Recensione Ratatouille (2007)

Uno dei punti di forza di 'Ratatouille' è la sua capacità di essere film a tutti gli effetti, ma allo stesso tempo mantenendo lo spirito, la consapevolezza e l'attitudine da cartone animato.

Il sapore del buon cinema

Tutti possono cucinare, ci insegna il cuoco Gusteau in Ratatouille, ma questo non vuol dire che tutti dovrebbero farlo, sottolinea Remy, il topo protagonista del film.
Lo stesso potrebbe valere per tanti altri campi di espressione umana, tra cui anche il cinema. La produzione dell'ultimo lavoro Pixar, infatti, è stata una delle più complesse tra gli otto lungometraggi fino ad oggi prodotti dagli studios di Toy Story ed è stata iniziata nel 2000 da Jan Pinkava che pur figurando ancora come co-regista nei credits del film, fu sostituito nel 2005 da quel Brad Bird che proviene dall'animazione tradizionale (suo quel piccolo gioiello che è Il gigante di ferro) e che si è messo in luce proprio in casa Pixar con Gli Incredibili nel 2004. Pinkava aveva già realizzato tutto il design per i set ed i personaggi del film, quindi Bird aveva poco spazio per inventare e stravolgere, piuttosto è partito dalla stessa base, ha riscritto la sceneggiatura ed ha così cambiato l'enfasi del film ed il suo equilibrio, dando più spazio ad alcuni personaggi secondari come Skinner e Colette, rendendo il topino Remy meno antropomorfizzato ed in generale bilanciando in modo diverso i vari ingredienti per ottenere il giusto sapore.
Passateci questo inevitabile parallelismo culinario e lasciateci dire che sì, gli ingredienti della versione odierna di Ratatouille sono stati in gran parte ideati e disegnati da Pinkava, ma è stato necessario uno chef del calibro di Bird per poterli miscelare nel modo giusto per cucinare il piccolo capolavoro che arriva ora nelle sale italiane.

Ratatouille racconta la storia del piccolo Remy e del suo sviluppato olfatto, un dono che, essendo lui un topo, finisce per rappresentare più un problema che un vantaggio. In seguito ad un incidente che ha portato la sua colonia via dalla casa di campagna in cui viveva, Remy si ritrova solo a Parigi e proprio nel ristorante del deceduto chef Gusteau, che con il suo libro "Tutti possono cucinare" ha ispirato la sua passione per la cucina. Affacciatosi nella cucina del ristorante, il piccolo Remy nota i danni che il giovane apprendista Linguini sta causando ad una zuppa in preparazione e vi pone rimedio. Inutile dire che dopo l'intervento di Remy la zuppa viene apprezzata e così Linguini è costretto a replicarla. E come farlo senza l'aiuto di Remy?
Nasce così la collaborazione forzata tra i due, con Remy a condurre le azioni dell'imbranato Linguini standosene nascosto sotto il suo cappello da chef e "guidandolo" in un modo certamente semplicistico ed infantile, ma che rappresenta quanto di più cartoonesco ed esilerante si sia visto di recente al cinema.
E' questo uno dei punti di forza del film: la sua capacità di essere film a tutti gli effetti, ma allo stesso tempo mantenendo lo spirito, la consapevolezza e l'attitudine da cartone animato, in una miscela in cui la trama e le gag si intrecciano senza che l'una tolga spazio alle altre o ne sia in qualche modo penalizzata.
Bird non si risparmia nella costruzione delle sequenze e nella messa in scena ed arricchisce il film di dettagli e soluzioni tecniche, di citazioni e ammiccamenti, a partire dai movimenti di camera complessi, a volte vertiginosi, ma mai fine a sè stessi, sempre usati con l'unico intento di servire la storia, fino alla cura per ogni più piccolo dettaglio che appare sullo schermo, passando per la colonna sonora composta da Michael Giacchino che accompagna, valorizza ed arricchisce tutte le sequenze con brio e ricercatezza. Esemplare da questo punto di vista proprio la sequenza in cui Remy corregge la zuppa rovinata da Linguini.

Merita una menzione speciale l'interpretazione dei doppiatori americani, in particolare quella di Peter O'Toole nel ruolo del critico gastronomico Anton Ego, ma soprattutto la recitazione dei personaggi digitali, in primis quella di Remy che usa per lo più la mimica per farsi comprendere ed ha un sapore d'altri tempi, da attore di cinema muto. Un aspetto, questo di ammiccare a tanto cinema del passato, che ritroviamo in tanti momenti del film: Ratatouille infatti è in definitiva una commedia brillante d'altri tempi, densa di ritmo, dialoghi brillanti ed equivoci, per la quale l'aggiunta "d'animazione" come specifica di "cinema" rischia di non renderle giustizia.
Ma essendo questo un film d'animazione, per giunta d'alto livello, non possiamo non spendere due parole per sottolineare l'altissimo livello tecnico raggiunto dalla Pixar con quest'ultima fatica. Ben al di sopra dei suoi diretti concorrenti, Ratatouille spiazza per un doppio pregio: da una parte molti aspetti del film, dalla ricostruzione di Parigi ai fenomeni naturali (acqua, fuoco, riflessi...), sono del tutto fotorealisistici, dall'altra la capacità di sembrare cartone animato a tutti gli effetti, con l'uso del 3D che è ancora un volta solo un mezzo che grazie l'abilità degli animatori Pixar nell'utilizzarlo riesce a donare al film quel calore e quella genuinità che solo l'animazione tradizionale a mano è stata finora in grado di riprodurre.

Un nuovo capolavoro per la Pixar (e di riflesso per la Disney che distribuisce), che riesce a compiere un altro passo avanti dal punto di vista tecnico ed allo stesso tempo dal punto di vista espressivo, e che si candida prepotentemente per la corsa all'Oscar di quest'anno.

Movieplayer.it

5.0/5