Il finale di questa ottava e ultima stagione de Il trono di spade, intitolato The Iron Throne, ha spiazzato, diviso e fatto discutere i fan, il pubblico, la critica tutta. Per ora i feedback di pubblico e critica sono abbastanza severi, ma non vi è dubbio che quest'ultimo episodio sia stato un momento assolutamente unico ed irripetibile nella storia della televisione, come illustrato nella recensione dell'episodio 8x06
L'episodio finale della serie HBO e quelli precedenti, ci permettono di fare un confronto tra quanto narrato ne Il Trono di Spade e la nostra Storia, paragonando cioè quanto è accaduto nel mondo reale con ciò che è avvenuto nell'universo creato da George R.R. Martin. La nostra Storia, con i suoi protagonisti e le loro azioni, segue infatti, lo stesso iter, le stesse regole di quella di Occidente.
Il Trono di Spade 8: i nostri voti ai protagonisti di Game of Thrones
Cuori di Tenebra
Impossibile non partire da lei, dalla Regina dei Draghi, Daenerys Targaryen:
nel penultimo episodio molti fan erano rimasti sorpresi ed inorriditi dalla distruzione e dalla devastazione che la giovane regina-guerriera aveva portato ad Approdo del Re, quando in sella al suo ultimo drago aveva dato il via ad un massacro senza precedenti.
Eppure i segnali c'erano tutti: dai suoi dialoghi con Tyrion e Varys, che avevano da sempre evidenziato un'incomunicabilità di fondo, alla tragica morte di Missandei e di Rhaegal, che aveva segnato un punto di non ritorno per la psiche della regina. La volontà di vendetta di Daenerys, ma anche quella di manifestare il proprio potere davanti al mondo, trova molti parallelismi nella nostra Storia, in cui viene impersonificata più e più volte.
L'evoluzione di Daenerys, la sua brama di potere, di conquista e la sua spietatezza, trovano sinistri precedenti in figure storiche come quelle di Babur detto La Tigre, uno dei più importanti conquistatori dell'India.
Altri personaggi storici facilmente collegabili alla Regina dei Draghi sono Shaka, il temutissimo fondatore dell'Impero Zulu, o il leggendario Gengish Khan, il più grande conquistatore di ogni epoca.
Come questi grandi signori del passato, anche Daenerys ha dovuto subire nei primi anni della sua vita violenze, povertà, privazioni e lutti. Come lei questi conquistatori, proprio a causa dei tormenti nei primi anni della loro esistenza, svilupparono un carattere che se da una parte era permeato da una volontà ferrea e da un coraggio straordinari, dall'altro li portò sovente a commettere atrocità indicibili, orrori indescrivibili contro i nemici.
Spesso giustificando il tutto con la necessità di dare un esempio agli avversari e nemici, ma in realtà molti storici (anche psicologi in tempi moderni) vi videro la crudeltà che chiamava altra crudeltà andando oltre il tempo.
Il Macedone e il Barone Nero
Eppure nel cercare un modello di riferimento, due sono i nomi che possono essere più affiancati a quello di Daenerys: Alessandro il Grande e il Barone Roman Nicolaus von Ungern-Sternberg, detto il Barone Nero.
Con entrambi Daenerys ha in comune l'essere oltre che un conquistatore una rivoluzionaria, qualcuno che non vuole solo ingrandire il proprio regno, ma cambiare da cima a fondo il mondo secondo i propri desideri e la propria volontà. Una volontà che non si cura del tempo e dello spazio, dei limiti o dei pericoli, e neppure del modo di pensare di coloro che la circondano.
Alessandro il Grande è considerato ancora oggi un eroe, un modello, ma che fu anche capace di massacri e crudeltà non indifferenti già nei primi anni del regno, quando fece uccidere diversi suoi parenti per consolidare il suo potere in Macedonia.
La sua grande avventura di conquista in Asia e Oriente ci è stata tramandata con toni mitici, leggendari, dalla quale però vengono rimossi i massacri che compì, gli orrori di cui si macchiò, e il crescente distacco che si creò tra lui e i compagni con cui era cresciuto.
In breve tempo Alessandro il Grande cominciò ad essere paranoico, da una parte a causa dei tradimenti subiti e dall'altra per la morte dell'amato Efestione (che per lui guarda caso ha avuto un ruolo simile a quello di Missandei per Daenerys). Egli finì per creare un clima di sospetto che negli anni lo avrebbe portato a giustiziare alcuni tra i suoi più fidi e vicini collaboratori, talvolta di propria mano. Il senso di onnipotenza e l'incapacità di ascoltare gli altri arrivarono ad inimicargli persino l'esercito stesso, ed i suoi amici, che non comprendevano il suo sogno smisurato.
E quel sogno è lo stesso dichiarato da Daenerys di fronte ai suoi Immacolati ed I Dothraki: portare la sua "libertà" a tutti i popoli, rendendoli uno solo sotto il suo comando.
Solo la sua morte, una morte improvvisa e secondo alcuni storici recenti frutto dell'avvelenamento da parte dei suoi fedelissimi, gli impedì di spingersi ancor più lontano, alla ricerca della fine del mondo. Avevano capito i suoi generali ed ex amici, così come Jon, Arya e Tyrion, che la guerra per certi re e regine non deve mai finire, che da quel drago non si può più scendere.
Il suo essere rivoluzionaria, il suo muoversi per mettere fine ad orrori e crimini (salvo poi commetterne di peggiori ed uguali) rende Daenerys simile in misura minore anche alla leggendaria Boudicca, la famosa regina-guerriera dei celti che si sollevò contro lo sconsiderato dominio romano, salvo poi macchiarsi di stragi ignominiose.
Ma come abbiamo detto, il carattere visionario e assolutista di Daenerys, il suo sconnettersi dal mondo che la circonda, il suo cercare alla fin fine di rompere una ruota riportando in realtà i Sette Regni indietro di secoli, è identico a quello del signore della guerra russo Ungern-Sternberg, abilmente descritto da Hugo Pratt nel suo "Corte Sconta detta Arcana".
Sternberg inseguì un folle sogno di dominio per diventare una sorta di nuovo Gengis Khan, riuscendo ad essere incoronato, durante i confusi anni della guerra civile russa, come Re della Mongolia.
Coincidenza, pure questo vanaglorioso e paranoico conquistatore non cadde in battaglia, ma fu infine tradito da uno dei suo fedelissimi, che lo consegnò ai bolscevichi.
Rompere la Ruota
Daenerys ha sempre dichiarato di voler "rompere la ruota", quella che portava instabilità e alternava, in un susseguirsi senza fine, le diverse casate sul trono dei Sette Regni.
Ma come la Storia insegna, sovente le rivoluzioni (che Lenin definì non a caso un "atto di violenza") non sono assolutamente la porta che apre verso un futuro di libertà e pace, ma un evento tumultuoso, sanguinario, caotico, per quanto spesso inevitabile e persino "salutare".
E, a volte, da quel caos sono emerse figure tra le più spaventose e dittatoriali, come Stalin, Mao-Tse Tung, Pol Pot e forse lo stesso Napoleone, che da molti storici è stato più volte paragonato per certi aspetti ad Hitler, altro "rivoluzionario" che sognava di cambiare il mondo in modo radicale.
In questo Trono di Spade 8x06, la grande lezione che ci viene ricordata è che sono le idee, quelle moderate e sagge, la diplomazia e l'intelligenza a cambiare veramente la Storia, non la mera forza.
La scelta di avere sul trono Bran lo Spezzato, riferimento ad altri Re "menomati" ma tutt'altro che incapaci come Carlo II di Spagna o Carlo II di Napoli, è dettata da un collegio di nobili che appoggiano il concetto di Re come servitore del proprio popolo.
Bran è quindi un Re che basa il proprio modo di governare su conoscenza e ascolto, non più su armi e terrore, accettando una diminuzione dei poteri: da Re assoluto, Re-drago, diventa un Re eletto, nominato.
Il Trono di Spade ci mostra qualcosa di simile a ciò che fece sì che il Regno d'Inghilterra gettasse le basi per quella serie di trattati che rivoluzionarono nel XIII secolo il rapporto tra il Re, i nobili ed il Governo, con al centro la creazione della Magna Carta.
Non è ancora tempo per la democrazia, quella voluta dall'onesto Sam, giusta e meritocratica in teoria, ma assolutamente fuori da ogni logica in un momento così di quel tipo.
Da Sovrano dei Sette Regni, si può dire che con Bran si passi a Re dei Sei Stati... non una cosa da niente.
L'origine della Nobiltà
Sembrerà strano a molti, ma tra i personaggi più politici e pieni di significato che questa ultima puntata dell'ottava Stagione del Trono di Spade ci ha consegnato, un posto d'onore spetta proprio al più improbabile: Bronn.
L'oscuro assassino e mercenario, negli anni si è mosso con incredibile abilità, calcolando ogni suo passo, cogliendo ogni opportunità e aspettando il suo momento, mentre veniva costantemente sottovalutato.
Quel momento è arrivato e ora,l'episodio 8x06 ce ne mostra il destino finale, il premio ottenuto: Lord di Alto Giardino e Maestro del Conio. Mica male per l'ex lingua lunga vestita di cuoio, che sembrava solo destinata ad un castello con una moglie noiosa.
E in questo, Il Trono di Spade ci ricorda che la nobiltà, dietro gli stemmi, l'oro e le buone maniere, è una creatura che alle origini della sua fortuna ha esibito proprio ciò che Bronn ha sempre dimostrato: mancanza di scrupoli, ambizione e opportunismo.
La Storia ci mostra che si può passare da Re a mendicante, da miliardario a barbone con estrema facilità, ma che molto più complicato e tortuoso è il procedimento inverso, la scalata verso l'alto. E che solo i più furbi ce la fanno, non i più forti.
Pirati, briganti, mercenari, spie, con questo materiale umano, da uomini come Bronn, si son create in tutto il mondo la grandi casate di nobili da cui è stata fatta la Storia.
Il Luogo del Massacro
I primi 15 minuti di The Iron Throne sono un capolavoro di montaggio e regia, e soprattutto un'elaborata messa in scena che ricrea di fronte ai nostri occhi distruzioni e massacri che in passato accaddero per esempio a Roma, Pechino, Costantinopoli, Gerusalemme e Berlino (e che ancora oggi purtroppo in città della Libia e della Siria).
Il massacro, la distruzione più totale, quella iniqua perché scagliata contro un nemico inerme o la popolazione innocente, la folle sete di sangue (e vendetta in questo caso) che si non si estingue mai.
Tyrion si aggira tra le macerie di un regno distrutto: ciò che atterrisce di tali luoghi (come molti sopravvissuti di Hiroshima o Mi Lay hanno dichiarato) è sempre stato il silenzio, un silenzio assordante, insopportabile, un silenzio diverso da tutti gli altri.
Quel silenzio, rotto dal pianto di Tyrion che ritrova i corpi di Jaime e Cersei, è quello della morte di massa, del massacro che si è compiuto, in cui gli Immacolati si aggirano in cerca di superstiti come si aggiravano i nazisti per il ghetto di Varsavia o le rovine di Lidice. E come loro non riconoscono ai nemici già battuti o agli indifesi neppure lo status di esseri umani.
L'orda dei Dothraki ricorda quella dei barbari che saccheggiano e infieriscono su una Roma distrutta e inerme, ma anche l'esercito fanatico dei crociati nella Gerusalemme "liberata".
L'episodio 8x05, The Bells, si era chiuso con quel cavallo bianco, miracolosamente sopravvissuto, usato da Arya per raggiungere l'adunata dell'esercito vincitore.
Non era un caso che vi fosse un cavallo, per giunta bianco, ad aspettarla. Simbolo di vita fin dai tempi dei greci, il cavallo è stato anche usato per rappresentare la vita che lotta contro la violenza della guerra in Guernica di Picasso, o in film come Il grande uno rosso di Sam Fuller, War Horse di Spielberg, Balla coi lupi o l'Uomo del Fiume Nevoso. Arya che si allontana in sella a quel cavallo rappresenta la vita, che dopo la strage lascia il luogo del massacro.
L'oblio degli eroi
La scena finale dell'ultimo episodio, mostra i diversi destini degli Stark. Con Arya che parte verso nuove avventure, Sansa che diventa Regina del Nord e Jon che accetta di venire esiliato di nuovo alla Barriera, ricongiungendosi ai bruti e al suo Spettro.
Nella nostra Storia non è stato raro vedere eroi (e Jon lo è veramente nella serie) venire esiliati, cadere in disgrazia, venire scacciati in modo ingiusto o quantomeno dover rinunciare al proprio sogno.
Sicuramente l'esempio per eccellenza appartiene al grande Simon Bolivar, patriota, generale, rivoluzionario e politico che lottò con tutte le sue forze affinché i popoli del Sud America potessero ottenere libertà, diritti ed un futuro migliore. Purtroppo il suo tentativo alla fine si rivelò fallimentare, ma ancora oggi è considerato un eroe in gran parte dei paesi dell'America meridionale e un simbolo di ciò che un patriota dovrebbe essere. Simon Bolivar fu però costretto all'esilio e alla povertà nell'amaro epilogo della sua esistenza.
Tornando molto indietro nel tempo, Milziade, l'artefice del trionfo dei greci sugli invasori persiani a Maratona, invece di gloria ed elogi, fu accusato di aver ingannato il suo popolo a seguito dell'infruttuoso assedio di Paro e morì circondato da astio e sospetti per l'aggravarsi di una ferita riportata in battaglia, mentre era in carcere.
Non meglio, sempre parlando di antichi greci, andò all'ateniese per eccellenza: Temistocle che, pur non esente da errori o difetti, aveva servito Atene e la Grecia con talento, dedizione e grande energia.
Il suo destino fu quello di essere costretto a darsi alla fuga e offrire i suoi servigi al Re persiano Arteserse, per l'impossibilità di difendersi da false accuse e diffamazioni assolutamente infondate messe in giro dai suoi malvagi e corrotti rivali politici nella polis. Toccherà poi a Tucidide e a Pericle riabilitarne la memoria, oggi intatta, parlandone come di un grande eroe e patriota.
A Jon Snow non è andata poi diversamente. Eroe per eccellenza della serie, in teoria addirittura Re per diritto dei Sette Regni, ha combattuto per essi in ogni circostanza, cercando sempre di fare la cosa giusta non per sé stesso ma per i suoi uomini, il suo paese ed infine per tutto Occidente.
Uccidere Daenerys, che comunque amava, lo ha messo in una situazione strana, ibrida, dal momento che rompeva un giuramento, si macchiava di un crimine ma contemporaneamente salvava il mondo da una tiranna sanguinaria.
Una posizione difficile, una scelta tremenda che però egli ha affrontato, sicuro di pagare con la vita ma di fare la cosa giusta; del resto non era la prima volta che correva questo rischio. "L'amore è la morte del dovere" si dicono lui e Tyrion,
Jon lo sapeva e come tanti uomini del passato ha scelto il dovere, la strada più difficile.
Alla fine, per necessità politiche, il suo esilio, la sua "punizione" contenuta sono stati il triste ma inevitabile destino che lo attendeva, e che ha affrontato con dignità.
Il trono di spade 8: perché Jaime e Sansa sono i personaggi più interessanti
Il Trono di Spade e la nostra Storia
Se già in passato George R.R. Martin aveva confessato di essersi ispirato a diversi personaggi storici per creare Cersei Lannister o Stannis Baratheon, ebbene il legame di questa saga Fantasy con la realtà, con la Storia vera, si è alquanto approfondito e rivelato ai nostri occhi in quest'ultima puntata de Il Trono di Spade.
Il finale, per quanto possa aver scontentato alcuni fan, è carico di significati e metafore che affondano le radici nei millenni di storia, guerre, atrocità e rivoluzioni che hanno creato il mondo che abbiamo oggi.
Per questo Il Trono di Spade merita un posto di assoluto rilievo nella narrazione moderna, non solo televisiva: tra draghi, estranei, sortilegi, guerre, amori e regni fantastici questa serie ci ha parlato di come siamo e forse di come saremo. Ha parlato di noi, del nostro mondo e della nostra Storia.