Il 15 giugno 1973 uscì nelle sale americane Anno 2670 Ultimo atto, il quinto e ultimo capitolo della prima incarnazione cinematografica del franchise di Planet of the Apes, nato nel 1968 a partire dal celebre romanzo di Pierre Boulle. Un franchise che continua ancora oggi e che nel corso degli anni ha attirato nomi come Franklin J. Schaffner, Tim Burton e Matt Reeves dietro la macchina da presa e Charlton Heston, Andy Serkis e Tim Roth per i ruoli principali. Per festeggiare la doppia ricorrenza, essendo il 2018 anche il cinquantenario del capostipite, ecco una decina di dettagli curiosi e divertenti sulla realizzazione dei nove film usciti finora, più altri progetti che non si sono materializzati.
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1. Invidia della scimmia
La nascita della saga risale al 1963, prima ancora che venisse dato alle stampe il romanzo. Il produttore Arthur P. Jacobs, artefice dei primi cinque film, si era recato a Parigi in cerca di materiale da portare sullo schermo, e durante i suoi incontri con gli agenti letterari raccontò il suo sogno nel cassetto: "Vorrei che King Kong non fosse mai stato realizzato, così lo potrei fare io!" L'agente di Pierre Boulle, Allain Bernheim, gli propose quindi il manoscritto di La planète des singes, e Jacobs acquistò subito i diritti. Dovette però aspettare di aver dimostrato di sapersela cavare come produttore, lavorando a due progetti della 20th Century Fox, prima di poter ottenere l'approvazione per realizzare Il pianeta delle scimmie.
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2. Un futuro troppo costoso
La sceneggiatura fu inizialmente affidata a Rod Serling, il creatore di Ai confini della realtà, ma la sua versione fu quasi interamente rimaneggiata, poiché la società futuristica che lui aveva immaginato avrebbe comportato dei costi troppo elevati. La società scimmiesca fu quindi resa un po' più primitiva, ma un elemento del copione di Serling rimase inalterato: il finale a sorpresa in cui Taylor scopre che il pianeta delle scimmie è in realtà la Terra, devastata da un conflitto nucleare. Questa non fu la prima volta che problemi di budget influirono sui contenuti della saga: il terzo e quarto film furono appositamente concepiti per ridurre al minimo il numero di personaggi scimmieschi, e di conseguenza le costose sedute di trucco. E a proposito di trucco...
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3. La scimmia onnipresente
Per verificare l'efficacia delle tecniche usate per trasformare gli attori umani in primati, fu girato un test dove Heston, nei panni di Taylor, interagiva con Zaius, interpretato da Edward G. Robinson. Il celebre gangster cinematografico rifiutò però di interpretare la parte nel film vero e proprio, poiché non voleva passare troppo tempo a farsi truccare. Il ruolo fu quindi riassegnato a Maurice Evans, ma il contributo più notevole fu quello di Roddy McDowall, presenza ricorrente della prima saga: nei primi cinque film e lo spin-off televisivo interpretò quattro scimmie diverse, tra cui lo scienziato Cornelius e suo figlio Caesar, che ispirò l'omonimo personaggio interpretato da Andy Serkis tra il 2011 e il 2017.
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4. Produzioni rivali
Durante la lavorazione del primo film erano anche in corso le riprese di 2001: Odissea nello spazio, un altro lungometraggio di fantascienza dove le scimmie hanno un ruolo importante. Per preservare i segreti tecnici del film, Stanley Kubrick vietò al proprio staff di comunicare con le persone incaricate di creare il trucco per le scimmie della Fox. Alla fine entrambi i progetti furono premiati per le loro innovazioni tecniche: Kubrick si portò a casa l'Oscar per gli effetti speciali, mentre John Chambers ricevette una statuetta onoraria per il trucco de Il pianeta delle scimmie (la categoria vera e propria fu istituita nel 1981).
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5. Condizioni tutt'altro che ideali
Pur interpretando uno dei suoi ruoli più iconici grazie alla saga, Charlton Heston non serbò un buon ricordo delle riprese del capostipite, poiché passò gran parte del tempo affetto dall'influenza e i produttori, anziché aspettare che guarisse, decisero di girare comunque le sue scene, poiché secondo loro la voce rauca dell'attore contribuiva alla forza della sua performance. Questo influì sulla sua riluttanza di apparire nel secondo film, L'altra faccia del pianeta delle scimmie, e si fece convincere solo quando la Fox accettò le sue tre condizioni per tornare: il suo ruolo doveva essere ridotto al minimo, il suo compenso andava devoluto in beneficenza e Taylor doveva morire alla fine.
6. Idee infruttuose
Tra l'uscita del quinto film nel 1973 e quella di Planet of the Apes - Il pianeta delle scimmie nel 2001 ci furono vari tentativi di rifacimenti della saga, nessuno dei quali andò a buon termine. In particolare, un fantomatico Return of the Apes fu elaborato sotto l'egida produttiva di Oliver Stone, che riuscì a reclutare Phillip Noyce per la regia e Arnold Schwarzenegger per il ruolo principale. Dopo l'annullamento di quel progetto l'attore austriaco rimase coinvolto per un'altra versione ideata da Chris Columbus e successivamente finita in mano a James Cameron. Questi decise però di passare ad altro dopo il successo di Titanic.
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7. Un'interazione complicata
Dopo anni di assenza, Heston accettò di tornare all'ovile tramite il film di Tim Burton, passando dall'altra parte della barricata: invece di far parte della resistenza umana prestò il corpo al padre di Thade, il crudele leader della società scimmiesca. Questo creò non pochi problemi all'interprete di Thade, Tim Roth, per motivi politici e personali: l'attore inglese è infatti contrario alle armi da fuoco, mentre Heston era notoriamente legato alla National Rifle Association, organizzazione che rivendica il diritto al porto d'armi negli Stati Uniti. Alla fine la scena fu girata senza dover fare uso di controfigure, ma Roth ha successivamente affermato che se avesse saputo dall'inizio di dover interagire con Heston non avrebbe accettato la parte.
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8. Un rimpianto colossale
Anche Mark Wahlberg, col senno di poi, non è particolarmente fiero di aver partecipato al remake del 2001, a causa della qualità complessiva del film, generalmente poco amato dai fan. L'attore ha giustificato la sua scelta spiegando che in realtà accettò il ruolo di Leo Davidson senza neanche leggere la sceneggiatura, poiché voleva lavorare a tutti i costi con Tim Burton. Fu proprio l'esperienza di quel film, unita a quella di The Truth About Charlie di Jonathan Demme, a convincerlo a non accettare più progetti unicamente in base al regista.
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9. Una battuta epocale
Ne L'alba del pianeta delle scimmie, uscito nel 2011, Caesar si ribella agli umani dopo essere stato maltrattato da Dodge Landon, il quale intima allo scimpanzé di togliergli le zampe di dosso, citando una celebre frase del film del 1968. Il regista Rupert Wyatt ha ammesso di aver inizialmente pensato di rimuovere quella battuta, per due motivi: poteva sembrare un rimando gratuito, e in inglese la frase originale ("Take your stinking paws off me, you damned dirty ape!") è decisamente vetusta. Alla fine decise di lasciarla nel film, poiché porta Caesar a dire la sua prima parola nella lingua degli umani: "No!". Anche questo, a insaputa di Wyatt durante le riprese, è un omaggio alla saga originale: nella mitologia delle scimmie nei primi cinque film, fu la prima parole detta da un primate.
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10. Scimmia che vince non si cambia
Dal 2001 a oggi Terry Notary è apparso in quattro film del franchise: nel lungometraggio di Tim Burton fu la controfigura di Tim Roth e l'insegnante dei movimenti per gli attori che interpretavano le scimmie. Ha mantenuto questa funzione nella trilogia più recente, forte della sua esperienza con la performance capture, e nel primo episodio sostituì Serkis per le scene a cavallo, oltre ad interpretare il primate Rocket. I due attori condividono inoltre il ruolo di King Kong (Serkis l'ha interpretato nel 2005, Notary nel 2017), e lo scorso anno il pubblico ha anche avuto modo di vedere le abilità scimmiesche di Notary in carne ed ossa, grazie al suo surreale cameo nella commedia svedese The Square.