferita dei Targaryen o dal fiero orgoglio dei Lannister, dopo otto lunghi anni è inevitabile che ogni spettatore abbia eletto il suo personaggio preferito. Senza dimenticare il fascino di complessi comprimari come Brienne di Tarth, Sam o il Mastino, capaci di rubare spesso la scena ai colleghi più blasonati.
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Tu chiamale, se vuoi, rivoluzioni
Fatta eccezione per lo Sterminatore di Re, stimato da molti, sappiamo bene che Sansa non è certo uno dei personaggi più amati dello show. In generale, però, nessuno dei due ha mai avuto il seguito dei più idolatrati e inflazionati Tyrion, Daenerys, Arya e Jon, protagonisti senza dubbio più facili da ammirare. Perché? Perché il Folletto, la Madre dei Draghi, la lesta assassina amata da George Martin (e consorte) e il Re del Nord sono tutti partiti da situazioni di enorme svantaggio e si sono guadagnati con grande facilità la nostra empatia e il nostro supporto. Il nano disconosciuto e odiato dalla sua stessa famiglia, che ha fatto della parola la sua arma più aguzza in un mondo dominato da cavalieri, è un protagonista affascinante come pochi. Daenerys, candida e manipolata all'inizio della sua avventura, ci è stata presentata come vittima sacrificabile, quasi carne da macello utile soltanto a compiacere un fratello crudele. La sua, dunque, è stata una graduale rivalsa piena di rabbia, orgoglio e presa di coscienza delle proprie enormi potenzialità di donna. Jon Snow era solo un bastardo esiliato sulla Barriera, una macchia nell'onore dell'altrimenti irreprensibile Ned Stark, il mite bravo ragazzo che, poco per volta, ha compiuto il classico viaggio dell'eroe puro di cuore, riluttante all'idea del potere, eppure sempre più in alto nella scala sociale di Westeros. Leale, coraggioso e giusto, Jon ha incarnato la classica ribalta riservata a molti paladini.
Arya, invece, era una bambina fuori posto, uno spirito combattivo nato in un'epoca in cui le donne non potevano seguire certe vocazioni. Lei, dopo l'amorevole incoraggiamento paterno, quella vocazione l'ha saputa seguire, mossa anche da uno spirito vendicativo inarrestabile. E per farlo ha davvero guardato la Morte in faccia più volte, ha vissuto nel fango e negli stenti pur di tenere fede alla sua missione. Insomma, è facile capire quanto Tyrion, Daenerys, Jon e Arya siano protagonisti facili da amare, perché tutti sottovalutati e relegati ai margini del gioco dei troni per poi guadagnarsi con le unghie il loro posto nel mondo. Jaime e Sansa, invece, no. Jaime e Sansa, all'inizio, erano personaggi altezzosi, a loro modo detestabili e respingenti. Un cavaliere compiaciuto del suo sadismo e una ragazza preda delle favole frivole in cui amava credere. Laddove gli altri si sono evoluti, Jaime e Sansa hanno sposato due vere e proprie rivoluzioni, riuscendo a spingere il pubblico verso un traguardo tutt'altro che scontato: ricredersi e cambiare idea sul loro conto.
Sansa e Jaime: dentro e oltre lo stereotipo
C'è un motivo se Jaime e Sansa si sono presentati a noi mostrandoci il loro volto peggiore. Entrambi, infatti, erano vittime degli stereotipi in cui amavano specchiarsi, crogiolarsi e sguazzare. I secondogeniti di casa Lannister e Stark erano bloccati dentro due categorie ben definite e riconoscibili, due modelli a cui era comodo aderire: il cavaliere arrogante e la dama altezzosa. Egocentrici, sprezzanti e rinchiusi nelle loro personali torri d'avorio, Jaime e Sansa sono personaggi diversi eppure simili nelle aspirazioni sociali: benessere, agio e rispetto altrui ottenuto attraverso un freddo cinismo. Il vanaglorioso Sterminatore di Re e l'acerba Sansa dei primi dei tempi erano persone superficiali, allergiche alle responsabilità ma aggrappati con le unghie al loro miope individualismo.
I vecchi Jaime e Sansa, quelli patinati e insopportabili, avevano colto il lato più ludico del gioco dei troni, ovvero quello fine a se stesso, finalizzato solo al piacere di giocare gli stereotipi che amavano confermare di continuo. Poi, le loro torri d'avorio sono crollate. La vita che si aspettavano è stata travolta con imprevedibile violenza. Lo stereotipo si è disintegrato. Jaime e Sansa si sono trovati di colpo tra macerie e detriti. E raccogliendo i cocci sono rinati più umani, consapevoli, migliori.
Se il lupo divora l'uccellino
La bella e giovane rossa dai sogni troppo scintillanti per Grande Inverno. Sansa Stark si sentiva fuori posto, proprio come sua sorella Arya, ma in modo completamente opposto. Laddove la sorella minore rifiutava il destino riservato a ogni donna altolocata del Continente Occidentale (quello di raffinate lady di corte), Sansa non sopportava la modestia e la semplicità del suo Nord, in cui ha sempre regnato il pragmatismo. Ecco perché, quando Sansa vede per la prima volta Cersei Lannister, si trova davanti a tutto ciò che vorrebbe essere e diventare. Bellezza, vanità, orpelli, carisma, quel distacco austero capace di elevarti dalla massa. Per la giovane Sansa, infarcita di belle favole in cui crede ciecamente, la crudele Lannister è un modello a cui aspirare, lo spocchioso Joffrey è il Principe Azzurro dei suo sogni. Mentre suo padre Ned rimane invischiato (anche per colpa sua) nei torbidi giochi di potere di Approdo del Re, Sansa vive il lato mondano e frivolo di quella corte, ne rimane affascinata, per poi coronare il suo ingenuo sogno sposando il folle Joffrey. È l'inizio della fine, il mondo delle favole sbattuto in faccia che non ti chiede di voltare pagina ma di bruciare il libro. Da Joffrey in poi, fatta eccezione per il matrimonio senza amore ma casto con il sensibile Tyrion, per Sansa il sogno lascia spazio all'incubo.
Crudeltà, stupro, anestesia di ogni forma di amore, empatia e rispetto. In quel mondo senza onore, lontano anni luce dalle sue ingenue aspettative, la ragazza diventa donna conscia del proprio valore e dei propri mezzi. Poco per volta Sansa si trasforma da vittima a carnefice, abile nel ribaltare a suo favore tutto lo schifo da cui era circondata. La ragazza di Grande Inverno si guarda attorno, assorbe tutto come una spugna, inizia a capire gli uomini, le donne, la diplomazia e la politica anche grazie al fetido fiato sul collo di Ditocorto. Il dolore, come spesso capita, diventa severo maestro di vita. Ed è così che il lupo, da troppo tempo assopito e dormiente nel suo animo, si risveglia per divorare l'uccellino. Sansa rinasce saggia consigliera di Jon Snow, vera signora di Grande Inverno capace di opporsi con freddezza all'ascesa di Daenerys, regina di poche ma mirate parole, abile stratega, donna di un mondo di cui ormai conosce sia il fango che le stanze dorate. Sansa rinasce dalle sue ceneri. E non è un caso che la sempre più brava Sophie Turner, sia stata scelta dagli X-Men per diventare una Fenice nera.
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Il leone dietro le piume del pavone
Senza quella crudele spinta non saremmo qui a narrare le gesta di Ser Jaime Lannister. Senza quell'incesto consumato sotto gli occhi attoniti e innocenti di Bran Stark nulla sarebbe accaduto. Ancora una volta è la tragedia a ridefinire un personaggio. Bello, maledetto, spietato e abile spadaccino dalla fama ingloriosa ma temibile, Jaime incarnava il prototipo dell'antagonista da odiare a tutti i costi. Un uomo fiero del suo casato, legato in maniera morbosa e malata a una sorella che ama come fosse parte integrante di sé. Poi due eventi stravolgono il biondo cavaliere dall'armatura dorata: un taglio e un incontro. La mano amputata segna la fine della sua nobile nomea di prodigioso spadaccino, in qualche modo ne mina la virilità e l'immagine pubblica. Il pavone inizia a perdere le piume. Poi l'incontro con Brienne, donna con la quale si crea subito una rara alchimia, lo spinge per la prima volta a mettersi a nudo. Succede tutto in un episodio chiave per Jaime (il quinto della terza stagione) nell'indimenticabile sequenza del bagno con la giunonica guerriera di Tarth. In quella scena, che ha il sapore di una confessione tenuta in gola da tutta la vita, Jaime ci viene mostrato sotto un'altra luce. Forse uccidere il Re Folle è stato un gesto d'altruismo, forse il suo soprannome è frutto di un pregiudizio affrettato e ingrato, forse il suo retaggio familiare, per Jaime, è un fardello e non un vanto.
Da allora Jaime Lannister inizia un processo di rivoluzione etica in cui lui per primo inizia a combattere l'immagine spregevole che ha mostrato agli altri. Senza mai urlare contro il mondo il suo onore bistrattato, Jaime è cambiato in silenzio, ha lavorato sottotraccia, ricostruendo dentro di sè un uomo nuovo. Un uomo che inizia ad aprire gli occhi, a prendere le distanze dalla crudele sorella-amante, a comprendere e supportare la ribellione di Tyrion, a innamorarsi di tutto quello che Brienne è, e che lui non è stato capace di essere: valore, correttezza, abnegazione, onore, altruismo, purezza d'animo. Ancor prima di consumarsi a letto, l'amore tra Jaime e Brienne (senza dubbio una delle coppie meglio assortite dello show) si riconosce in una fratellanza quasi cavalleresca tra due persone che riescono a scorgere il meglio l'una nell'altra. Quel meraviglioso momento in cui Brienne si inginocchia davanti a Jaime rende cavaliere una donna e molto più uomo un cavaliere. Un cavaliere ora diretto verso Approdo del Re. Forse per tagliare una volta per tutte quel cordone ombelicale che lo lega a Cersei, ovvero un cappio troppo soffocante sul collo di questo leone ferito.